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Guglielmo
Cavallo Si
ringrazia il prof. Enrico Malato e la Salerno editrice ( www.salernoeditrice.it)
per aver gentilmente acconsentito alla riproduzione del testo |
NOTE |
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In quella
enciclopedia affollata che è la Naturalis Historia di Plinio,
si parla anche degli erbari illustrati, fatti in aemulationem
naturae da Graeci auctores, i quali dipinsero le figure
delle piante medicinali e ne descrissero quindi gli effetti terapeutici
(1). Gli auctores ricordati da Plinio sono Crateua, medico
di Mitridate VI Eupatore re del Ponto (121-63 a.C.), e, dopo di lui,
Dionisio e Metrodoro. Plinio non ricorda Pedanio Dioscoride, nato
ad Anazarbos in Cilicia, suo contemporaneo (siamo nel cuore del secolo
I d.C.), anch'egli Graecus auctor di un erbario, o meglio
di una farmacopea, il Perì üles iatrichès, l'opera
attestata, sia pur con deviazioni dall'originale, nel codice
Neapol. gr. I*, il cosiddetto «Dioscoride di Napoli». Ma il
Dioscoride di Napoli è tutt'altra cosa. Esso, sotto il profilo
sia strutturale sia storico-culturale, costituisce l'approdo di una
serie di trasformazioni radicali subite dal testo e dalla sua funzione.
Iniziano dalla prima riconversione, quella strutturale, che conduce
da un Dioscoride non illustrato ad un Dioscuride illustrato, e che
consiste perciò nella vistosa introduzione di un corredo figurativo
nel testo. Questo corredo è di sicuro derivato da una letteratura
di carattere spiccatamente pratico e manualistico, quali gli erbari
ricordati da Plinio: tra questi un ruolo primario sembra sia stato
giocato dall'opera di Crateua. Ma gli apporti dovettero essere
molteplici, giacché prontuari illustrati del genere erano
probabilmente molto diffusi. Al di là di processi di
deformazione e degradazione che l'iconografia delle piante
ha subito nel corso del medioevo, si può ritenere, sul
fondamento della fisionomia figurativa diversa in cui certe piante
si presentano nella tradizione medievale dell'opera, che all'origine
vi sia stato non un solo Dioscoride illustrato, un
esemplare-capostipite, ma piú edizioni illustrate, ciascuna
con proprie caratteristiche, pur se le fonti figurative non
potevano essere che le medesime, gli erbani illustrati, dai
quali il corredo iconografico di ciascuna edizione veniva
selezionato in relazione a fattori vari: disponibilità di
modelli, scelte dell'artigianato, esigenze della committenza (5).
Né si può escludere che vi fossero talora introdotte varianti e
aggiunte nuove, magari derivate da fonti diverse rispetto
ai modelli, a seconda delle edizioni. In un'opera di cosí
larga tradizione, infatti, non potevano mancare commistioni
e contaminazioni tra le varie edizioni. Il medioevo
rispecchia questa molteplicità di tipologie e di soluzioni
editoriali dell'opera di Dioscoride. Una di queste edizioni antiche
illustrate è costituita dal codice di Napoli e dal suo stretto affine,
il Dioscoride di Vienna, Vindob. Med. gr. I, in pratica dalla loro
fonte comune. Questa,
dunque, l'origine del Dioscoride illustrato e alfabetico. Ma il codice
napoletano, pur mostrando una strutturazione fortemente didascalica
nel rapporto testo/figure, non può essere agganciato in maniera cogente
a puri interessi pratici, professionali, giacché la sua manifattura
di livello alto, sebbene provinciale, può sottendere altra e diversa
funzione del manoscritto; e quanto al Dioscoride di Vienna, questo
si dimostra libro contempo d'apparato e di lettura colta, indicando
che il Perì üles iatrichès di Pedanio Dioscoride è stato
coinvolto in nuovi interessi che hanno agito non - come tra III e
IV secolo - sulla struttura dell'opera, ma sulla sua collocazione
socioculturale. Ed invero l'ultima antichità segna anche il momento
in cui la letteratura di carattere strumentale ed applicato - una
volta disdegnata dalle classi aristocratiche e praticata solo a livelli
tecnico-professionali da categorie sociali di rango medio o medio-basso
- viene assunta nella cultura superiore come parte di piú larghi
interessi scientifico-filosofici (si pensi già solo ad un Boezio).
Almeno il codice del Dioscoride di Vienna - prodotto a Costantinopoli
nel 512 o poco oltre per Giuliana Anicia, della stessa stirpe
di Boezio e figlia di Flavio Anicio Olibrio, imperatore d'Occidente
nel 472 - è riverbero di questa committenza di libri di
letteratura strumentale da parte delle classi
aristocratiche (6). Ugualmente
all'Occidente riconducono le tecniche del manoscritto. La foratura
che guida la rigatura è eseguita al centro dei foglio, secondo una
maniera ben attestata in Occidente, specificamente in Italia, ma
quasi sconosciuta in Oriente; e le segnature antiche dei fascicoli
- dovute forse alla stessa mano che ha scritto il testo - risultano
apposte nell'angolo inferiore interno dell'ultimo foglio di ciascun
fascicolo, caratteristica, anch’essa, occidentale, propria dei coevi
manoscritti latini (11). A questo
punto, si può conoscere meglio l’ambito di produzione del
Dioscoride napoletano? Carlo Bertelli propone Ravenna e le cerchie
esarcali: proposta accattivante, ove si pensi alla produzione culturale
ed artistica ravennate nell'età, non lontana da quella del nostro
manoscritto, tra Teoderico e Giustiniano. Nella città poteva essere
ancora attivo un artigianato di tipo imprenditoriale; ed invero il
codice di Napoli non si dimostra uscito da un àmbito ecclesiastico
o monastico). Piú sfumata e duttile la posizione di Giulia Orofino,
che tende a ricollegare la lettura dell'opera di Dioscoride piuttosto
ad interessi pratici o a quelli dell'aristocrazia in liquidazione,
alle ultime rappresentanze delle élites della cultura, a
Cassiodoro che consiglia ai suoi monaci non sempre
istruiiti la farmacopea di Dioscoride illustrata con figure
(14). In mancanza di dati oggettivi nessuna posizione può
essere netta. Ma è lecito dire che la corte degli esarchi
può essere stato lo specchio distorto delle ultime
esperienze di cultura ellenistica di Costantinopoli proponendo, in
forme provinciali, modelli metropolitani; che Ravenna aveva una lunga
tradizione di conoscenze mediche e di didattica della medicina; che
le mura della città avevano racchiuso le alterne vicende di Cassiodoro,
di Boezio e dell'ultima aristocrazia colta (15). |
1. PLIN., Hist., XXV 4. 2. Su questa prefazione cfr. J. SCARBOROUGH-V. NUTTON, The Preface of Dioscorides’ ‘De Materia Medica’in «Transactions and Studies of the College of Physicians of Philadelphia», IV 1982, pp. 187-227, e SCARBOROUGH, Pharmacy’s Ancient Heritage: Theophrastus, Nicander, and Dioscorides, The Distinguished Lectures 1984 Presented at the College Pharmacy, Lexington 1985, pp. 63-79. 3. A favore di un Dioscoride illustrato già al momento della composizione si è pronunciato ultimamente J.M. RIDDLE, Dioscorides on Pharmacy and Medicine, Austin 1985, pp. 176-80. 4. Il frammento palinsesto Napoletano è troppo esiguo - si tratta solo di un bifolio - perché si possa essere dei tutto sicuri che l'intero esemplare non fosse illustrato. 5. Il lavoro piú organico sulla tradizione degli erbari illustrati - nonostante vari e a volte validi contributi – resta ancora quello di CH. SINGER, The Herbal in Antiquíty and its Transmission to Later Ages, in «Journal of Hellenic Studies», XLVII 1927, pp. 1-52; ma si impone ormai una ridefinizione, impostata su nuove basi, di tutta la problematica. 6. Sul Dioscoride di Vienna mi limito a rimandare a H. GERSTINGER, Dioscurides. Codex Vindobonensis Med. Gr. 1 der Oesterreichischen Nationalbibliothek. Kommentarband zu der Faksimileausgabe, Graz 1970. 7. A. PETRUCCI, Calcondila Demetrio, in Dizionario biografico degli Italiani, Roma, 1973, vol. 16 p. 547. 8. Rimando ai miei lavori La cultura italo-greca nella produzione libraria, in I Bizantíni in Italia, a cura di G. PUGLIESE CARLI, Milano 1982, pp. 502 sg. e Le tipologie della cultura nel riflesso delle testimonianze scritte, in Bisanzio, Roma e l'Italia nell'alto medioevo («Settimanale di Studio del Centro taliano di Studi sull'Alto Medioevo», XXXIV), Spoleto 1988, pp. 509 sg. 9. Si vedano le mie Ricerche sulla maiuscola biblica, Firenze 1967, pp. 69-107 10. C. NORDENFALK, Die Spätantiken Zierbuchstaben, II, Tafelband, Stockholm 1970, tavv. 43-44 e 47‑51; si veda anche A. PETRUCCI, Per la datazíone del Virgilio Augusteo: osservazioni e proposte, in Miscellanea in memoria di C. Cencetti, Torino 1973, pp. 38-43. 11. J. VEZIN, La réalisation matérielle des manuscrits latins pendant le Haut Moyen Age, in Codicologica, II, Leiden 1978, pp. 30 e 35. Secondo Vezin, la foratura al centro del foglio «semble avoir une origine orientale», ma manca qualsiasi sostegno a questa ipotesi. 12. M. ANICHINI, Il Dioscoride di Napoli, in «Atti dell'Accademia Nazionale dei Lincei». Rendiconti della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche, S. VIII, XI 1956, pp. 77-104. 13. Si veda, oltre ai materiali offerti da Nordenfalk citato sopra, anche La Régle du Ma tre. Edition diplomatique des manuscrits latins 12205 et 12634 de Paris, par H. VANDERHOVEN et F. MASAI, Bruxelles-Paris-Anvers-Amsterdam 1953, pp. 52 sg. 14. CASS., Inst., I 31 2. 15. Rimando al mio lavoro La cultura scritta a Ravenna tra antichità tarda e alto medioevo, in Storia di Raverma, II/2, Venezia. |