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Ritrovato autografo leopardiano
La lettera recuperata in affidamento giudiziale alla BNN

Lunedì 22 luglio 2002, in una conferenza stampa presso la Guardia di Finanza di Lecce si è dato annuncio del rinvenimento di un autografo leopardiano nella Chiesa della Madonna del Latte di Salice Salentino. Si tratta di una lettera indirizzata ad Antonio Ranieri da Firenze l'11 dicembre del 1832, originariamente inserita in un album di proprietà della famiglia Carafa d'Andria, poi acquisito dal Ministero per i Beni Culturali. Presente alla conferenza Mauro Giancaspro, direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli, che ha confermato l'identificazione e l'attribuzione.
La lettera si inquadra nel periodo in cui Ranieri, invaghito dell'attrice Maddalena Pelzet, abbandona Firenze per seguirne gli spostamenti. Rimasto solo nella capitale granducale, Leopardi gli scrive trentanove brevi e affettuosissimi messaggi, caratterizzati dall'ansia di ricongiungere il proprio destino a quello dell'amico. Il che avverrà di lì a poco. Nell'aprile del 1833 Ranieri rientra a Firenze, da dove, in settembre, riparte, insieme con Leopardi; dopo una breve sosta a Roma di tre settimane, i due raggiungono Napoli il 2 ottobre 1833. Qui vivranno fino alla morte di Giacomo, avvenuta il 14 giugno 1837, con le sole interruzioni di due soggiorni a Torre del Greco. In quella che è oggi chiamata Villa delle Ginestre, Leopardi e Ranieri abiteranno una prima volta nella primavera del 1836, una seconda volta, per scampare all'epidemia di colera che infuriava in città, fra l'agosto del 1836 e il febbraio del 1837. Saranno ospiti dei proprietari della villa, l'avvocato Americo di Gennaro Ferrigni e la moglie Enrichetta Ranieri, sorella di Antonio.
Di proprietà della famiglia Carafa d'Andria - a cui era stata donata appunto da Americo di Gennaro Ferrigni, marito di Enrichetta Ranieri e, dunque, cognato di Antonio Ranieri - la raccolta epistolare consisteva originariamente di 39 lettere, indirizzate da Leopardi ad Antonio Ranieri fra il 24 novembre 1832 e il 13 aprile 1833. Vennero pubblicate tutte dal duca Antonio Carafa d'Andria nella "Nuova Antologia" del 1909. Furono poi notificate ai sensi della L. 1089/39 una prima volta il 14 febbraio 1952 al proprietario, duca Antonio Carafa, e, successivamente, il 5 marzo 1964, agli eredi Riccardo e Letizia, per il loro "interesse particolarmente importante". Ma nell'agosto del 1975, insieme con altri oggetti e libri d'arte (fra cui un esemplare con dedica autografa delle Operette morali nell'edizione fiorentina del 1834), l'album, ancora integro, venne trafugato dall'abitazione napoletana del duca Riccardo Carafa in piazza Santa Maria degli Angeli. Quando ricomparve sul mercato antiquario l'album era già mutilo della lettera datata 11 Dic.[embre 1832], col numero progressivo 6, apposto in alto a destra probabilmente dallo stesso Ranieri. La raccolta epistolare fu messa all'asta presso la Finarte Aries di Bari nel 1981 (n. 120 del catalogo). Il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali esercitò in quella circostanza il diritto di prelazione (D.M. 14/11/1981) nei confronti dell'acquirente - un collezionista di Ascoli Piceno - aggiudicandosela per complessivi 58.240.000 (52.000.000 + 12% di diritti d'asta) nella seduta del 31 ottobre 1981 (asta n. 2). Il lotto fu assegnato alla Biblioteca Nazionale di Napoli, custode della gran parte degli autografi leopardiani, e vi pervenne l'8 settembre 1982. È attualmente conservato nella camera blindata della Sezione Manoscritti con segnatura Carte Leopardi XXVI: le trentotto lettere sono rilegate in un album in pelle, con fregi e dedica in oro ("Questi cari ricordi di famiglia offre Americo di Gennaro Ferrigni 15 luglio 1897"); le singole lettere vi figurano incollate per un lembo alle pagine in cartoncino.
La lettera recuperata sarà data in affidamento giudiziale alla Biblioteca Nazionale di Napoli e andrà ad integrare la lacuna.

Riportiamo di seguito il testo della lettera.

 

Ad Antonio Ranieri

[Firenze] 11 Dicembre [1832]

Ranieri mio. Io credeva appena a' miei occhi leggendo la tua, dei 6. Tanta vigliaccheria in animo umano e muliebre non è nè sarà mai credibile se non dopo il fattto, come in questo caso. Sento ch'è affatto inutile ch'io tenti d'esprimerti la mia compassione, perchè qualunque più viva parola sarebbe infinitamente inferiore al vero.
Vorrei poterti consolare da vicino, vorrei che questa cosa non si opponesse alla congiunzione, da noi tanto meditata e desiderata, dei nostri destini. Ranieri mio, tu non mi abbandonerai però mai, nè ti raffredderai nell'amarmi. Io non voglio che tu ti sacrifichi per me, anzi desidero ardentemente che tu provvegga prima di ogni cosa al tuo benessere; ma qualunque partito tu pigli, tu disporrai le cose in modo che noi viviamo l'uno per l'altro, o almeno io per te, sola ed ultima mia speranza.
Addio, anima mia. Ti stringo al mio cuore, che in ogni evento possibile e non possibile, sarà eternamente tuo.

 



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