Nell’attraversamento
di un mito e di una ciclicità all’apparenza immutabile, Julio
Cortázar rilegge la storia del Minotauro facendone
una versione “completamente opposta a quella classica”,
pur tenendo come stelle fisse quella alfa e quella omega
a cui gli uomini sono soggetti.
I
Re, opera che chiude per Cortázar gli anni
del suo lungo apprendistato nella provincia argentina,
sono il momento e l’atto attraverso il quale prende corpo
il sentimento della libertà creatrice, tema centrale
di questa opera e movente di quasi tutti i suoi lavori
futuri.
Un
testo scritto e definito dal suo autore poema drammatico
che rielabora la famosa storia del mostro cretese non
negli avvenimenti, ma nelle relazioni tra i protagonisti:
Arianna non sarà innamorata del giovane eroe ateniese
Teseo bensì del suo fratellastro, il testa di
toro; Teseo non sarà l’eroe che porterà la
libertà ad Atene ma il sostenitore di un ordine
gestito da un’unica possibilità, l’azione violenta;
il re di Creta Minasse, da reggente indiscusso dei popoli
risulterà essere un uomo tormentato e schiavo
del segno del suo stesso potere, il Minotauro.
Il
destino di queste macchine di potere, di questi Re, è legato
alla figura di un essere recluso a vivere in una gabbia
di marmo dalla quale non c’è possibilità di
uscita; il labirinto dedalico da luogo fisico diviene
spazio mentale dove ognuno riversa le proprie paure e
i propri desideri inconfessati e dentro il quale come
in un gioco di specchi infiniti e deformati c’è la
paura di osservarsi.
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