Biblioteca Nazionale di Napoli, Sala Rari
Lunedì 14 novembre 2005, ore 16.30
presentazione
del libro
Leggere
per immagini
Edizioni napoletane illustrate della
Biblioteca Nazionale di Napoli
Secoli XVI e XVII
Coordinamento
e saggio introduttivo: Paola Zito
(I Quaderni della Biblioteca Nazionale di Napoli: Serie IX
- n. 7)
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Intervengono
Marcello
Andria
Titta Fiore
Nicola Spinosa
Mauro Giancaspro |
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Riportiamo
di seguito il testo di presentazione del direttore della
Biblioteca Nazionale Mauro Giancaspro:
Guarda
solo le figure
“Guarda
solo le figure” è espressione
ricorrente, per lo più dispregiativa, che risale ai
tempi dell’infanzia dell’attuale generazione dei
cinquantenni, quando la lettura era per lo più fastidiosa
imposizione scolastica o familiare. Chi non aveva una spiccata
predisposizione per i percorsi attraverso le parole scritte,
comprese talvolta quelle striminzite ed essenziali delle nuvolette
dei fumetti, ne veniva colpito, come da un proiettile, a breve
o lunga distanza, lanciato da un coetaneo con tendenze da primo
della classe o dai fratelli maggiori più diligenti che
spesso hanno imperversato nelle famiglie.
Oggi,
col trionfo dell’immagine che scavalca la
difficoltà del multilinguismo, necessario almeno ai
libretti d’istruzione della esuberante utensileria moderna,
l’espressione ha perso il suo mordente offensivo e ci
riduciamo, pur di non affrontare traduzioni nella nostra lingua,
talvolta così maldestre da rendere più abbordabile
il dilagante inglese, a ragionare come analfabeti per immagini.
D’altro canto, la scarsa attenzione al libro che le statistiche
e i censimenti ci sottolineano con crescente malinconia renderebbe
incoraggiante un’espressione del genere, trasformandola
dalla constatazione di un tempo presente all’incoraggiamento
di un imperativo - “Guarda solo le figure!” -
sottintendendo un taciuto “Sarebbe già tanto”.
Ma
anche l’immagine e la figura stampata sembrano
avere i giorni contati, schiacciate dall’avvento della
fagocitante necessità di far presto, di servirsi di
sbrigativi codici alfanumerici e del bisogno di far muovere
tutto, compresa l’immagine di un monaco del medioevo,
catturato da un manoscritto e messo a fare il cartone animato
in un programma multimediale nel quale un impercettibile clic
del mouse ci sciorina una sventagliata di icone che, volendo,
possiamo allargare. Viene la sensazione che questi spettacolari
programmi che sfogliano le pagine con una velocità innaturale
e che ci danno la possibilità di ingrandire o rimpicciolire
tutto a piacimento, rischiano di farci perdere quell’unità fisica
tra scrittura e immagine che ha connotato parte non irrilevante
della storia del libro.
Difficile è sempre
stato il rapporto fra testo scritto e immagine da quando i
due elementi hanno cercato di fondersi; dal tempo – citiamo
per passione personale - dell’incunabolo forse più amato
dai bibliofili, Il
sogno di Polifilo. Difficoltà innanzitutto economiche,
di volta in volta contenute dal progresso tecnico dalla xilografia
alla calcografia, dalla litografia alla tipolitografia, alla
composizione elettronica, fino alle mostruosità del
virtuale. Difficoltà di interazione e integrazione dell’immagine
col testo scritto, dalla più completa sottomissione
esplicativa dell’una all’altro, come itinerario
parallelo, o dal vago riferimento al titolo o all’argomento
del libro, col ricorso ad allegorie, a simbolismi, ad analogie,
fino alla più svincolata autonomia dal contenuto con
mera funzione ornamentale del volume.
Una
proposta, il catalogo di oggi come la mostra a suo tempo allestita
per favorire la riconquista del rapporto, ora simbiotico, ora
parallelo, ora addirittura estraneo, tra scrittura e immagine;
per ridare vita alla funzione emozionale dell’immagine
che predispone benevolmente alla lettura offrendosi in esordio
con un frontespizio illustrato o un’antiporta; per sorprendere
occhieggiando tra pagina e pagina, alleggerendo il peso della
scrittura; per offrire, infine, un’ ulteriore alternativa
e una più forte sorpresa dipanandosi via via che la
mano del lettore distende una tavola ripiegata.
Ad
una città che ha sempre goduto della possibilità di
raccontarsi e di rappresentarsi, attraverso i suoi descrittori,
i suoi topografi, i suoi pittori, non poteva mancare
una tradizione di artefici delle immagini che nel periodo preso
in esame (1503 – 1700) può vantare
una tradizione cospicua e numerosa. Tradizione che se non può certo
competere, come nel catalogo è precisato con sincera
chiarezza, con quelle coeve della tipografia romana e veneziana,
ha certamente al suo attivo una varietà di indirizzi,
di tipologie, di soluzioni compositive, di modelli, se volete,
di bizzarrie, delle quali è data notizia attraverso
le millequattordici schede di questa pubblicazione.
E
davvero si può dire che nell’apparato
iconografico di questo libro ce n’è per tutti
i gusti e per tutte le esigenze di ricerca. I cacciatori di
simboli avranno di che indagare e scrutare tra animali rampanti,
teschi, frutta, cuori e fiamme. Il blasonato potrà scrutare
da monogrammi e quarti di stemmi che si richiamano l’uno
con l’altro recuperando i rami più antichi della
propria ascendenza o prendere segreta consapevolezza di un’illusoria
convinzione araldica. Il biografo potrà probabilmente
recuperare il ritratto che gli era sfuggito. Il religioso scoprirà percorsi
cosmogonici e allegorici insospettati. Processioni, trionfi,
caroselli, parate, effimeri allestimenti festivi, si abbinano
a raffigurazioni esplicative di complessi processi scientifici,
medici o alchemici, e si alternano con vedute cittadine, con
gli apparati illustrativi di un’ampia manualistica che
va da quella più scientificamente impegnata della ricerca
medica, zoologica, geografica a quella più leggera e
disimpegnata delle guide all’equitazione e alla scherma.
Mitologia classica, prosopografia cristiana e cattolica, edificazione
religiosa, anatomia, arte della guerra, geografia e cosmografia,
sono argomenti che hanno mobilitato la fantasia e la capacità tecnica
dei 112 artefici delle immagini dei quali sono ricostruite
biografia e opera. Un catalogo tutto da godere, tutto insidiato
da tentazioni che potranno portare il lettore a rivedere ,o
vedere meglio e direttamente nelle sale di lettura della Biblioteca
Nazionale di Napoli quelle immagini, per riscoprire che non
c’è niente di male a guardare solo le figure,
anzi c’è tutto da godere e da stupirsi.
Mauro
Giancaspro
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