Un
libro al mese
Percorsi
bibliografici
|
Storia
del libro. Dall’antichità al XX secolo
/ Frédéric Barbier
di
Paola Zito
(Seconda
Università degli Studi di Napoli, Facoltà di
Lettere e Filosofia, Santa Maria Capua Vetere)
|
L’ultimo
venticinquennio segna – come è ben
noto – una vera e propria crisi strutturale dell’editoria,
non solo e non tanto per la sempre più agguerrita concorrenza
della produzione elettronica. Nella galassia della comunicazione
globale, ormai tanto dilatata da risultare priva di centro, l’impero
del libro sembra tramontare. Il secolare primato della vista,
tesa a cogliere i segni della scrittura, arretra ora di fronte alla
molteplicità di
stimoli volti a raggiungere, in maniera pressoché paritaria,
tutti e cinque i sensi. È l’epilogo di una quanto mai
estesa e complessa parabola storica, destinata a intersecarne molte
altre, che Barbier ripercorre per intero, collocandone a giusto titolo
l’orizzonte
fenomenologico nell’alveo della longue durée. Allievo
di Henri Jean Martin, con Febvre autore della celeberrima Apparition
du livre, i cui capitoli affrontatano altrettanti ambiti tematici,
sceglie in questa monografia un taglio assai più ampio e rigorosamente
diacronico, nel cui solco costante è il ricorso al metodo
comparatistico, che a tratti perviene a lambire anche culture extraeuropee.
L’obiettivo,
decisamente ambizioso, consiste nel delineare un itinerario che per
densità ed
estensione sia utile agli addetti ai lavori e, al tempo stesso, per
chiarezza e semplicità espositiva, risulti pienamente fruibile
da un pubblico più vasto.
Dalla
comparsa dei pittogrammi in Mesopotamia, e degli ideogrammi in Egitto,
a partire dal IV millennio a. C., al meccanismo combinatorio dei
primi alfabeti in Palestina, a Creta, a Micene, in Fenicia, fino
al greco, all’etrusco e
al latino (dal 900 al 312 a. C.), le tracce del messaggio scritto
vengono affidate ai supporti più disparati,
dalla pietra grezza al papiro alla più tarda pergamena (170
a. C.), assecondando l’evolvere del processo astrattivo che approda
a coniugare grafema e fonema, segno e significato. Così, una
immensa quantità di testi prende ad addensarsi su centinaia
di migliaia di rotoli, che vengono conservati in raccolte private o
in grandi biblioteche, ad Alessandria, a Pergamo, a Roma. È al
IX secolo d. C. che risalgono le prime, sporadiche testimonianze in
lingua volgare (italiano, francese e tedesco, vergato con caratteri
dal ductus differente), la cui presenza si farà cospicua nel
corso del 1100 e, più ancora, nel ’200,
l’epoca che consente di registrare, dopo la caduta dell’impero,
il primo “rinascimento scrittorio”, legato, tra l’altro,
alla diffusione della carta e all’affermarsi, nelle principali
città, dell’istituzione universitaria. Notevolmente accresciuta
prende a risultare la domanda non solo di dispense, ma anche di testi
religiosi – cui la devotio moderna arrecherà fervido
impulso -, e di romanzi. La prospettiva del lungo periodo suggerisce
di collocare in un simile scenario almeno il preludio della grande
stagione inaugurata, dopo non pochi esperimenti meno felici, dalla
Bibbia delle quarantadue linee. Non una rivoluzione, più o meno
avvertita, ma la piena maturazione di un insieme di congiunture che,
nel tempo, inequivocabilmente miravano in quella direzione. Non sorprende,
dunque, la rapida istallazione di torchi gutenberghiani pressoché in
tutta Europa, né la rivendicazione da parte di un prodotto inizialmente “semifinito”,
scrupoloso nel ricalcare le orme del manoscritto, di una sempre più autonoma
e meglio connotata fisionomia. Seguendo le geometrie della logica capitalistica,
la merce-libro blandisce esigenze e gusti degli acquirenti potenziali,
gratificata da un successo crescente, dalle 27.000 edizioni del Quattrocento
alle 180.000 del Cinquecento, per un totale di circa cento milioni
di copie in circolazione (e le stime sono solitamente approssimate
per difetto). Lutero è il primo a stupirsi della straordinaria
risonanza delle sue tesi: accanto alle contromisure adottate dal potere
laico, più che
comprensibile l’allarme censorio della Chiesa di Roma, che dalla Inter
multiplices di papa Alessandro VI Borgia (1501) si traduce in autentica
bibliografia del dissenso ideologico con l’Index librorum
prohibitorum,
ristampato dal 1559 al 1948 trentadue volte, con opportune modifiche
e tempestive integrazioni.
La
sensibile diminuzione dell’analfabetismo,
che accresce il divario tra centri urbani e realtà rurali,
esercita nuova pressione sul mercato librario che, tra Sei e Settecento,
rende disponibile, oltre a testi scientifici e filosofici, una letteratura
d’intrattenimento, senza troppe pretese e di largo consumo,
che ormai contende il tradizionale primato a quella religiosa. I
formati tendono a subire una ulteriore riduzione, dal quarto all’ottavo
e al dodicesimo, portando a compimento, anche in questo caso, un
processo antichissimo, agli albori del quale si colloca la grande
svolta dal volumen al codex (III-IV
sec. d. C.), gradualmente assorbita dall’iconografia
e dall’immaginario
collettivo. Più agevole nella consultazione, il codice contrae
sempre più spesso le sue dimensioni, diviene enchiridion per
marcare la sua appartenenza al possessore, per facilitare la lettura
individuale, e suggerirne l’iterazione. Misure ridotte e copertina
di colore azzurro intenso contrassegnano i volumi della famosa Bibliothèque
bleue - di cui i Chapbooks rappresentano il corrispettivo
inglese -, non di rado arricchiti di illustrazioni, grazie all’ingegnoso
riciclo di vecchie matrici in legno. Anche i prodotti delle librerie
ambulanti contengono dunque il segreto dell’alchimia che, di
volta in volta, combina al testo, manoscritto o stampato,
l’immagine,
miniata, xilografica, calcografica, litografica o fotografica che
sia. Periodici ed opuscoli polemici affiancano le grandi opere – l’Encyclopédie e
le altre pietre miliari del pensiero dei lumi – nel creare
quel vasto consenso d’opinione che rende possibile l’abbattimento
dell’ancien régime in tutta Europa (p. 413).
Siamo alle soglie della “seconda rivoluzione del libro”,
pienamente inserita nella rivoluzione industriale, messa concretamente
in atto in virtù del torchio metallico di Stanhope e della
macchina a cilindro di König. Dell’aumento esponenziale
delle tirature beneficiano certamente i quotidiani, ma anche i libri
scolastici e la manualistica in genere, testi per l’infanzia
e dizionari, richiesti da una committenza di massa, ormai in grado
di esercitare un ruolo attivo nei processi di produzione. Duttile instrumentum
regni di più o meno recenti nazionalismi, nonché portavoce
delle nascenti democrazie, il secondo Ottocento e la prima metà del
Novecento assistono al trionfo dell’editoria (p. 506),
acme di una curva che prelude alla fisiologica fase discendente.
Non è la
chiusura di un itinerario circolare, ma piuttosto il compimento di
una traiettoria che procede lungo le orbite di una spirale, destinata
a sempre nuove proiezioni.
Una sintesi efficace, uno squarcio sulla
storia della civiltà, quella che viene tracciata in queste pagine,
e, contemporaneamente, uno stimolante incentivo ad insistere sul terreno
fecondo della microanalisi, perché altre tessere possano arricchire
di nuova linfa i grandi mosaici come questo.
|
Frédéric
Barbier
Storia del libro. dall'antichità al XX secolo
Postfazione di Mario Infelise
Bari, Dedalo, 2004
(Storia e civiltà; 57)
ISBN: 88-220-0557-0 |
© Biblioteca
Nazionale di Napoli (gennaio
2006)
I testi
pubblicati sono di proprietà della Biblioteca Nazionale di Napoli (Ministero
per i Beni e le Attività Culturali). E' concessa la riproduzione parziale
citando la fonte.
|