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Percorsi bibliografici | Un libro al mese | Bloch: Il plagiario di Dio
Un libro al mese
Percorsi bibliografici

Bloch, Il plagiario di Dio (copertina)
Il plagiario di Dio / R. Howard Bloch
di Valerio Cacace

R. Howard Block
Il plagiario di Dio

Milano, Edizioni Sylvestre Bonnard, 2002

Un ritratto dell'abate Migne“Per riassumere la situazione, egli è un uomo con cattiva reputazione a causa della sua condotta e della sua moralità… il suo status di prete censurato va ad aggiungersi a tutti gli aspetti sconvenienti della sua situazione” (da un promemoria del Ministero degli Interni francese, Direction de la Sûreté Générale, 1854). Nessuno deve essere condannato sulla scorta di rapporti di polizia sul suo conto, l’intima essenza di una personalità non può essere affidata alle indagini e alle relazioni di un questurino, ma certo colpiscono queste note fortemente critiche sulla figura dell’abate Migne, colui al cui nome è indissolubilmente legato il corpus della produzione filosofica dei Padri della Chiesa intitolato Patrologiae cursus completus. Ancora una volta scopriamo, andando dietro le quinte di elevate creazioni dell’ingegno o dell’erudizione, l’esistenza di trame, operazioni dalla dubbia moralità, se non addirittura ai margini del crimine. In realtà, l’analisi materialistica dei risvolti economici e politici dell’industria culturale sorretta da adeguata documentazione fa emergere nessi e interazioni solo apparentemente inspiegabili tra soggetti assolutamente eterogenei che si insediano e si consolidano all’interno di passaggi decisivi nel determinare l’esistenza e la consolidata fama di testimonianze culturali dalla complessa struttura. La storia dell’abate Jacques-Paul Migne (25 ottobre 1800 – 25 ottobre 1875) e della sua irresistibile ascesa nel mondo editoriale della Francia del XIX secolo, così come la ricostruisce brillantemente nel suo recente Il plagiario di Dio (Milano, Sylvestre Bonnard 2004) R. Howard Bloch, studioso americano di filologia francese e romanza, si può leggere in ogni suo passaggio come una vicenda esemplare della transizione dell’editoria alla sua forma moderna. Le ingiustizie, le contraddizioni, in questa vicenda non mancano, quasi a confermare che il mondo della cultura, anche quando è intrecciato con la religione, non può esserne esente.
Per cominciare, la paternità intellettuale. Non può che gridare vendetta la sproporzione clamorosa tra la consacrazione come autore de facto di Migne presso tutti coloro, studiosi di teologia e filosofia, bibliotecari, che hanno un’assidua o superficiale frequentazione con i testi della patristica contenuti nei 471 volumi, circa un milione di pagine, che compongono le tre serie del  Patrologiae cursus completus – due per la Patrologia latina, pubblicate tra 1844 e 1855, per le opere da Tertulliano al 1216, epoca del papato di Innocenzo III e una per la Patrologia graeca, apparsa tra 1857 e 1866, per gli scrittori da Barnaba al Concilio di Firenze, 1439e la parte alquanto marginale per sua stessa ammissione avuta da questo titano di provincia nella cura redazionale che soggiace alla raccolta. È difficile non definire una scandalosa appropriazione indebita la mancata citazione nei frontespizi di questo monumento dell’erudizione, spesso considerato, con i Monumenta Germaniae historica, il maggiore contributo allo studio della patrologia medievale, a tutti coloro, dai benedettini Pitra a Guéranguer, il vescovo di Bruges Malou a tanti altri, che concretamente hanno contribuito, nella veste di redattori, curatori, correttori, al successo dell’iniziativa dal punto di vista dell’autorevolezza culturale.
L'autore del libro, R. Howard Block“Non sono né un santo né un dotto; ma con la pura forza del mio carattere, credo di rendere alla Chiesa il più grande servizio che le sia mai stato reso, e spero di morire come il prete che le avrà fatto del bene più che ogni altro al mondo resuscitando la sua tradizione” scrive Migne al giornalista Louis Veuillot nel 1858, quando ha già portato a termine le due serie della Patrologia latina, e queste frasi sintetizzano una profonda coscienza  allo stesso tempo dell’importanza e dei limiti del suo apporto. In fin dei conti, diversamente dai grandi sforzi compiuti in epoche e secoli diversi nella stessa direzione - poco prima di lui, con ben altra competenza filologica se ne era fatto carico Angelo Mai – Migne prevalentemente copia, da originali quasi sempre a stampa, a volte acquistati, ma spesso prestati da privati o da biblioteche a cui frequentemente ci si dimentica non solo di chiedere il permesso per la riproduzione, ma anche di restituire quanto si è ottenuto. In un suo prospetto si argomenta che “i benedettini, come i gesuiti, hanno lavorato quasi sempre sui manoscritti, causa perpetua di molteplici errori, mentre gli Ateliers catholiques, il cui fine è soprattutto resuscitare la tradizione, lavorano per la maggior parte su fonti stampate”. Niente permessi, assoluta indifferenza nei confronti delle leggi sul diritto d’autore vigenti e nei confronti di prestigiosi e qualificati collaboratori, come i già citati Guéranguer e Pitra, vincolati ad un contratto per cui “il nome dei padri reverendi non apparirà né individualmente né collettivamente né nei prospetti e negli annunci, né nei titoli e nei frontespizi dei volumi”.
Come si spiega l’acquiescenza dei due sapienti monaci, oltre che con la loro certa adesione alle finalità del progetto? Forse una possibile risposta può essere rintracciata nella profonda convinzione che a Migne attribuisce Bloch, idea programmatica forte che egli evidentemente riesce a trasmettere ai suoi più o meno assidui collaboratori: “L’idea delle Patrologie è così naturale, viene in modo così spontaneo che nessuno la può rivendicare come propria”. A questo punto non ha fondamento alcuno la rivendicazione di proprietà letteraria, e risulta pressoché impossibile ai cinquemila “vescovi, vicari, teologi, padri superiori e professori di tutti i seminari di Francia”  sottrarsi all’invito a collaborare contenuto in lettres de consultation elaborate sotto la forma di questionario in cui si chiede di indicare gli autori e le versioni da selezionare: una vera e propria cooptazione di massa, particolarmente utile prima di far apparire i prospetti e iniziare la sottoscrizione degli abbonamenti.
Il frutto di questo sforzo collettivo non è stato ancora superato nel suo insieme, soprattutto per le opere di cui tuttora non esiste versione moderna. Nonostante infatti le imperfezioni e in qualche caso gli errori di attribuzione che accompagnano in particolare la Patrologia latina, anche a causa dei tempi strettissimi di produzione, il Corpus Christianorum progettato da Eligius Dekkers nel 1945 e tuttora in corso di pubblicazione, non è ancora riuscito a sostituirlo integralmente.


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I volumi della PatrologiaA torto o a ragione, si può immaginare che ben difficilmente un tale risultato sarebbe stato raggiunto senza una spregiudicata condotta di imprenditore privo di scrupoli, un “editore rivoluzionario al servizio della tradizione” favorito indubbiamente da un clima sociale ed economico, quello della Francia della prima metà del secolo diciannovesimo, che vede l’affermazione di numerose iniziative industriali e commerciali dai caratteri profondamente innovativi.
Il primo motore della sua impresa Migne lo progetta e realizza con gli Ateliers catholiques di Montrouge. Questo “palazzo dell’industria cattolica” alla periferia di Parigi ospita, oltre la tipografia, attrezzata con tecnologie e materiali all’avanguardia - macchine a vapore, carta più economica di quella precedentemente in uso – una biblioteca, una libreria, una cappella, una legatoria, una fonderia, un magazzino, uno studio di pittura e l’appartamento dell’abate. I dipendenti, assunti con molta disinvoltura spesso tra i preti in disgrazia con le gerarchie, raggiungono ad un certo momento il numero di 600, ma sono costretti ad un regime di una rigidità quasi monastica, con salari tanto scandalosamente bassi da essere spesso causa di scontri che allarmano la polizia, come apprendiamo da frequenti rapporti, non certo ispirati da preoccupazioni umanitarie ma dall’apprensione per le perturbazioni sociali che possono derivare da una tale situazione.
Le difficoltà, gli ostacoli, i conflitti, non erano mancati in precedenza nella vita di Migne, uomo capace però di trasformarli in potenti stimoli, come quando la censura preventiva inflittagli dal vescovo di Orléans per il libello legittimista De la liberté, par un prêtre lo aveva costretto a lasciare la natia Alvernia per tentare, proprio come l’Aristide Boucicault del “Bon Marché” nel 1835 o Pierre Larousse nel 1839, l’avventura balzachiana della conquista della grande capitale. Qui, a partire dal 1833, matura il grande disegno di quella Bibliothèque universelle du clergé di cui il Patrologiae cursus completus è solo una parte, concepita come armamentario teorico ideologico da mettere a disposizione di un clero, quello francese, depresso, diviso dagli scontri interni tra gallicani e ultramontani, e falcidiato anche numericamente dai colpi subiti dagli eventi rivoluzionari e dalla successiva era napoleonica. C’era bisogno di un riscatto, e Migne pensa di essere l’uomo giusto per farsi carico di un tale compito, quello di ricostruire e rendere disponibile la “tradizione cristiana, … riprodotta universalmente quanto agli autori, in edizioni complete quanto alle opere, cronologicamente quanto al metodo, uniformemente quanto al formato, economicamente quanto al prezzo”, una Bibliotheca universalis, integra, uniformis, comoda, oeconomica che anche l’ultimo curato di campagna potrà brandire contro un repubblicanesimo anticlericale sempre in agguato, anche in epoca di restaurazione dominante.
Alla base di questa grande intuizione la sensibilità per i mezzi di comunicazione e il loro uso spregiudicato maturata attraverso l’intensa attività giornalistica in un totale di dieci testate, personalmente dirette o finanziate in epoche diverse, tirocinio preziosissimo per la futura attività di imprenditore editoriale. Ma già  in questa fase la spregiudicatezza, l’assenza di scrupoli del personaggio, ha modo di manifestarsi, nello scontro con le autorità che lo accusano di essersi procurato la proprietà contemporanea di due giornali con il ricorso ad amministratori di paglia e in due condanne, una per aver stampato false informazioni, l’altra per contraffazione di articoli del Costitutionnel. C’è da La versione elettronica della Patrologia latinadire che i periodici di Migne avevano come caratteristica quella di essere essenzialmente dei  journaux reproducteurs: “i redattori saranno, per così dire, a caccia di tutto ciò che si farà o pubblicherà a favore o contro il cattolicesimo, nei libri o sui giornali o dalle comunità erudite” è il programma ad esempio de L’Univers religieux, pubblicato da Migne dal 3 novembre 1833 al 1836 – il periodico avrebbe però proseguito le pubblicazioni fino al 1860 - con un’attenzione estrema a non rimanere coinvolti in polemiche, ma anche a non citare le fonti utilizzate. L’esperienza di pubblicista sarà fondamentale per sperimentare le strategie di marketing che Migne metterà al servizio del suo progetto: i giornalisti sono incentivati, anche con il ricorso a raffinate tecniche di corruzione, ad avere un atteggiamento elogiativo nei confronti della produzione editoriale di Migne, al punto che, come documenta efficacemente Bloch con illuminanti confronti, le recensioni spesso riproducono pedissequamente in maniera largamente sospetta gli stessi termini trionfalistici usati da Migne. All’uso sapiente dei prospetti di presentazione dell’opera, ridondanti di apprezzamenti entusiasti provenienti dalle autorità ecclesiastiche di vari paesi, di cui spesso si fa solo cenno per annunciare che la futura pubblicazione di 50.000 lettere di elogio occuperà almeno dodici volumi, si affiancano le tecniche della vendita su prenotazione con premi di vario genere per i pagamenti in anticipo o per chi procura altri abbonati, alla produzione di libri si affianca quella di materiale devozionale  - quadri, immagini, organi – fino a poco limpide attività finanziarie.
Gli Ateliers saranno distrutti da un terribile incendio nel 1868; incombe la guerra franco-prussiana e la Comune di Parigi, il peggio che il buon abate potesse temere, lui che aveva più volte proclamato la propria fede “nel diritto di proprietà, la cosa più sacra al mondo dopo la religione” e richiamato con orrore l’immagine di una rivoluzione sociale in cui “il dipendente insorge contro il padrone, il mandatario contro il fondatore, lo straniero contro l’erede, il pretendente contro il proprietario, colui sotto cui tutto si distrugge contro colui che può ricostruire tutto; infine, colui che non è nessuno contro colui che dovrebbe essere tutto”. Migne non disarma comunque, lotta con le assicurazioni, cerca di riprendere la produzione, ma è sopraffatto dall’ostilità di quella Chiesa di Roma i cui riconoscimenti aveva tanto atteso, per i pesanti sospetti di simonia che gravano sul suo conto. In ogni caso buona parte del progetto è stato realizzato, e i macchinari superstiti con i diritti sulla pubblicazione delle Patrologie saranno, con un significativo cambio della guardia, acquisiti dai fratelli Garnier.

Illustrazioni

  1. La copertina del volume
  2. Un ritratto dell'abate Migne
  3. L'autore del libro, R. Howard Block (fonte:
    Apri la pagina collegata (nuova finestra) http://www.columbia.edu/cu/record/archives/vol20/vol20_iss5/record2005.14.html)
  4. I volumi della Patrologia (fonte: Apri la pagina collegata (nuova finestra) http://www.migne.fr/JP_Migne.htm)
  5. L'edizione elettronica della Patrologia latina (Apri la pagina collegata (nuova finestra) http://pld.chadwyck.co.uk)

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© Biblioteca Nazionale di Napoli (giugno 2005)
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