Broggia rivelato, Broggia da rivelare
Angela
Pinto
Broggia
rivelato, Broggia da
rivelare
Un
economista scomodo
nelle carte napoletane
In
occasione del convegno
Il
progetto A.S.E./S.I.E.
Le carte degli economisti italiani e la
loro valorizzazione (Napoli, 5-6 febbraio 2004) pubblichiano
questo intervento di Angela Pinto sul "fondo Broggia"
della Biblioteca Nazionale di Napoli
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Carlo
Antonio Broggia
Nato a Napoli
il 1698, ancora bambino rimane
orfano
di entrambi
i genitori. Dopo nove anni
trascorsi
a Venezia presso uno zio sacerdote,
nel 1726 torna a Napoli per
esercitarvi la mercatura, professione
appresa
nella città lagunare.
Insoddisfatto dell’attività commerciale,
presto rivolge la sua attenzione
agli studi di economia. Dalla
passione per questa materia
nascono i suoi
lavori più importanti:
oltre al Trattato de’ tributi edito nel
1743, Broggia scrive tra il
1738 e il 1744 La Vita
Civil Economica,
mai pubblicata, a noi pervenuta
frammentata in una miriade
di stesure. Di un’altra
opera di questi anni – probabilmente
del 1742 - Il ristoro di
Spagna…
finora non ritrovata, abbiamo
notizia nella sua Memoria
ad oggetto di varie
politiche ed economiche ragioni,
edita nel 1754, in cui l’economista
napoletano dissente con veemenza
con la politica monetaria del
governo. L’accesa polemica
che ne deriva costerà al
Broggia l’esilio, prima a Pantelleria
poi a Palermo, per sei anni,
dal 1756 al 1761. Una volta
rimpatriato
continua ad occuparsi fino
alla morte, avvenuta nella
sua città natale
nel settembre del 1767, di
problemi economici. Risalgono
a questi ultimi
anni di vita una Memoria
contro il dazio del minutillo e Le
risposte ai quesiti del console
Balbiani.
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“…Questa
Biblioteca potrebbe offrire al più trecento lire” per gli autografi del
Broggia. Così esordisce l’allora direttore della Nazionale di
Napoli, Emidio Martini, nella lettera che scriveva il 18 giugno
1907 per confrontarsi con il suo amico e collaboratore, il bibliotecario
Alfonso Miola, scelto, per la sua “così grande competenza in
fatto di manoscritti”, come intermediario con i possessori del
fondo, “i signori Serio”. La valutazione economica viene stabilita
raffrontando la cifra spesa “negli ultimi tempi” per l’acquisto
degli autografi di Ludovico Bianchini, “comperati da un suo parente
per lire quattrocento“. I due economisti napoletani vengono messi
a confronto: “il Bianchini e il Broggia si occuparono suppergiù degli
stessi studi, […] entrambi furono uomini notevoli del loro tempo,
ma di una notorietà principalmente locale, […] tanto gli autografi
dell’uno quanto quelli dell’altro si corrispondono anche per
alcuni caratteri estrinseci. A favore del Broggia – ammette il
Martini – sta la maggiore antichità; ma a favore del Bianchini
c’è il maggior numero di volumi manoscritti, che sono in tutto
undici, e la considerazione che, su questi undici volumi, nove
contengono una Storia di Napoli affatto inedita, la quale,
sebbene con una lacuna di alcuni anni, va dalla fine del secolo
XVII al 1869”.
Le
trattative dovevano concludersi di lì ad una decina di giorni: il 28 giugno, in uno
dei ponderosi registri d’ingresso del secolo scorso, viene laconicamente
annotato l’acquisto delle carte Broggia da un non meglio identificato
Gerardo Serio, di cui però si conserva, appuntato con uno spillo
alla minuta della lettera del Martini, il biglietto da visita,
che nulla svela della identità di questo signore, ma ci rassicura
sul suo domicilio, “15 Via S. Gennaro a Materdei”. La descrizione
sull’inventario è lapidaria: “Autografi vari del secolo XVIII,
in 5 buste”; la somma pagata dalla Biblioteca è di £ 350.
I manoscritti broggiani
furono praticamente dimenticati per oltre 50 anni , senza neanche
un riscontro della loro immissione in biblioteca sul catalogo
dei manoscritti. L’indicazione delle carte, definite “extravagantes”,
e delle opere dell’economista napoletano, elencate in ordine
alfabetico, che oggi vi leggiamo alla voce Broggia, è stata infatti
aggiunta in epoca recente, a inchiostro blu.
Il
primo ad imbattersi nell’intricata selva delle carte broggiane
fu, alla fine degli
anni cinquanta del secolo scorso, Antonio Allocati. Insigne studioso
napoletano, libero docente universitario in quelle discipline
collegate alla sua attività di archivista, egli aveva già conosciuto
la figura del Broggia attraverso alcuni scritti autografi, conservati
nel fondo “Casa reale antica”dell’Archivio di Stato di Napoli,
dove lavorava, pubblicandone nel 1956 la Memoria sulla panificazione…Caserta-Napoli
4 maggio 1764.
Quando rintracciò nella
Biblioteca Nazionale di Napoli i cinque faldoni che custodivano
gelosamente opere edite e inedite del Broggia, la sua corrispondenza
con i più eminenti rappresentanti della cultura e della politica
contemporanea come Muratori o Fontanesi, documenti, annotazioni
e un numero cospicuo di carte sciolte o fascicoletti ancora da
identificare, Allocati dovette rendersi presto conto di trovarsi
davanti al corpus pressoché completo degli autografi dell’economista
napoletano, di cui fino ad oggi sono note poche altre stesure
dei suoi scritti.
Oltre alle carte
dell’Archivio di Stato di Napoli, del Broggia si conservano a
Palermo, nella Biblioteca Comunale, quattro manoscritti, il primo
dei quali contiene una stesura parziale della Coltivazione
del commercio, gli altri tre invece si riferiscono ad alcune
parti, per la precisione la III, la IV e la V della Vita civile
economica. A questi autografi, individuati e fatti trascrivere
per la prima volta negli anni sessanta da Domenico Demarco, docente
di storia economica presso la facoltà di Economia dell’Università di
Napoli, possiamo aggiungere le due carte in cui l’autore riporta
uno Squarcio di lettera scritta… intorno all’ isola di Pantelleria.
Anche a Bologna sono
conservati alcuni manoscritti broggiani, il Proggetto ossia
ricapitolazione e descrizione di un’opera intitolata Lettere
salutari… , proveniente dall’archivio personale di Benedetto
XIV, ora nella Biblioteca Universitaria, e i due autografi -
una stesura del Ristoro di Pantelleria e le Ragioni.. sull’abolizione
del dazio di estrazione a Napoli - editi nella seconda metà degli
anni cinquanta da Luigi Dal Pane, allora docente universitario
in quella città, che aveva avuto occasione di studiarli presso
l’Istituto di Storia Economica e Sociale dell’ateneo bolognese.
Se aggiungiamo alle
tre lettere scritte da Broggia a Muratori, possedute dall’Archivio
Soli-Muratori di Modena, il manoscritto Del pubblico interesse della
Kress Library of Businnes and Economics di Boston, segnalato
per la prima volta dal professore Franco Venturi, abbiamo il
quadro pressoché completo degli autografi di Carlo Antonio Broggia
fino ad oggi conosciuti.
Una
volta individuate le carte napoletane di questo autore, Allocati
cominciò un
lungo, costante lavoro di trascrizione degli scritti e delle
lettere da lui ritenute più interessati. Tali trascrizioni, di
suo pugno o dattiloscritte, talora fotocopie degli originali,
corredate da appunti o annotazioni marginali, consegnate personalmente
alla professoressa Lilia Costabile nel 1999, sono confluite in
due buste che costituiscono il fondo Allocati- Broggia, acquisito
dalla Biblioteca del Dipartimento di scienze economiche e sociali
nel giugno 2002, sei mesi prima della morte dello studioso.
L’Allocati fin dalla
fine degli anni settanta aveva rinunciato alla pubblicazione
degli inediti broggiani, a causa di un grave lutto familiare
che lo aveva distolto dagli studi, come ricorda egli stesso nella
sua autobiografia. Gran parte del materiale da lui raccolto,
affidato a Raffaele Ajello che nel suo precedente lavoro su Broggia
edito nel 1976 in Arcana juris ancora annunciava la prossima
pubblicazione dell’archivio personale dell’economista napoletano
in collaborazione con lo studioso suo amico, fu utilizzato effettivamente,
ma solo da Ajello, nel volume dedicato ai Politici ed economisti
del primo Settecento della collana La letteratura italiana.
Storia e testi.
Le
opere di Broggia pubblicate
nel 1978, compresa la corrispondenza a Muratori e a Fontanesi,
erano originariamente contenute nella prima delle cinque buste
che raccoglievano i suoi autografi. L’Allocati, pur dimostrando
di conoscere gran parte del contenuto dei faldoni, aveva soffermato
la sua attenzione soprattutto sui primi scritti incontrati, numerandoli
a pagine, talora in modo errato, e dando una sua personale collocazione
alle lettere. Oltre alla oggettiva difficoltà di interpretare
la scrittura spigolosa del Broggia, interrotta spesso da cancellature
e aggiunte interlineari, la ricognizione delle carte, non ancora
ordinate, non dovette presentarsi troppo agevole nemmeno per
un esperto in archivistica.
Secondo
quanto è riportato
in un elenco compilato prima di iniziare il riordinamento da
chi scrive, dopo aver ricevuto solo nel 1985 l’incarico di catalogare
il fondo Broggia, le stesure della stessa opera, a volte difficilmente
identificabili, erano disseminate in più buste. Molte carte ,
senza nessun tipo di riferimento, vengono genericamente classificate
come “carte sciolte da collocare”, “carte senza data”, “fascicoli
senza titolo”; allo stesso modo i manoscritti acefali sono segnalati
semplicemente con la dicitura “manoscritto senza frontespizio”,
quelli contenenti più opere come miscellanei. Solo un lungo e
paziente lavoro di sistemazione degli autografi broggiani ha
permesso di identificarli nella quasi totalità dei casi; il criterio
adottato di catalogarli in ordine cronologico ha permesso inoltre
di accorpare tutte la stesure della stessa opera, fornendo così agli
studiosi un valido supporto alle loro ricerche.
Avere
la possibilità,
ad esempio, di esaminare in successione cronologica le svariate
stesure di una delle opere fondamentali di Broggia, La Vita
Civil Economica, integrando così lo studio fatto da Ajello
dei manoscritti palermitani sullo stesso argomento potrà meglio
chiarire la stratificazione del pensiero di un economista, che
per il suo rigore speculativo era considerato scomodo negli ambienti
economico-politici del suo tempo. “La fondamentale onestà e schiettezza
di Broggia - rimane un punto di riferimento il giudizio di Ajello
in Arcana juris, p. 369 - la sua incapacità ad adattarsi
ad ogni considerazione di moderazione e di prudenza, e, innanzi
tutto, il radicalismo della diagnosi economico-sociale che costituiva
la base di partenza di ogni sua riflessione, il punto di forza
del suo pensiero, la sua personale e geniale scoperta, lo rendevano
molesto anche quando si sforzava di esser, a modo suo, servile”.
La sua intransigenza, il suo atteggiamento polemico nei confronti
della politica monetaria del governo dovevano infatti portarlo
per sei anni in esilio, prima a Pantelleria, poi a Palermo.
Una
così spiccata
personalità balza fuori anche dalla lettura in chiave filologica
dei suoi scritti. Una grafia minuta, uniforme, ma spigolosa,
le innumerevoli aggiunte marginali, spesso segnalate da simboli
grafici o interlineari, denotano una propensione alla precisione,
sconfinante nella ricerca di una perfezione anche stilistica
che evidentemente non si confaceva ad un economista. Nella prima
stesura della Vita Civil Economica, originariamente intitolata Le
ruote degli umani commerci, in un’epoca posteriore alla compilazione
dell’opera, egli stesso annota: ”Questo libro fù il primo Sborro
dell’idea dell’opera. La quale si è andata poi perfezionando
tanto [per] lo stile quanto [per] le Cose”(Ms. XXI.16/1a, c.
2r-v). Ma anche due successive stesure della stessa opera, il
cui titolo era stato intanto trasformato in I commerci delle
genti, venivano in seguito giudicate “Vana” dal Broggia,
che considerava quegli scritti “primi sborri, e cose indigeste
nate ne’ primi Anni, e meritevoli di miglior Stile, ordine metodo
ed Erudizione” (Ms. XXI.16/3, c. 1r) o, ancora, “il tutto indigesto
di primo sborro, ne primi Anni parte del quale s’è poi molto
migliorato: ma quantunque Le Cose Sian trattate senza stile convenevol
pure vi è buon oro sebene impulito e teroso” (Ms. XXI.17/1, C.
1r).
Se a questa preoccupazione
formale del Broggia aggiungiamo la volontà di integrare i suoi
scritti con sempre nuove considerazioni che ne chiariscano le
idee, riusciamo a comprendere il suo farraginoso metodo di lavoro.
Egli continua ad elaborare i testi nel corso degli anni, aggiungendo
altri capitoli, trasportando interi paragrafi o trattati da un’opera
ad un’altra. Il primo dei due fascicoli aggiunti al testo del Commercio
delle genti, viene estrapolato, ad esempio, da un’altra opera,
secondo lo stesso appunto autografo di Broggia sul margine superiore:
“questo quinterno è tolto dal Tomo della Morale, in cui non debbono
trovarsi Le opposizioni fatte a letterati”; il secondo fascicolo
interpolato ha invece come titolo aggiunto i Commenti e critiche
sopra Aristotile (Ms. XXI.17/2).
Quando
non è soddisfatto
dei risultati, l’economista napoletano non esita a cancellare
frasi o periodi e, se costretto ad eliminare intere pagine,
le incolla, il verso del foglio al recto di quello successivo,
o più semplicemente le rifila lasciando le brachette con le tracce
dello scritto precedente. Per le aggiunte testuali, quando non
sono sufficienti le annotazioni marginali a contenere la fiumana
dei suoi pensieri, Broggia si serve di foglietti di varie dimensioni
- solo in alcuni casi cuciti al corpo del volume o incollati
sul testo da sostituire - spesso riciclati dalla corrispondenza
a lui diretta, tanto da leggersi ancora sul verso o tra le righe
del nuovo testo il suo indirizzo.
La
presenza di inchiostri diversi nelle minute delle opere, consentendo
di individuare
le epoche successive di scrittura, conferma la stratificazione
speculativa del nostro autore, che ritorna ai suoi elaborati
definendone il titolo, annotando sui frontespizi, come abbiamo
visto, i limiti stilistici, gli intenti prefissi per una migliore
fruizione da parte del lettore, la cronologia delle stesure.
E’ lo stesso Broggia che ci informa, per esempio, quale sia,
tra le tante stesure della Vita Civil economica conservate
tra le carte napoletane, quella definitiva, iniziata nel 1738
e terminata nel 1744. “Si avverte – egli annota – che questo
tomo è un Estratto degl’altri: e quindi è più purgato. Fù fatto
nel 1738. Ed ora 1744. Si purga e si ordina assai meglio come
si vede dal Tomo […] che si pensa esser il Degno da darsi alla
luce, perché contiene miglior ordine e stile. E pensieri giunti
migliori. Essendosi mutato eziandio il titolo” (Ms.XXI.18/2,
c.1r). Sul manoscritto, infatti, il titolo originale, La coltivazione
del commercio, viene cancellato proprio dall’autore, e sostituito
con quello definitivo. Molto utili al fine di chiarire la stratificazione
delle varie stesure della Vita Civil Economica potrebbero
risultare infine alcuni appunti del Broggia datati “1744 agosto”,
in cui viene annotato il “Metodo dell’opera”, con l’indicazione
della suddivisione dei capitoli (Ms. XXI.18/1, cc.218r-221r sciolte).
Gli
autografi di Carlo Antonio Broggia sono ancora oggi tutti da
scoprire. Oltre
a quelli già segnalati nelle pubblicazioni di Ajello, uno studio
approfondito meritano quegli scritti non ancora conosciuti,
perché inventariati più ordinatamente solo in un momento successivo
alle ricerche effettuate nel fondo della Nazionale di Napoli
da Allocati. Raccolti in prevalenza in miscellanee conservate
nell’ultima busta delle carte Broggia (Ms. XXI.21), tali scritti
- appunti, riflessioni, stralci di opere, copie di documenti
– oltre a confermare il metodo di lavoro “a strati” adottato
dall’economista napoletano, potranno offrire agli studiosi elementi
utili alla ricostruzione testuale di opere note, ma anche permettere
di individuarne altre inedite.
Valido
contributo alle ricerche potrà rivelarsi la nuova catalogazione
informatica in corso, che si avvale della procedura MANUS.
Le dettagliate
informazioni immesse nella scheda descrittiva compilata per ciascun
manoscritto del Fondo Broggia, potranno essere infatti fruite
dagli utenti attraverso tre diverse funzioni di interrogazione
- indici, catalogo, information retrival - con vantaggio
dei loro studi.
In confronto all’applicazione
dell’informatica alla catalogazione dei manoscritti, le faticose
ricognizioni fatte circa cinquant’anni fa da Allocati in una
raccolta non ancora ordinata ci appaiono oggi pionieristiche.
Angela
Pinto
© Biblioteca
Nazionale di Napoli - gennaio 2004
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