Amin
Maalouf /
Le crociate viste dagli Arabi
di Vincenzo
Boni
Amin
Maalouf
Le crociate viste dagli Arabi
Torino, Società Editrice Internazionale, 1989 (ristampa. 2003)
(titolo
originale: Les croisades vues par les Arabes, Paris, Jean
Claude Lattes, 1983)
Venerdì 22 sha΄bān dell’anno
492 dell’ègira, 15 luglio 1099, I-Frang, dopo un breve
assedio di quaranta giorni, conquistano Gerusalemme. La santità della
città, sede del Santo Sepolcro, non garantisce l’immunità dalla strage.
La Croce del Cristo, ostentata dai Franchi sui pettorali delle
loro armature, è testimone di una violenza senza fine:
biondi guerrieri, a spada sguainata, sgozzano uomini, donne e bambini,
saccheggiando case e moschee. Il massacro è grande, la ferocia
inaudita: mai e poi mai si sarebbe potuto pensare a tanto orrore
in una città riconosciuta unanimemente come il Luogo più Santo
del mondo per tutte le fedi monoteistiche: Davide e Salomone l’avevano
eletta a loro sede, aveva visto la Passione e la morte di Gesù Cristo
e la moschea di Omar, luogo simbolo dell’Islam,
ricorda ancora ai fedeli l’ascesa di Maometto in cielo: per
tutti è la
scala terrestre verso l’Eterno. Ma tutto ciò non basta
a salvarla: la “Terra Santa” viene profanata da chi
avrebbe dovuto adorarla…
No.
Lo spargimento di tanto sangue non lo poteva volere Iddio, contro
quanto lo stesso papa Urbano II, fatti propri gli ideali di supremazia
della Chiesa di Gregorio VII, aveva decretato nei concili
di Piacenza e di Clermont nel 1095, incitando alla Crociata contro
i turchi Selgiuchidi, da poco islamizzati, numerosi predicatori,
tra cui Pierre d’Amiens, ed infervorando uomini d’ogni
sorta: mercanti, borghesi, poveracci squattrinati alla ricerca
delle terre dell’oro e dell’incenso, comandati da rampolli
cadetti e feudatari insoddisfatti, desiderosi del potere, della
gloria e magari anche… della salvezza dell’anima.
Una strage di tal misura di pacifici imam e di asceti sufi, che
avevano lasciato il loro paese per vivere un pio ritiro in quel
luogo santo, non sarebbe stata mai più dimenticata nelle
coscienze del mondo islamico. Né tampoco si poteva tollerare,
in un luogo così sacro, il ricordo dell’acre odore
degli ebrei bruciati vivi insieme alla sinagoga principale o le
grida dei tanti di essi orrendamente sgozzati nel tentativo pietoso
di mettersi in salvo.
I motivi di astio tra il mondo cristiano e
quello musulmano, ormai ancestrali, che già si abbarbicavano
a radici antiche, germogliate dall’espansione
araba in occidente, erano stati fermati, secoli prima, a Poitiers (732) da Carlo
Martello e poi nel nord della Spagna. Gli stessi motivi si erano
poi andati rinvigorendo via via nel corso dei secoli nello scontro
continuo tra il mondo occidentale franco-tedesco e bizantino e
il mondo islamico, sbollendosi nelle periodiche battaglie in campo
aperto equilibratrici di ambedue le forze : in Spagna, in Sicilia,
in Asia Minore. Essi verranno a solidificarsi nelle campagne dei
duri crociati, contribuendo ad un futuro ininterrotto conflitto
di civiltà, che in precedenza era stato di contro scambio
germinativo tra civiltà.
Tutto poteva essere tollerato in una battaglia
dell’Anno Mille, ma non gli eccessi gratuiti, che neanche
l’intolleranza religiosa più feroce ed ottusa poteva
giustificare, altrimenti si sarebbe dato ragione ad Abū l-΄Alā΄ al-Ma΄arrī, una
delle più grandi voci
della letteratura araba, quando, intorno alla metà dell’Anno
Mille osava tuonare: “Gli abitanti della terra si dividono
in due categorie, coloro che hanno un cervello ma non hanno religione
e coloro che hanno una religione ma non hanno un cervello”.
I Crociati di Gerusalemme, ma ancor prima crudeli
conquistatori di Nicea e di Antiochia, i Crociati che a Ma’arra
avevano osato profanare la carne dei nemici uccisi in battaglia,
secondo il cronista, testimone oculare, Albert d’Aix, cibandosene,
fosse anche per penuria di cibo, - “ Ai nostri non solo non
ripugnava di mangiare né Turchi né Saraceni uccisi,
ma nemmeno i cani!”-, non potevano essere gli stessi devoti
fedeli che avevano l’obbligo religioso-morale di liberare
il Sepolcro di Cristo da chi li ostacolava per la giusta venerazione,
altrimenti si sarebbero posti nella schiera “di chi ha religione
ma non ha cervello”.
Il fanatismo di qualsiasi matrice non si sposa
con la religione, che porta l’essere umano ad unirsi con
l’Eterno; il fanatismo è solo abbrutimento che genera
odio.
Il saggio di Amin Maalouf, libanese che vive
in Francia, si propone con un taglio decisamente nuovo, di stigmatizzare
il movimento crociato attraverso gli scritti degli storici arabi,
alcuni obliati in occidente, senza però trascurare, come è giusto
che sia, le fonti e gli studi occidentali più accreditati
sull’argomento. In questo crogiuolo si mescolano, quindi,
varie anime offrendoci un quadro nello stesso tempo forte ma pacato,
politico, ma non di parte ed aprendoci inevitabilmente degli orizzonti
nuovi, in cui non sempre la storiografia occidentale si è agevolmente
mossa.
Nel leggere questo piccolo, accattivante saggio,
il cui titolo Le crociate
viste dagli Arabi già nella
semplicità ci intriga, ci si confronta anche con noi stessi,
con i nostri pregiudizi, facendoci riflettere su un postulato di
base che viene molto spesso accantonato. Gli storici occidentali,
anche se con notevoli sfumature, pur riconoscendo motivi socio-economici
di fondo, vedono nel movimento crociato, quanto meno come volano,
lo sdegno di chi viene offeso nel proprio sentimento religioso; gli
storici arabi parlano solo e soltanto di un’invasione franca
o più genericamente della guerra dei Rum, termine con cui
indicavano gli occidentali, perpetratasi per circa due secoli. Una
pacata riflessione in tal senso potrebbe farci meditare su errori
passati ed offrirci un solido trampolino da cui spiccare quel salto
di solidarietà e di comunione tra i popoli, di cui oggi,
come non mai, si ha tanto bisogno.
L’onestà scientifica di Maalouf,
che - è giusto sottolineare - scrisse il suo lavoro circa
due decenni or sono, ben lontano dalle odierne recrudescenze di
odio, non lo fa porre dalla parte del lupo o dell’ agnello,
ma lo bilancia sul discrimen della barricata,
dove non esistono i cristiani e i musulmani, ma esistono gli uomini,
vittime delle loro cieche passioni confuse con l’intima essenza
della sottomissione all’Essere soprannaturale.
Nessun credo religioso, laddove si imbibisce
della giusta purezza, può spingere all’odio, alla
sopraffazione, all’intolleranza, bieche espressioni della
natura ferina dell’uomo e che nessun Dio potrà mai
avocare a sé.
Vincenzo Boni
Illustrazioni:
1) La copertina del volume
2) F. Valegio, illustrazione per il canto XVII della Gerusalemme
liberata,
part. (Venezia, 1625)