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I libri di Maria Carolina d'Austria
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Marcello
Andria, Paola Zito
I
libri di Maria Carolina d'Austria.
Una
raccolta tedesca di fine Settecento
conservata nella Biblioteca Nazionale
di Napoli
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La
raccolta di libri tedeschi della regina di Napoli viene a formarsi
prevalentemente nell'ultimo quarto del Settecento. Quando Maria
Carolina d'Absburgo giunge nella capitale borbonica è il
maggio 1768. Tredicesima figlia della grande Maria Teresa, l'arciduchessa
è stata destinata in sposa a Ferdinando IV. Il rimpianto
per l'austero ambiente austriaco in cui è stata allevata
e per le letture dell'adolescenza che ha condiviso con l'amata sorella
minore Maria Antonietta inducono la sovrana, fin dai primi anni
di regno, a mettere insieme una gran quantità di volumi scritti
nella lingua madre: generalmente distinti da una semplice legatura
editoriale di cartoncino rigido azzurro, essi vanno man mano ad
accumularsi sugli scaffali della sua biblioteca privata.
Difficile stabilire con precisione la data di inizio delle spedizioni,
dal momento che non una sola nota di pagamento è stata finora
rinvenuta nell'archivio della reggia di Caserta, probabile luogo
di destinazione delle casse di volumi, né altrove. Le date
di pubblicazione lascerebbero intendere che la collezione cominciò
a formarsi fin dall'arrivo dell'Absburgo in Italia. D'altra parte,
la presenza di non poche opere edite ben prima del 1768 - 'fondi
di magazzino', evidentemente, con cui il libraio d'oltralpe rimpolpava
le spedizioni - non consente di definire con esattezza l'anno a
cui rimonta il nucleo originario.
Piuttosto tarde le due uniche testimonianze dirette sulla raccolta:
a riferirne sono due autorevoli viaggiatori tedeschi, il von Gerning
e il von Kotzebue, che visitarono il palazzo di Caserta nei primi
anni del secolo XIX. È verosimile, stando al resoconto del
Kotzebue, che gli amati volumi tedeschi avessero seguito Maria Carolina
sia nell'esilio palermitano, coincidente con la parentesi rivoluzionaria
del 1799, sia nel lungo soggiorno viennese fra l'estate del 1800
e quella del 1802. Da altra fonte si evince che avrebbero avuto
sorte non diversa in occasione del ben più prolungato confino
che si apre con l'avvento dei Napoleonidi. Certo, quando la nuova
sovrana francese - Carolina Bonaparte, moglie di Gioacchino Murat,
che era rapidamente succeduto al cognato Giuseppe salito al trono
di Spagna - visita per la prima volta la reggia di Caserta, la trova
spoglia di suppellettili e scrive alla cognata Ortensia: "l'appartamento
della regina ha cinquanta sale; la sola biblioteca è composta
di sei stanze, fornite di scaffali ma non di libri". Insieme
con le ricche collezioni di oggetti d'arte convulsamente stivate
sulle navi della flotta reale nei giorni che precedettero la fuga,
dunque, anche la libreria tedesca avrebbe seguito i sovrani spodestati.
Tenendo presente che Maria Carolina fu l'ultima a lasciare Napoli,
nel febbraio 1806, se non si può escludere del tutto che
qualche residua spedizione sia pervenuta anche dopo questi eventi,
magari direttamente a Palermo, sembra pertanto probabile che edizioni
con data successiva al 1805 debbano considerarsi come successive
interpolazioni piuttosto che come parte integrante del nucleo originario.
All'interesse a collezionare libri in quantità ragguardevole
e a non separarsene mai per un lungo periodo, non corrispose, a
quanto sembra, pari consuetudine di lettura, come del resto la regina
stessa aveva ammesso col Gerning. Rarissime nei suoi diari - dove
pure è elencata scrupolosamente ogni quotidiana occupazione
- le annotazioni al riguardo. Il Croce, che poté consultarli
prima della quasi totale distruzione, ne rinvenne una sola, peraltro
relativa ad un racconto di viaggio tradotto dall'inglese, mentre
trovò menzionate in gran numero opere francesi (dai romanzi
di Rétif de la Bretonne a racconti morali a rievocazioni
storiche), corredate in genere delle impressioni di lettrice della
regina. Emerge, dunque, l'immagine di una biblioteca più
posseduta che consultata.
Ironia della sorte, proprio nell'ultimo, definitivo ritorno in Austria
Maria Carolina non riesce a portare con sé quei libri tedeschi
che l'avevano costantemente legata alla terra d'origine durante
il suo lungo e travagliato regno.
L'inventario
del fondo più aggiornato, compilato fra il 1986 e il 1987,
annovera complessivamente 3923 titoli, per un totale di 6443 unità
bibliografiche, schedati secondo le regole italiane di catalogazione
per autori (RICA). Vanno aggiunti a questi un centinaio circa di
periodici per 419 fascicoli complessivi.
Dell'ultimo quarto del Settecento, in particolare, il fondo fornisce
un fedele ed esaustivo spaccato, documentando con ogni scrupolo
l'intera attività dei torchi tipografici in pressoché
tutte le città della Germania: un osservatorio privilegiato,
una testimonianza quanto mai significativa e attendibile di oltre
un ventennio di storia dell'editoria, che eloquentemente restituisce
il gusto e gli interessi, la moda e il costume, gli orientamenti
e l'immaginario collettivo di un'epoca. Decenni cruciali, come è
noto, nell'evolvere della cultura e delle idee, delle tendenze estetiche
e nelle forme letterarie, di cui la produzione libraria è
sempre nitido specchio, nonché immediata cassa di risonanza.
Maturava proprio allora, praticamente in tutta Europa, il periodo
aureo del romanzo, detentore a pieno titolo della dignità
di genere e in grado di appassionare vari strati di un pubblico
sempre più numeroso. Di romanzi - "di scarto" o
meno che possano essere considerati - la biblioteca di Maria Carolina
è certamente ricchissima (1467 titoli, pari ad oltre un terzo
del totale); in massima parte romanzi e novelle alla moda, che ci
consentono di assistere direttamente alla progressiva affermazione
della 'maniera' romantica. Accanto a celebri e meno celebri talenti
nazionali - Goethe, Schiller, Herder, Heine, Novalis, Kleist, Jean
Paul, ma anche il Vulpius e la Naubert Hebenstreit ed alla elevata
percentuale di anonimi - compare nella raccolta una cospicua rappresentanza
di autori francesi, ma anche inglesi e italiani, debitamente tradotti.
Cospicuo, inoltre, il nucleo delle relazioni di viaggio (ben 297)
- attraverso la stessa Germania, nelle terre del Nord, lungo le
rotte esotiche dei Tropici - a documentare anche in questo caso
un genere all'epoca tra i più diffusi e apprezzati; e del
più amato degli itinerari, quel viaggio in Italia che così
numerosi intellettuali attraeva verso le solari 'rovine' dell'antico.
Più ridotto, ma comunque molto significativo, lo spazio dedicato
ad estetica (54 titoli) e filosofia (53), con scritti di Kant e
di Fichte, di Bacon, di Locke e di Hume. Decisamente più
elevata la quantità di opere pedagogiche (358 titoli) che,
oltre ai testi di Basedow e di Pestalozzi, propone una vasta gamma
di trattati divulgativi, calati nella realtà quotidiana della
vita scolastica e familiare. Una particolare attenzione ai problemi
della donna madre ed educatrice ne connota in buona parte l'impostazione,
nell'economia di un altrettanto fortunata editoria più genericamente
al femminile, che all'ormai folto pubblico di lettrici riserva suggerimenti
ed esempi, nonché spunti e canovacci di conversazione da
Frauenzimmer. Non stupisce, a questo punto, di trovare fra
le oltre cento riviste anche più numeri (a partire dall'annata
1796) del "Berlinisches Archiv der Zeit und ihres Geschmacks".
Ampiamente rappresentata la trattatistica politica (307 titoli),
storica (263), e giuridico-economica (23): oggetto di analisi la
condizione del suddito-cittadino, i suoi diritti-doveri nei confronti
dello Stato, il suo amor di patria alla luce del rimeditato concetto
di Nazione. E il discorso sconfina, dunque, nel campo dell'etica
(rappresentata da 258 titoli), addentrandosi nei risvolti e nelle
pieghe del meccanismo che presiede alla sfera morale, fino a calarsi
nelle logiche ardite e controverse della sensibilità e del
sentimento.
Lo sguardo sul mondo della natura, inoltre, si riflette nella tutt'altro
che esigua rappresentanza di opere scientifiche (118), dalla zoologia
alla botanica alla anatomia alla geografia alla geologia, talvolta
corredate da schemi e tabelle riepilogative.
Circa
un venticinquennio di vita intellettuale, quindi, disegna la propria
articolata fisionomia nello specchio delle lastre tipografiche, ricomponendo
sugli scaffali della regina un intero spaccato di storia delle idee.
Ma non solo. I volumi del fondo forniscono testimonianza altrettanto
eloquente sulla condizione di un'editoria di transizione, certo proiettata
verso gli ingranaggi del capitale ma non ancora del tutto svincolata
dalle logiche della vecchia economia mercantile. Il monopolio di Francoforte,
legato ai fasti della celebre fiera, volge al declino in favore di
Lipsia, ormai vera e propria capitale del libro tedesco. Dal centro
verso la periferia, sulla base dei dati in nostro possesso, è
possibile ricavare una sorta di mappa editoriale della Germania dell'epoca,
in relazione alla quale maggiore significato acquistano le curve di
incremento e decremento della produzione.
Il quadriennio marcato da una più intensa attività figura
il 1793-96 con circa 1200 edizioni, all'interno di un periodo comunque
densissimo di fermento e di innovazioni: l'ultimo decennio del secolo
(1790-99) risulta infatti il più ampiamente rappresentato,
con un totale di quasi 1800 edizioni; un po' meno fitta - per il già
menzionato sopravvenire dell'ondata rivoluzionaria, che provocò
la fuga dei reali ed un inevitabile rallentamento del flusso - la
produzione afferente al biennio 1798-99. Il picco di frequenza andrà
progressivamente scemando dopo il 1803.
Osservata in profondità, e passata al vaglio dell'analisi quantitativa,
la raccolta si conferma una documento originalissimo, che proprio
dalla mancanza di selezione ha tratto le linee meno comuni del suo
profilo, conservandosi nel tempo straordinariamente simile ad una
'libreria' dell'epoca, dove nell'ampia offerta editoriale ciascun
acquirente poteva agevolmente trovare il volume più consono
ai suoi interessi.
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