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Percorsi bibliografici

La copertina del volume di Quondam Cavallo e cavaliere. L’armatura come seconda pelle del gentiluomo moderno / Amedeo Quondam
di Valerio Cacace

Amedeo Quondam,
Cavallo e cavaliere. L’armatura come seconda pelle del gentiluomo moderno.

Roma, Donzelli, 2004

Eliseus Libaerts, Armatura  (Dresda, Rüstkammer) Le armature, ammettiamolo pure, spesso ci procurano un certo disagio, stentiamo  a percepire il senso o addirittura avvertire il fascino di queste strane anticaglie un po’ patetiche, un po’ ridicole.
Imbattersi in queste curiose testimonianze del passato continua a suscitare reazioni istintive, non sempre perfettamente consapevoli, tra il fastidio e l’istintiva ripugnanza. È difficile per noi,  moderni eredi della “civilizzazione”, non provare un’istintiva ripulsa di fronte all’ostentazione di strumenti di offesa e di morte, isolati dal contesto che li ha prodotti e giustificati.
Avrà senz’altro vissuto all’inizio la stessa condizione mentale, sospesa tra estraneità e ripugnanza, il grande italianista che in una fredda giornata autunnale, ai margini di un convegno sulla metamorfosi nella cultura letteraria italiana, incontra, aggirandosi nella Rüstkammer di Dresda, la preziosa armatura confezionata da Eliseus Libaerts per Erik XIV re di Svezia e la sua cavalcatura, mai giunta a destinazione, mai indossata dal suo committente.
Eppure il profano, com’egli stesso si dichiara, Amedeo Quondam raccoglie subito la sfida che il prezioso manufatto gli lancia, sollecitando l’acuta sensibilità maturata nelle ricerche condotte sul classicismo, su cerimoniali e abbigliamenti che attestano l’importanza della decodificazione dell’esteriorità in un’epoca all’apice della sua raffinatezza.
Cavallo e cavaliere nasce da qui, dall’intuizione che, in un cimelio in cui si addensano prodigi di tecnica e virtuosismo artigianale, è racchiusa una metamorfosi: “il cavaliere di Dresda e il suo cavallo non sono più una macchina da guerra. Sono una poderosa macchina rappresentativa, un multiplo figurativo che intende comunicare senso a chi ne osserva lo splendore”.
C’è un momento dunque, una fase storica ma anche culturale, in cui le armature, da puri e semplici strumenti di guerra, si trasformano in rappresentazioni di un’identità che si vuole ostentare e trasmettere all’esterno. L’evoluzione delle tecniche militari in buona parte facilita questa transizione, insieme con il peso sempre maggiore dei rituali pubblici e privati. Anche nelle armature, tutto considerato, ci dimostra Quondam, si può leggere la costituzione della modernità in quanto nuova forma del vivere del gentiluomo, e nell’affermazione dei modelli classicisti nell’arte e nella vita il riscatto destinato a durare a lEliseus Libaerts, armatura per uomo e cavallo (Dresda, Rüstkammer)  ungo di un’Italia militarmente sconfitta, che riesce comunque ad imporre alle corti di tutta Europa i dettami culturali artistici ed etici degli umanisti.
A cavallo tra XV e XVI secolo, il nuovo clima si afferma irresistibilmente, penetrando anche attraverso le fitte cortine nebbiose che avvolgono un regno periferico, immerso ancora in parte nel medioevo.
Erik XIV, il committente dell’armatura, investe in un’impresa megalomane – un progetto di matrimonio alquanto velleitario con la regina Elisabetta I d’Inghilterra -  tutta l’accesa nevrotica fantasia di un sovrano frustrato per la marginalità alla quale si sente condannato nei confronti delle grandi corti reali e principesche e determinato ad innalzarsi al livello che gli detta la formazione culturale impartita.
Una vita intensa e sfortunata la sua, attraversata da echi shakespeariani, tanto da ispirare nel 1899 a August Strindberg un dramma storico che reca come titolo il suo nome. Asceso al trono dopo la morte del padre Gustaf  I il 29 settembre 1560, Erik  prosegue e accentua la politica di apertura agli influssi europei, anche e soprattutto dal punto di vista culturale, inaugurando un breve regno, destinato a chiudersi nel 1569 con la destituzione decretata per evidenti manifestazioni di follia dal parlamento svedese, seguita dall’avvelenamento nella prigione in cui era recluso dal 1568.
Prima di sposare una borghese sedicenne, nel 1567, Erik XIV aveva ordinato ben tre armature al grande artigiano di Anversa Eliseus Libaerts, con l’obiettivo di farne un dono prestigioso ad  Elisabetta I d’Inghilterra. Ma una strana fatalità sembra aleggiare su tutta questa vicenda: il matrimonio non si fece, e le armature non arrivarono mai a destinazione, perché, a partire dal 1563, si accese la guerra destinata a durare sette anni con la Danimarca. Neanche Libaerts sarebbe riuscito a “piazzare”  i suoi capolavori, nonostante si facesse scortare in un viaggio sfortunato a Londra da una lettera di presentazione del banchiere italiano Baronchelli.
I primi ad acquisire le armature saranno i principi di Sassonia, che se le trasmetteranno di generazione in generazione, come occasione celebrativa dei fasti di un casato, affidando alle splendide decorazioni erculee il compito di rappresentare “le loro nuove virtù che riconnotano strategicamente l’esercizio ordinario del mestiere delle armi e le pratiche di governo, cioè la competenza attiva delle arti e delle lettere, a imitazione degli Antichi, la magnificenza liberale, la politezza, la grazia, e quindi il lessico primario delle favole antiche di dei e eroi, i suoi simili, i suoi antenati”.
Le imprese di Ercole, ma non solo quelle – sono riprodotte anche le vicende della guerra di Troia e le gesta di Giasone – ricoprono, come si diceva, l’intera armatura, descritta minuziosamente con l’apporto di un abbondante corredo fotografico. Quondam, da vero Eliseus Libaerts, Medaglione dall'armatura per cavallo per Erik XIV re di Svezia  (Dresda, Rüstkammer)  dilettante entusiasta, si impegna attivamente a recuperare il tempo perduto, rintraccia le radici del programma iconografico di Libaerts, ricorrendo ad autorevoli repertori come The Illustrated Bartsch, in particolare la serie The New Hollstein, nel ciclo di incisioni di Cornelis Cort sullo stesso tema, realizzate pochi anni prima sempre in quel grande crogiuolo artistico e culturale che è l’Anversa del XVI secolo. La contaminazione  del tema di Ercole con quello della guerra di Troia appartiene, ci viene ricordato, ad una ricca tradizione letteraria all’interno della quale figurano il Recueil des histoires de Troyes e le Histoires de Jason di Raoul Le Fèvre del 1464 e del 1460, Le fatiche di Hercule di Pier Andrea de’ Bassi (1475). Ma gli antichi miti subiscono un’ulteriore rielaborazione, attraverso il filtro sapiente delle opere degli umanisti, per ricomparire nel lavoro di Libaerts come metamorfosi del cavaliere. E qui lo studioso torna a giocare sul suo terreno, ad esempio quello delle ricerche sul Libro del cortegiano di Baldassarre Castiglione, e ripropone con mirabile acume filologico in qualità di textes à l’appui il trattatello De equo animante di Leon Battista Alberti del 1443 – una cavalcata, è il caso di dire tra le tecniche dell’addestramento, gli impieghi civili del nobile animale, non trascurando la veterinaria - che fa entrare “il cavallo nel sistema dell’arte e della virtù”, ma soprattutto, vera e propria chicca, “un librone di mille pagine”, La gloria del cavallo di Pasquale Caracciolo del 1566, bestseller cinquecentesco che condensa in illuminanti formulazioni come quella che segue le virtù e le competenze richieste al cavaliere gentiluomo: “le lettere sono quelle che fanno l’uomo più prudente e temperato nelle sue azioni, più animoso e costante nei pericoli, più istrutto negli ordini della guerra, più risoluto nei repentini accidenti, più giusto nel governare, più esperto nel difendere o nell’espugnare della città, e insomma più avveduto in tutti gli affari. Però Socrate dicea non dover essere il soldato terribile solamente e coraggioso, ma etiandio sì abile e acuto d’ingegno, che possa apprendere le dottrine e pazientissimo a proseguire compiutamente il faticoso studio delle lettere”.

Illustrazioni:
1) La copertina del volume
2-4) Immagini tratte dal sito della Rüstkammer di Dresda Apri pagina collegata http://www.dresden-reisefuehrer.de/museen/ruestk_1.htm


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