L’estate
scorsa Lucia Valenzi, ad un anno dalla scomparsa di sua madre Litza
Cittanova, ha donato alla Biblioteca Nazionale di Napoli copia
del suo Qualcosa su mia madre, formulando il desiderio che l’esemplare
fosse collocato al fondo librario Soggettività Femminile.
La
pubblicazione, promossa dall’Assessorato
alle pari opportunità della Regione Campania e
finanziata dall’Unione Europea, inaugura una collana intitolata «Tante
storie», annunciata, nella prefazione di Rosa D’Amelio,
come la prima di una serie di biografie femminili, storie di donne
non necessariamente famose che, con il loro agire politico, sociale,
culturale, hanno lasciato tracce di memoria da tramandare. Fin qui
l’intento editoriale.
Qualcosa su mia madre, un
pamphlet che si legge tutto d’un fiato, è una sorta
di racconto biografico di alcuni
brevi ma intensi momenti della vita privata e pubblica di Litza
Cittanova Valenzi: la nascita in Tunisia, gli studi e la laurea
alla Sorbona di Parigi, l’adesione al Partito Comunista.
«Litza,
mia madre, aderì al Partito comunista tunisino
nel momento più duro, quello della clandestinità, abbandonando
come tanti suoi amici le comodità di una vita borghese
in un paese colonizzato. Sposò mio padre poco dopo lo scoppio
della guerra e presto iniziò la repressione da parte del governo
filonazista di Vichy, del generale Petain».
Il racconto
biografico prosegue con l’arrivo in Italia, a Napoli
nel ’44, l’impegno nel Partito Comunista Italiano, il
lavoro insieme ad altre donne all’interno dell’Unione
Donne Italiane. «Il
suo lavoro nel Partito a Napoli nel dopoguerra si svolse soprattutto
nel “Comitato per la salvezza dei bambini di Napoli”,
creato alla fine del 1946 per ospitare, nutrire, curare presso le
famiglie contadine emiliane, meno provate dalla guerra, i bambini
napoletani. Non ha mai pensato a se stessa come una militante che
potesse fare politica in senso pieno, con ambizione o volontà di
emergere: il suo è stato
solo il lavoro organizzativo al servizio del Partito».
Al di là del
racconto puramente biografico di Litza, questo libricino, al mio
sguardo di lettrice, assume ulteriore interesse per il fatto che
gli avvenimenti salienti della biografia della protagonista si
intersecano con le biografie di un nutrito gruppo di giovani che
lottarono contro il nazifascismo e si impegnarono nella ricostruzione
politica e sociale del Paese.
Ma quel che più mi preme di sottoporre
all’attenzione
di chi avrà l’occasione di leggere Qualcosa
su mia madre è lo sguardo amorevole di Lucia che guarda
sua madre vivere e quel suo narrare intriso di un palpabile
sentimento di orgogliosa stima.
L’amore e la stima,
dunque, due sentimenti che non sempre viaggiano paralleli nelle relazioni
familiari e tanto più difficilmente
in un rapporto così speciale quale è quello tra madre
e figlia.
«Ho
cercato di dire qualcosa su mia madre. Solo “qualcosa’’
per due motivi: perché credo che sia sempre difficile per
una figlia entrare nel profondo della vita della propria madre e
poiché Litza
non ha raccontato o scritto di sé, di lei rimangono poche
tracce, solo frammenti. Ne ho parlato un poco sulla base dei racconti
di casa, delle storie sentite in famiglia o apprese dopo, e naturalmente
grazie al mio rapporto con lei».
Fotografie tratte dal volume di Lucia Valenzi:
1) Litza e Lucia
2) Festa del 1° maggio in Tunisia