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Gilles Deleuze, L’immagine-tempo. Milano, Ubulibri, 1985.

“Con L’immagine-tempo”, dopo “L’immagine-movimento”, Gilles Deleuze prosegue la sua rifondazione del pensiero sul cinema, anzi una ridefinizione del cinema medesimo. La teoria per lui non si fonda sul cinema ma sui concetti da questo suscitati. I grandi autori sono come i pittori o i musicisti, parlano meglio di altri di quel che fanno, tramutandosi così in filosofi, come Hawks che non voleva teorie o Godard che finge di disprezzarle.
Secondo Deleuze sono proprio i concetti del cinema e non le teorie a creare l’unicità della settima arte ed è per questo che non bisogna chiedersi “che cos’è il cinema?”, ma “che cos’è la filosofia?”. Da questa nuova pratica delle immagini e dei segni che è il cinema, ecco nascere allora una sindrome personale che prende corpo come visione del mondo. Da libro di analisi “Cinema 2: l’immagine-tempo” si trasforma sotto i nostri occhi in “libro di gaia scienza”.
(Dalla quarta di copertina).