Julia
Kristeva, La rivoluzione del linguaggio poetico. Bologna,
Marsilio, 1979.
La
Kristeva parte dall’analisi della svolta verificatasi nella letteratura
alla fine del XIX secolo, e in particolare dall’esperienza di Mallarmé
e Lautréamont che sconvolge la fonetica, il lessico, la sintassi,
le relazioni logiche, l’ “ego trascendentale”. Attraverso questa
analisi la Kristeva giunge a mettere in relazione il campo marxiano
- in cui è in questione la produzione - e il campo freudiano - in
cui è in questione il soggetto - in modo per niente “complementare”:
le esperienze di Marx e di Freud non sono convergenti ma costituiscono
articolazioni diverse di quanto la letteratura pratica come “linguaggio
poetico”. La linguistica, così, cessa di essere una scienza costituita,
universitaria, mentre in essa si profilano due tendenze inseparabili
ma distinte: il simbolico, ordine dell’individuazione, dell’enunciazione,
della significazione, e il semiotico, momento d’irruzione
della pulsione nel linguaggio, ritmo, senso. E nella dialettica
di questi due momenti il linguaggio poetico compie la sua rivoluzione.
Una rivoluzione non teologica, non risolutiva, in cui le grandi
istituzioni occidentali, lo stato, il diritto, la religione, vengono
erose da questo lavoro nella lingua".
(Dalla quarta di copertina)
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