Carla
Lonzi, Taci anzi parla. Diario di una femminista, Milano,
Scritti di rivolta femminista, 1978.
“Questo
libro è un punto di riferimento inesauribile per i problemi di una
donna che voglia prendere coscienza di sé. Al di là delle particolarità
di una vita, esistono i nodi perenni della condizione femminile
determinati da una struttura e da una cultura che le si strngono
addosso per comunicarle quel senso di impotenza da cui nasce l’accettazione
del ruolo. Nessuna può dirsi al sicuro appena interrompe l’attività
della coscienza. Un pericolo scampato non è il pericolo scampato
per sempre, al contrario esso si ripresenta in mille varianti fino
all’ultimo soffio di esistenza. Il rifiuto dei ruoli sprigiona i
rapporti, e questo è un libro di rapporti che rinnova l’essere al
mondo. Il vivere perde il suo carattere scontato, che è la complicità
sui prestigi reciproci. La donna vi appare fragile, ma carica di
una forza sconosciuta quando afferma l’autenticità come irrinunciabile.
Ogni sorta di rivelazioni scaturisce da questo impegno di verità
promosso non da tutte le donne, appare chiaro dal libro, ma certamente
dall’autrice in quanto donna.
Ma Taci, anzi parla può essere letto anche come trattato
di pensiero non ideologico; come conflitto tra autenticità e cultura;
come Libro senza essere letteratura; come documento sulla formazione
di un gruppo di donne che, forse unico o tra i pochissimi, ha finito
per esistere davvero riscattando le sue premesse; come dramma della
coscienza femminile nel mondo; come tentativo di interrompere il
sogno che l’uomo fa sulla donna per sognare se stesso; come descrizione
del mondo; come scrittura semza darsi l’identità di scrittrice;
come possibilità di rapporti ormai sciolti, anche se traumatizzati,
dalla consegna del silenzio”.
(Dalla quarta di copertina).
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