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Fondo librario "Soggettività femminile"
Teca delle nuove accessioni 2007

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Lo specchio materno. Madri e figlie tra biografia e letteratura, a cura di Anna Scacchi, Roma, Luca Sossella, 2005

La relazione tra madre e figlia, nodo della biografia delle donne e centro tematico della letteratura femminile, è anche il modello utopico cui si ispira molta critica femminista, rifiutando la distanza da cui muove la tradizione patriarcale.
Le autrici di questo volume esplorano la relazione tra madre e figlia nei testi e nella vita di alcune scrittrici al centro del canone femminista.
Raccontano rapporti intensi e conflittuali, che si intrecciano alla loro stessa storia di donne e critiche letterarie.

(dalla quarta di copertina)

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Negli anni Settanta Tillie Olsen (nata a Omaha, Nebraska, nel 1913) è stata tra le prime voci del femminismo contemporaneo - e una delle più incisive - a mettere in guardia le femministe dal legare la propria emancipazione all’uccisione simbolica della madre, un atto di imitazione della ribellione maschile contro l'autorità paterna che lascia le donne prive di origine. Le giovani femministe bruciavano in piazza i simboli dell'oppressione sessuale delle donne - gli indumenti costrittivi imposti ai loro corpi da madri attente a conservarne il valore sociale, mantenendoli integri e perciò spendibili sul mercato del matrimonio - e rivendicavano il diritto alla sessualità senza procreazione. Quelle giovani donne, però, proprio come le loro madri e nonne, proprio come i loro padri e molte delle donne del passato che ispiravano la loro ribellione, non riuscivano a immaginare una madre che fosse anche artista, o filosofa, o scienziata. Anche per loro la maternità era un annullamento di sé che non lasciava spazio a desideri, passioni, ambizioni. Solo che ciò che fino a quel momento sembrava il destino naturale, perché biologico, e ineluttabile delle donne, ora veniva denunciato come una trappola cui ci si doveva sottrarre. […]
Anche grazie a Olsen la teoria femminista comincia a utilizzare il rapporto madre-figlia come paradigma e modello attraverso cui pensare le relazioni tra donne, da quelle tra insegnante e allieva a quelle tra le studiose di letteratura e le autrici di cui si occupano […] Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta le donne cominciano a guardare il rapporto madre-figlia in modo più complesso e ad analizzare il contesto storico e sociale della maternità. Il nemico viene individuato più chiaramente: non sono le madri, neanche quelle che hanno passato alle figlie l’odio di sé e la convinzione dell’inferiorità femminile, ciò che va combattuto ma l’ideologia patriarcale, di cui esse sono vittime. La letteratura e la teoria cominciano a scrivere dello sviluppo femminile anche con la voce delle madri, non soltanto con quella delle figlie, come chiede Marianne Hirsch nel 1989 nel suo studio dedicato alla relazione madre-figlia in letteratura, The Mother-Daughter Plot. […] La negazione dell’autorità materna, ricorda Muraro, è funzionale alla società patriarcale, che del non saper amare la madre è causa ma anche effetto. Percepire la propria indipendenza simbolica come inevitabilmente fondata sul matricidio, sulla separazione della figlia dalla madre, significa per le donne allinearsi all’ordine simbolico del padre, che per loro è in realtà un disordine che interdice l’accesso alla produzione di un pensiero originale. “Sono nata in una cultura in cui non s’insegna l’amore della madre alle donne”, scrive Muraro in L’ordine simbolico della madre. “Eppure è il sapere più importante, senza il quale è difficile imparare il resto ed essere originali in qualcosa ...”.
Non si tratta soltanto di imparare a guardare al proprio passato con altri occhi o di riscrivere la storia dei rapporti tra donne in altri termini, ma di impegnarsi in un progetto politico, mosso dal desiderio utopico di “rimettere al mondo se stesse” - come scrive Luce Irigaray - attraverso la fondazione di un ordine simbolico alternativo a quello maschile. […]
Neanche la fase del recupero è stata una compatta celebrazione delle madri, perché come ha scritto Adrianne Rich, per quanto attraverso la ragione possiamo perdonare e comprendere, dentro ognuna di noi c’è un’orfana, una bambina che è stata privata della madre, e dalla perdita nasce il rimpianto ma anche la rabbia per l’abbandono. […]
Ciò che importa non è il contenuto della storia, ma che la storia venga raccontata, intricata, conflittuale, intensa di passioni come è. Che la relazione madre-figlia non venga messa da parte come un momento da superare per conquistare l’indipendenza, ma restituita al suo posto legittimo di evento primario e strutturante della nostra identità. […] Questo volume - un piccolo contributo all'imperativo di narrare storie di madri e figlie -nasce da lì, da quel momento di invidia e gratitudine. Le autrici dei saggi qui raccolti sono critiche letterarie che hanno messo da parte la pratica accademica della scrittura per privilegiare una voce narrativa, che non offuscasse la ricchezza della storia con il peso della riflessione teorica. Raccontano storie di rapporti intensi e conflittuali, intrecciando la biografia di alcune scrittrici importanti nel canone femminista con le donne immaginarie di cui esse hanno scritto nelle loro opere.
Ma alla “grande storia non scritta” delle donne, in questi saggi, si guarda anche da altre prospettive: quella del rapporto personale che lega la studiosa all’opera o all’autrice di cui scrive; e, lente attraverso cui inevitabilmente è filtrata la storia della propria lettura, quella del suo rapporto con la madre. (da: Introduzione, pp. 8-22)

Paola Bottalla insegna lingua e letteratura inglese all’Università di Padova e ha precedentemente insegnato per molti anni a Venezia e Trieste. Si occupa in particolar modo di letteratura del Rinascimento, dei rapporti tra letteratura popolare e colta, di traduzione, cura e commento di poesia, di letteratura per bambini (testi e illustrazioni), di letterature post-coloniali, in particolare australiana, soprattutto al femminile.

Renata Morresi è dottore di ricerca in letterature comparate e poesia e cultrice di lingue e letterature angloamericane all’Università di Macerata. Si è occupata di Nancy Cunard su cui sta per pubblicare una monografia critica. Con Marina Camboni è co-curatrice del volume Incontri transnazionali: modernità, poesia, sperimentazione, polilinguismo (2005). Membro della giuria del concorso Poesia in strada (Festival Arti-strada, Colmurano, MC) e poeta ella stessa, è tra gli autori vincitori del Nodo sottile 4 (Crocetti, 2004).

Charlotte Nekola insegna letteratura inglese e americana alla William Paterson University e si occupa in particolare di letteratura e cinema delle donne. Con Paula Rabinowitz ha curato un’antologia di scrittrici americane degli anni Trenta. Oltre a saggi su Ida Lupino, Maya Deren, Margaret Fuller e New York, ha pubblicato un’autobiografia, Dream House, e numerose poesie.

Donna Perry insegna letteratura inglese e americana alla William Paterson University. Ha pubblicato un volume di interviste a scrittrici americane (1993) e co-curato un’antologia di saggi su femminismo, sesso e potere (1996). Ha insegnato in Italia per alcuni mesi, come Fulbright Visiting Professor, e sta scrivendo un volume autobiografico sulla sua esperienza di adolescente cattolica di origini irlandesi negli Stati Uniti degli anni Cinquanta.

Tatiana Petrovich Niegosh è nata a Roma nel 1966. Insegna lingue e letterature angloamericane all’Università di Macerata. Per il progetto MIUR Reti di donne: Soggetti, Luoghi, Nodi Europa-America 1890-1950 (2002-2004) si è occupata dei rapporti tra suffragismo, femminismo e modernità in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.

Paula Rabinowitz insegna studi americani e women’s studies alla University of Michigan e si occupa principalmente di studi culturali e femminismo. Ha pubblicato numerosi articoli e volumi in cui esplora le connessioni tra cinema, fotografia e letteratura nella storia sociale americana del ventesimo secolo. Le sue ricerche sono state finanziate da istituzioni prestigiose come la Mellon e la Rockefeller Foundation ed è stata Fulbright Visiting Professor presso l’Università di Roma Tre.

Stefania Sbarra è nata a Thiene nel 1969. Insegna letteratura tedesca all'Università di Ferrara. Si occupa di letteratura dell'età di Goethe e contemporanea. Con Giuliano Baioni ha curato l'edizione bilingue de I dolori del giovane Werther di Goethe (1998) e il Guglielmo Tell di Schiller (2002).

Anna Scacchi insegna lingua e letteratura angloamericana all'Università di Padova e vive a Roma, dove è nata nel 1959. Si è occupata del rapporto madre-figlia nelle scrittrici americane dell'Ottocento e, in particolare, dell'etica del materno nella scrittura di Charlotte Perkins Gilman. È autrice di un volume su Benito Cereno di Herman Melville (2000) e ha co-curato una raccolta di saggi sulla New York dei primi del Novecento (2004).

Laura Silvestri è nata a Tortona nel 1946 ed è vissuta a Padova fino a ventidue anni. Ora vive a Roma e insegna letteratura spagnola all’Università di Udine. I suoi principali campi di interesse sono i racconti di Borges, la narrativa di FéIix de Azua, il romanzo poliziesco e la questione del gender. Ha una sorella, un fratello, un nipote, una nipotina, due figli e una labrador nera. (da: Biografie pp.259-60)

Dall’indice: Introduzione di Anna Scacchi; A nuoto nella tela. Kate Chopin di Paula Rabinowitz; La madre restia. Charlotte Perkins Gilman e Katharine Chamberlin di Anna Scacchi; M/others: Nancy Cunard, figlia dell’impero, e la paura dell’"Uomo Nero” di Renata Morresi; Ida Lupino! Ida Lupino! di Charlotte Nekola; Conversazioni oblique. Il rapporto madre-figlia nella poesia di Judith Wright di Paola Bottalla; La madre di carta. Cordelia Edvardson ed Elisabeth Langgässer di Stefania Sbarra; Scrivere la vita di una figlia, Jamaica Kincaid di Donna Perry; Amare la madre. Danielle Girard, Carmen Martin Gaite di Laura Silvestri; L’amore molesto di Amalia e Delia di Tatiana Petrovich Njegosh; Bibliografia; Biografie.

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