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Fondo librario "Soggettività femminile"
Teca delle nuove accessioni 2007

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Daniela Padoan, Come una rana d’inverno. Conversazioni con tre donne sopravvissute ad Auschwitz, Milano, Bompiani, 2004

Considerate se questa è una donna / senza capelli e senza nome / Senza più forza di ricordare / Vuoti gli occhi e freddo il grembo / Come una rana d’inverno”. Con questa immagine scarnificata, Primo Levi, nel celebre incipit di Se questo è un uomo, si rivolge ai lettori, evocando donne spogliate della propria identità, non più padrone del proprio corpo - quel grembo - che è tramite vivente della relazione con l’altro. Daniela Padoan raccoglie in questo libro le testimonianze di tre donne - Liliana Segre, Goti Bauer, Giuliana Tedeschi - sopravvissute al campo femminile di Auschwitz-Birkenau. L’autrice conferisce alle tre interviste il ritmo di una lucida, accorata narrazione, fatta di rimandi e relazioni, perché come dice Giuliana Tedeschi “le donne sono maglie, se una si perde, si perdono tutte”. Nella storiografia dello sterminio nazista le donne sono pressoché invisibili, la loro presenza, data per acquisita, è sovrapposta a quella maschile e su questa si appiattisce. Ma come è scritto nella Postfazione “senza dimenticare per un solo istante che l’obiettivo dei nazisti era cancellare dal mondo gli ebrei, uomini o donne che fossero, riflettere sulla peculiarità delle sofferenze e sopraffazioni patite dalle donne, così come sul loro modo di opporre resistenza e rendere testimonianza, può servire ad allargare di un poco l’ambito di riflessione”.

Daniela Padoan, collabora con “Il Manifesto” e con la rivista “Via Dogana”; ha lavorato come autrice per Rai Educational e per diverse trasmissioni radiofoniche di RadioRai. Tra i suoi libri Miti e leggende dei popoli del mondo antico (Sansoni scuola, 1996), Miti e leggende dei popoli del mondo (Sansoni scuola, 1998); ha curato nel 2001 Un’eredità senza testamento. Inchiesta di “Fempres” sui femminismi di fine secolo (I Quaderni di Via Dogana) e nel 2003 Il cuore nella scrittura. Poesie e racconti della Madres de Plaza de Mayo (I Quaderni di Via Dogana).

(dalla quarta di copertina)

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Giungono voci da lontano. Sono voci incerte, da prima, esitanti. Cercano, nelle battute di un dialogo, un punto di appoggio o meglio, una ragione per dire. Dire che cosa? Sono voci sulla Shoah, l’esperienza dello sterminio vissuto da donne che al tempo di quella esperienza erano molto giovani. L’esitazione a entrare nel discorso è questa: qualcosa è accaduto ma non è un’esperienza nel senso umano, magari tremendo ma umano della parola, come la guerra. È, qualcosa che si sporge nel vuoto, sopra un abisso. Certo, lo puoi raccontare, non è indicibile. Ma le voci che parlano si rendono conto di un ostacolo enorme, come di un disturbo neurologico. Non è l’incapacità di narrare, ma l’incapacità della cosa di essere narrata. C’è come un impedimento delle parole a formare una sequenza sensata di eventi. Ci sono invece immagini a scatto, come una luce stroboscopica che rivela gradi di orrore non concepibili, che continuano a susseguirsi senza che vi sia un senso, una ragione, una fine tranne la morte. Le voci esitano, sostano con pudore da un lato, accanto alla memoria delle loro stesse vite. Sono di fronte a una scena che non si poteva esprimere allora e non si può esprimere adesso. […]
Torna, in questo libro, con un intreccio a bassa voce di dettagli, il racconto di ciò che è stato. Voci femminili che, suggerisce la scrittura, raccontano calme ciò che hanno vissuto, ricostruiscono con pacatezza, persino con pazienza, lo spazio nero e vuoto della storia in cui sono state gettate. Il progetto era il delitto immenso e perfetto, ed è questo il fallimento inaccettabile contro cui il negazionismo furiosamente si ribella. Paradossalmente fa ricorso al buon senso per spargere la convinzione che “non è possibile”.
La grandezza di questo libro di voci di donne che dopo molti anni ricordano è l’ostinazione a narrare nei dettagli triviali e orrendi, a lasciare intravedere a chi legge ciò che i loro occhi hanno visto e non possono non testimoniare.
Nessuna memoria della Shoah si sovrappone a un’altra. Nella sua vastità lo sterminio nazista avveniva per forza una vita alla volta, destino per destino. Questo non è un libro in più su un caso doloroso della storia. Questa è la testimonianza unica di tre vite di donne che contro il più vasto e perfetto programma di morte che sia mai stato organizzato sono qui a raccontare. Ascoltatele. (da: Presentazione di Furio Colombo, pp. 5-7)

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