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Fondo librario "Soggettività femminile"
Teca delle nuove accessioni 2007

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Genoveffa Palumbo, L’esile traccia del nome. Storie di donne, di famiglie in un’isola del Napoletano tra età moderna e contemporanea, Napoli, Liguori, 2001

Questo libro parte da un albero genealogico conservato nell’abbazia di Procida, e seguendo le tracce di quei nomi ne ricostruisce le ramificazioni ricomponendo un reticolo parentale di centinaia di nomi. Si delineano così varie storie, legate tutte, anche se in forme diverse, all’isola di Procida. In quest’isola, infatti, dove fino al secolo scorso per generazioni e generazioni si sono intrecciati matrimoni tra nativi, un ordinato archivio consente la ricostruzione dei nuclei familiari per circa quattro secoli. Attraverso la traccia del nome si ricostruiscono parentele e discendenze, abitudini e passioni, conflitti e interessi di molti di coloro che in quest’isola hanno abitato o che, a partire dal secolo scorso, se ne sono allontanati. […] Il nome si rivela così un indicatore prezioso per scoprire molte cose rispetto alla storia della famiglia, e, più in generale, rispetto alla storia di luoghi e persone. Emergono in questo modo nomi veri e nomi falsi, nomi ufficiali e nomi ufficiosi, nomi perduti per sempre o ripetuti più e più volte; si scoprono sistemi incrociati di ripetizione onomastica tipici delle seconde nozze, storie di donne che passano la vita a sentir prediche e che vogliono, per le figlie, nomi di sante, storie di follia e di santità. I luoghi dove il sentiero dei nomi conduce sono straordinariamente ricchi; talvolta possono essere persino inquietanti.

Genoveffa Palumbo, professore a contratto presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli, ha fatto parte del direttivo della Società Italiana delle Storiche e della Commissione ministeriale su “Genere, generazione e culture delle differenze”. Per i nostri tipi ha pubblicato un libro sui catechismi e le immagini dei peccati: Speculum peccatorum, 1990. Tra i suoi ultimi lavori una ricerca compiuta per Rai-Eri: Giubileo, Giubilei, 1999, che ha ricevuto la menzione speciale premio internazionale Ostia.

(dalla quarta di copertina)

Il nome è dunque una traccia che può indicare, attraverso lo studio di come cambiano le abitudini che in un dato posto vigono sulla sua applicazione, molte cose rispetto alla storia della famiglia, e, più in generale, rispetto alla storia stessa di luoghi e persone. Esso può aiutarci anche a ricostruire vicende altrimenti destinate a rimanere, forse per sempre, sconosciute, perché riguardano individui privi dell’abilità di scrittura. È una dibattuta questione, infatti, se attraverso le fonti cosiddette quantitative, le uniche che sovente ci sono rimaste di intere generazioni che non hanno avuto abilità di scrittura, si possa fare anche quella storia di sentimenti dell’animo che altre fonti, disponibili per chi quelle abilità possedeva, ci permettono di fare. Se è vero che la “storia dei nomi” è intimamente legata a conflitti, interessi e sentimenti, questa ricerca può anche, in parte, essere una risposta ad alcune di queste domande.

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Spesso questi individui di cui non ci resta che la traccia del nome sono donne il cui nome - in particolare quello di battesimo – presto dimenticato, o ripetuto nei nomi di nipoti e pronipoti, delinea genealogie assai diverse da quelle che seguono i patrilineari percorsi del cognome. […]

Nonostante siano abbastanza numerosi, in genere, gli studi esistenti sul nome, pochi sono quelli in cui l’interesse storico si sia mostrato effettivamente prevalente su quello linguistico o linguistico-antropologico; non molte sono le ricerche che hanno tentato di approfondire, in uno specifico contesto geografico e in un preciso periodo storico, queste abitudini di denominazione; poche sono quelle che si sono interrogate sul significato delle trasgressioni a tali abitudini. Pochissime, infine, le analisi che hanno utilizzato questa traccia del nome per ricostruire delle genealogie “al femminile” che l’abitudine di attribuire alla seconda figlia femmina il nome della nonna materna, quando riesca ad essere documentata, può consentire di fare. È perciò che appare certamente utile allargare le attuali ricerche soprattutto verso quelle norme familiari o regionali che hanno strutturato il campo sociale e che hanno influenzato, almeno a partire dalle norme tridentine, la scelta e la trasmissione dei nomi.
Per offrire, dunque, un contributo in questa direzione, questa indagine, partendo da un albero genealogico compilato ai primi del XX secolo e conservato in un registro dell’archivio dell’abbazia di San Michele Arcangelo di Procida, tenterà di ricomporne i vari rami, compresi quelli dei collaterali e quelli di coloro che l’emigrazione aveva fatto allontanare da Procida, per quanto possibile, fino ai primi anni del Seicento. (da: Introduzione, pp. 1-8)

Dall’indice: 1 - Il nome e il morto. Tecniche della memoria e tempi dell’oblio in un’isola del Napoletano; 2 - Il nome e il santo. Il radicamento delle normative tridentine nelle consuetudini femminili e maschili; 3 - Il nome e l’identità: nomi, soprannomi, contronomi. Il gioco dei nomi e la variabile identità tra ‘Ancien régime’ e modernizzazione; 4 - Il nome e il luogo. Legami riaffermati, legami dimenticati: traccia del luogo nelle regole dei nomi; 5 - Nome, dote, eredità. I limiti di un modello interpretativo tra Napoli e l’isola di Procida; 6 - Nomi e persone. Nomi religiosi, nomi laici, nomi maschili, nomi femminili: regole e tradizioni tra età moderna e contemporanea.

Collegamenti

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