Genoveffa Palumbo, L’esile traccia
del nome. Storie di donne, di famiglie in un’isola del
Napoletano tra età moderna e contemporanea, Napoli,
Liguori, 2001
Questo
libro parte da un albero genealogico conservato nell’abbazia di Procida, e seguendo
le tracce di quei nomi ne ricostruisce le ramificazioni ricomponendo
un reticolo parentale di centinaia di nomi. Si delineano così varie
storie, legate tutte, anche se in forme diverse, all’isola
di Procida. In quest’isola, infatti, dove fino al secolo
scorso per generazioni e generazioni si sono intrecciati matrimoni
tra nativi, un ordinato archivio consente la ricostruzione
dei nuclei familiari per circa quattro secoli. Attraverso la
traccia del nome si ricostruiscono parentele e discendenze,
abitudini e passioni, conflitti e interessi di molti di coloro
che in quest’isola hanno abitato o che, a partire dal
secolo scorso, se ne sono allontanati. […] Il nome si
rivela così un indicatore prezioso per scoprire molte
cose rispetto alla storia della famiglia, e, più in
generale, rispetto alla storia di luoghi e persone. Emergono
in questo modo nomi veri e nomi falsi, nomi ufficiali e nomi
ufficiosi, nomi perduti per sempre o ripetuti più e
più volte; si scoprono sistemi incrociati di ripetizione
onomastica tipici delle seconde nozze, storie di donne che
passano la vita a sentir prediche e che vogliono, per le figlie,
nomi di sante, storie di follia e di santità. I luoghi
dove il sentiero dei nomi conduce sono straordinariamente ricchi;
talvolta possono essere persino inquietanti.
Genoveffa
Palumbo, professore a contratto presso l’Istituto Universitario Orientale
di Napoli, ha fatto parte del direttivo della Società Italiana
delle Storiche e della Commissione ministeriale su “Genere,
generazione e culture delle differenze”. Per i nostri
tipi ha pubblicato un libro sui catechismi e le immagini dei
peccati: Speculum peccatorum, 1990. Tra i suoi ultimi
lavori una ricerca compiuta per Rai-Eri: Giubileo, Giubilei,
1999, che ha ricevuto la menzione speciale premio internazionale
Ostia.
(dalla quarta di copertina)
Il nome è dunque una
traccia che può indicare, attraverso lo studio di come
cambiano le abitudini che in un dato posto vigono sulla sua
applicazione, molte cose rispetto alla storia della famiglia,
e, più in generale, rispetto alla storia stessa di
luoghi e persone. Esso può aiutarci anche a ricostruire
vicende altrimenti destinate a rimanere, forse per sempre,
sconosciute, perché riguardano individui privi dell’abilità di
scrittura. È una dibattuta questione, infatti, se attraverso
le fonti cosiddette quantitative, le uniche che sovente ci
sono rimaste di intere generazioni che non hanno avuto abilità di
scrittura, si possa fare anche quella storia di sentimenti
dell’animo che altre fonti, disponibili per chi quelle
abilità possedeva, ci permettono di fare. Se è vero
che la “storia dei nomi” è intimamente
legata a conflitti, interessi e sentimenti, questa ricerca
può anche, in parte, essere una risposta ad alcune di
queste domande.
Spesso
questi individui di cui non ci resta che la traccia del nome
sono donne il cui nome - in particolare quello di battesimo – presto dimenticato,
o ripetuto nei nomi di nipoti e pronipoti, delinea genealogie
assai diverse da quelle che seguono i patrilineari percorsi
del cognome. […]
Nonostante
siano abbastanza numerosi, in genere, gli studi esistenti
sul nome, pochi sono quelli in cui l’interesse storico si sia mostrato effettivamente
prevalente su quello linguistico o linguistico-antropologico;
non molte sono le ricerche che hanno tentato di approfondire,
in uno specifico contesto geografico e in un preciso periodo
storico, queste abitudini di denominazione; poche sono quelle
che si sono interrogate sul significato delle trasgressioni
a tali abitudini. Pochissime, infine, le analisi che hanno
utilizzato questa traccia del nome per ricostruire delle genealogie “al
femminile” che l’abitudine di attribuire alla seconda
figlia femmina il nome della nonna materna, quando riesca ad
essere documentata, può consentire di fare. È perciò che
appare certamente utile allargare le attuali ricerche soprattutto
verso quelle norme familiari o regionali che hanno strutturato
il campo sociale e che hanno influenzato, almeno a partire
dalle norme tridentine, la scelta e la trasmissione dei nomi.
Per offrire, dunque, un contributo in questa direzione, questa
indagine, partendo da un albero genealogico compilato ai primi
del XX secolo e conservato in un registro dell’archivio
dell’abbazia di San Michele Arcangelo di Procida, tenterà di
ricomporne i vari rami, compresi quelli dei collaterali e quelli
di coloro che l’emigrazione aveva fatto allontanare da
Procida, per quanto possibile, fino ai primi anni del Seicento.
(da: Introduzione, pp. 1-8)
Dall’indice:
1 - Il nome
e il morto. Tecniche della memoria e tempi dell’oblio
in un’isola del Napoletano; 2 - Il nome e
il santo. Il radicamento delle normative tridentine nelle
consuetudini femminili e maschili; 3 - Il nome e
l’identità: nomi, soprannomi, contronomi. Il
gioco dei nomi e la variabile identità tra ‘Ancien
régime’ e modernizzazione; 4 - Il nome
e il luogo. Legami riaffermati, legami dimenticati: traccia
del luogo nelle regole dei nomi; 5 - Nome, dote,
eredità. I limiti di un modello interpretativo tra
Napoli e l’isola di Procida; 6 - Nomi e persone.
Nomi religiosi, nomi laici, nomi maschili, nomi femminili:
regole e tradizioni tra età moderna e contemporanea.
Collegamenti
http://www.iuo.it/
http://www.iuo.it/SitoArchiviodelledonne
http://www.liguori.it/
http://www.stmoderna.it/
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