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Fondo librario "Soggettività femminile"
Teca delle nuove accessioni 2007

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Jung Chang, Cigni selvatici. Tre figlie della Cina, Milano, Tea, 2006

La storia vera di «tre figlie della Cina» – l’autrice, sua madre, sua nonna – le cui vite e le cui sorti rispecchiano un tumultuoso secolo di vita cinese, un’epoca di rivoluzione, di tragedie e di speranze. Grazie allo straordinario talento di Jung Chang, i drammatici ricordi personali si fondono con una monumentale saga umana, e un documento storico si trasforma in un’indimenticabile narrazione letteraria di sapore classico.

Jung Chang è nata a Yibin, nella provincia cinese del Sichuan, il 25 marzo 1952. Ha lasciato il suo paese nel 1978 e si è trasferita in Gran Bretagna, a York, dove è stata la prima studentessa della Repubblica Popolare Cinese a conseguire un dottorato. Vive attualmente a Londra. Cigni selvatici, sua prima opera, è stata uno dei casi letterari più clamorosi degli ultimi anni, con traduzioni in ventisei lingue e oltre otto milioni di copie vendute in tutto il mondo, ed è stata insignita del NCR Arward (per il miglior libro di saggistica), del British Writers’ Guild Award e del premio Book of Year per il 1993.

(dalla quarta di copertina)

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Ascoltando mia madre, mi sentii sopraffare dal suo desiderio struggente di essere compresa da me. Mi colpì anche il fatto che le sarebbe piaciuto davvero che scrivessi. Dava l’impressione di sapere che quanto mi stava davvero a cuore era scrivere, e m’incoraggiava a realizzare i miei sogni. Non mi incitava avanzando richieste esplicite, cosa che non rientrava nel suo modo di fare, ma fornendomi delle storie ... e mostrandomi in che modo affrontare il passato. Sebbene avesse vissuto un’esistenza piena di sofferenze e di prove difficili, i suoi racconti non erano intollerabili o deprimenti, anzi, rivelavano una vena di forza che risollevava lo spirito.

Fu mia madre, in fondo, a ispirarmi la stesura di Cigni selvatici, la storia di mia nonna, di mia madre e mia, sullo sfondo dei turbolenti avvenimenti della Cina del ventesimo secolo. Per due anni versai la mia buona dose di lacrime, mi girai e mi rigirai notti intere senza chiudere occhio. Non avrei tenuto duro, se non fosse stato che ormai avevo trovato un amore che mi riempiva la vita e mi proteggeva con la sua profonda tranquillità (da: Introduzione all’edizione 2003, p. XII).

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