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Fondo librario "Soggettività femminile"
Teca delle nuove accessioni 2007

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Anna Achmatova, Amedeo Modigliani ed altri scritti, a cura di Eridano Bazzarelli, Milano, SE, 2004

Questo volume comprende alcuni degli scritti in prosa di Anna Achmatova (1889-1966): scritti critici e di memoria. Ritroviamo qui le stesse caratteristiche dello stile dell’Achmatova poetessa: limpidezza della lingua, ricchezza della sostanza letteraria ed esistenziale, intensa partecipazione emotiva filtrata attraverso il rigore della parola. Le prose critiche costituiscono capitoli diversi, interiormente legati, di un libro ideale, mai compiuto, dedicato a Puškin, che fu veramente il grande maestro e il grande ispiratore di Anna Achmatova. Di carattere memorialistico (ma anche, in parte, critico) sono gli altri scritti, dedicati a poeti come Blok e Mandel’štam, a poeti e traduttori insigni come Lozinskij: tutti momenti fondamentali della cultura russa, con una eccezione: Amedeo Modigliani. Forse non si tratta di una vera e propria eccezione: anche Modigliani, se non altro per il tenero e delicatissimo affetto che lo legò per qualche tempo ad Anna e per il bellissimo ritratto che dipinse di lei, ci pare abbia il diritto di far parte di una storia ideale della cultura russa. In quel famoso ritratto, più che Anna Achmatova si rispecchia il «mistero» di Anna Achmatova: la straordinaria purezza della sua forma e la profonda inquietudine della materia del suo poetare, l’aspirazione a un’emozione rinascimentale e il presagio del tumulto e delle angosce. E le rose che Anna gettò un giorno lontano nel cortile parigino di Modigliani mandano sempre il loro delicato profumo, anche attraverso le altre pagine del libro. Nei suoi ricordi, con pochi tratti essenziali, brevi illuminazioni, rievoca dunque gli amici poeti, risuscitando immagini e sentimenti del passato e permettendo anche di capire aspetti meno noti della personalità di quegli artisti straordinari, a cui Anna era legata da profonda amicizia.

(dalla seconda di copertina)

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Nota biografica

1889 – 1906

Anna Andreevna Gorenko, universalmente conosciuta con lo pseudonimo di Anna Achmatova, nasce, terza di cinque figli, l’11 giugno 1889 a Bol’šoi Fontan, un sobborgo di Odessa, da Andrej, ingegnere della flotta navale, e da Inna Erazmovna, di nobile famiglia, che aveva preso parte al movimento rivoluzionario nel gruppo populista «Narodnaja Volja» (La volontà del popolo).
L’anno successivo il padre va in pensione, e la famiglia si trasferisce nei dintorni di Pietroburgo: prima a Pavlovsk e poi, sino al 1905, a Carskoe Selo, residenza estiva della corte imperiale e sede di un liceo che ebbe tra i suoi allievi anche A. S. Puškin. In uno dei numerosi frammenti autobiografici, scrive: «Ho imparato a leggere sui Libri di lettura di Tolstoj e a cinque anni, ascoltando la mia insegnante, ho incominciato a parlare francese. Ho scritto la mia prima poesia quando avevo undici anni».
A dieci anni supera una grave malattia, probabilmente una forma di vaiolo. Frequenta il ginnasio di Carskoe Selo, dove conosce il già noto poeta Nikolaj Stepanovič Gumilëv, che si innamora perdutamente di lei, sino a tentare il suicidio.
Nel 1905 i genitori si separano e Anna si trasferisce, con la madre e i fratelli, a Evpatorija, sul Mar Nero. Termina gli studi ginnasiali a Kiev e si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso i Corsi femminili superiori, essendo a quel tempo l’accesso all’università vietato alle donne.

1907-1913

Nel 1907 pubblica su «Sirius», la rivista edita da N.S. Gumilëv a Parigi, dove egli si è trasferito l’anno precedente, una poesia a firma A.G.
Nel 1910 acconsente a sposare Gumilëv, che non ha mai smesso di amarla. Dopo aver trascorso insieme alcune settimane a Parigi, dove Anna conosce, tra gli altri, Amedeo Modigliani, torna in Russia, a Pietroburgo. Lascia la facoltà di Giurisprudenza e frequenta i corsi teorico-letterari, conoscendo il poeta Innokentij Annenskij, che considererà uno dei suoi maestri.
Nel 1911 Gumilëv, con S. M. Gorodeckij, fonda la Ghilda dei Poeti {Čech Poetov), da cui nascerà il movimento acmeista, sorto come reazione all’imperante simbolismo, che ha in Aleksandr Blok il suo più alto rappresentante. In un frammento autobiografico Anna scrive: «Nel 1910 fu proclamata la crisi del simbolismo, e i giovani poeti non seguivano più questa tendenza. Gli uni scelsero il futurismo, gli altri l’acmeismo. Io divenni acmeista». Faranno parte del movimento anche Osip Mandel'štam e Michail Kuzmin.
Nella primavera di questo anno Anna Gorenko torna a Parigi e la sua amicizia con Modigliani si approfondisce. Insieme leggono i poeti francesi, soprattutto Baudelaire, insieme vagano per le strade di Parigi e visitano il Louvre, e Modigliani le dedica una serie di ritratti, di cui solo uno è giunto sino a noi.
Tornata a Pietroburgo insieme al marito, l’Achmatova partecipa ai mercoledi letterari in casa di Vjačeslav Ivanovič Ivanov, filosofo, filologo e poeta, il «pontefice massimo» del simbolismo russo. In quell’attico, la famosa Torre, i poeti recitano i loro versi, e lì si impone all’attenzione generale l’Achmatova. Due sue poesie vengono pubblicate su riviste pietroburghesi, e inoltre inizia la sua collaborazione ad «Apollon», rivista considerata l’organo non ufficiale degli acmeisti.
Nel 1912 pubblica il suo primo volume di versi, Večer (La sera), sostituendo il cognome paterno con quello della nonna, Achmatova, principessa tatara. «Fu stampato in trecento esemplari in tutto» scrive Anna. «La critica lo accolse favorevolmente». Agli inizi di questo anno, incinta, compie con il marito un viaggio in Italia (Genova, Padova, Venezia, Bologna, Pisa, Firenze): «L’impressione ricevuta dalla pittura e dall’architettura italiana fu enorme:» scrive «simile a un sogno che ricordi tutta la vita». Il suo unico figlio, Lev Nikolaevič, nasce il 1° ottobre 1912.
Nel 1913 esce sulla rivista «Apollon», lo scritto di Gumilëv Nasledie simvolizma i akmeizm (L’eredità del simbolismo e l’acmeismo), una sorta di manifesto del movimento.

1914 – 1920

Nel 1914 1’Achmatova pubblica il suo secondo libro, Četki (Rosario). Allo scoppio della guerra, dietro richiesta della stessa Achmatova e di Mandel’štam, viene chiusa la Ghilda dei Poeti.
Nel 1915 si ammala di tubercolosi ed entra in crisi il rapporto con Gumilëv, che viene inviato al fronte.
Dopo lo scoppio della Rivoluzione, esce, nel 1917, la sua terza raccolta di poesie, Belaja staja (Stormo bianco). La sua fama è all’apice.
Nel 1918 viene ratificato il divorzio con Gumilëv, e il figlio Lev viene allevato dalla nonna paterna a Slepnevo. Si conclude così un’unione che era stata decisiva nella formazione poetica della Achmatova, e, ancora molti anni dopo la sua tragica fine, Gumilëv continuerà a essere presente nella vita e nei versi della poetessa. In questo stesso anno si unisce a Mosca in seconde nozze con V. K. Šilejko, famoso assiriologo e poeta appartenuto alla Ghilda. Un gran numero di aristocratici, di borghesi, di intellettuali lasciano la Russia.
Dei poeti appartenuti alla Ghilda solo Mandel’štam, Zenkevič e l’Achmatova si rifiutano di lasciare la patria. Si impiega come bibliotecaria presso l’Istituto di Agronomia, e questo le permette di sopravvivere in quegli anni terribili.

1921-1933

Nel 1921 Gumilëv viene fucilato, con l’accusa di attività controrivoluzionaria. Il 7 agosto muore Aleksandr Blok. La poetessa pubblica Podorožnik (Piantaggine), e l’anno successivo Anno Domini MCMXXI, che include anche le liriche della pubblicazione precedente e in cui compaiono spunti di poesia civile e religiosa. Anche per questo viene attaccata dalla critica ufficiale e i suoi libri vengono proibiti e non si ristampano.
Nel 1925 si separa da Šilejko e si lega, sino al 1938, al critico e studioso di arte Nikolaj Punin, ma anche questa sarà un’unione tormentata: tra l’altro sono costretti a vivere, a causa della crisi degli alloggi, nello stesso appartamento con la ex moglie e la figlia di Punin e Lev, tornato a vivere dal 1928 con la madre. Forse anche a causa di questa situazione, e più in generale del clima che la Russia sta vivendo e che già lascia presagire il terrore staliniano che di lì a poco si sarebbe scatenato, la produzione poetica dell’Achmatova è scarsissima.
Il 14 aprile 1930 Vladimir Majakovskij si suicida, e anche questo appare come un presagio. In questi anni l’Achmatova si dedica alla critica e alla traduzione; inizia i suoi studi sull’architettura della vecchia Pietroburgo e su Puškin. Rinnova inoltre l’antico sodalizio con Mandel’štam, anche sulla base del comune amore per Dante e per la Divina Commedia, che entrambi imparano a memoria in italiano.

1934 - 1940

Nel 1934 il Primo congresso dell’Unione degli scrittori sovietici dichiara il realismo socialista come l’unica dottrina estetica del regime, preparando così la repressione di tutto ciò che era ad esso estraneo. Nel dicembre dello stesso anno l’assassinio di Kirov offre a Stalin il pretesto di una prima ondata di arresti di elementi giudicati sospetti, a cui seguiranno le repressioni di massa. In campo artistico cadono vittime del terrore, o vengono imprigionati, tra gli altri, Mandel’štam, Babel’, Kljuev, Oleša, Mejerchol’d. E proprio alla vigilia di questa carneficina l’Achmatova riprende con intensità a scrivere versi, tra cui Voronez, dedicata a Mandel’štam, che riflettono la situazione tragica di quegli anni. Nel 1935 inizia a comporre Rekviem (Requiem), ciclo di poesie ultimato nel 1940, e che per anni sarà conservato a mente dalla stessa Achmatova e da alcune amiche, tra cui Nadežna Mandel’štam, nell’impossibilità di pubblicarlo e nel timore che, se trascritto, potesse venir scoperto da elementi del regime e quindi distrutto.
Nel 1938 viene arrestato per la seconda volta Lev Gumilëv, sospettato di ostilità al regime (era già stato imprigionato nel 1935 e rilasciato per mancanza di prove). Per diciassette mesi, in attesa della sentenza, l’Achmatova si reca quasi tutte le mattine al carcere Kresty (Croci) di Leningrado. Presso le sue mura, confusa tra le altre donne in interminabili file, consuma il calvario dell’attesa per poter consegnare un pacco, o almeno per avere notizie. Lev viene condannato a morte, pena poi commutata nella deportazione. Nel maggio dello stesso anno viene nuovamente arrestato Mandel’štam e deportato in un lager presso Vladivostok, dove muore.
Agli inizi del 1940 appaiono sulle riviste «Zvezda» (La stella) e «Leningrad» alcuni versi dell’Achmatova. A maggio viene pubblicata una sua raccolta di versi scelti, con il titolo Iz šesti knig (Da sei libri). In ottobre ha il primo attacco di cuore.
Terminato Rekviem, inizia a comporre Poema bez geroja (Poema senza eroe): lavorerà a quest’opera, una delle sue più alte, per ventidue anni.

1941 – 1943

Il 22 giugno l’Unione Sovietica è invasa dai nazisti. Lev Gumilëv, ancora in carcere, si offre volontario ed è inviato al fronte. Durante l’assedio di Leningrado l’Achmatova viene evacuata e raggiunge Mosca; poi si trasferirà a Taškent, nell’Uzbekistan. A Mosca incontra Marina Cvetaeva, tornata in patria nel 1939 dopo un lungo esilio, che il 31 agosto si suicida a Elabuga.
Nel 1943 esce a Taškent la raccolta poetica Izbrannoe (Poesie scelte).
Nel maggio 1944 torna a Mosca. Dopo la fine della guerra, nell’atmosfera euforica della vittoria, si stabilisce un clima di relativa tolleranza, e liriche dell’Achmatova appaiono sulle riviste «Zvezda» e «Leningrad». Viene anche invitata a prender parte a una serata di poesia, riportando un enorme successo. Nell’autunno del 1945 ha un fugace rapporto amoroso con Isaiah Berlin, primo segretario dell’ambasciata inglese, che rivedrà nel gennaio dell’anno seguente: il rapporto diviene noto e scatena le ire della polizia politica. Di ritorno a Leningrado riesce finalmente a sapere, dopo lunghi anni di assenza di notizie, che il figlio è vivo.

1946 -1952

Nel 1946 esce a Mosca un nuovo libro di poesie: Stichotvorenija 1909-1945 (Versi 1909-1945). Nello stesso anno viene espulsa dall’Unione degli scrittori, con l’accusa di estetismo e disimpegno politico. Viene sottoposta a un vero e proprio processo, e sono accusati, con lei, anche il prosatore Michail Zoščenko e le riviste «Zvezda» e «Leningrad», per aver pubblicato suoi versi, «estranei allo spirito del popolo sovietico».
Il 30 settembre e il 6 novembre 1949 vengono nuovamente arrestati Punin, che morirà in un lager, e Lev Gumilëv.
Nel 1950 l’Achmatova, che teme di perdere definitivamente il figlio, accetta, su consiglio di amici, di scrivere un ciclo di quindici poesie dedicate a Stalin e alla sua politica, Slava miru (Gloria alla pace), che la rivista «Ogonëk» pubblica ne1 195O. Con questo atto salva, verosimilmente, la vita al figlio.

1953 - 1966

Nel 1953 muore Stalin, e negli anni successivi sue poesie ricominciano ad apparire su riviste. Nel 1955 viene «riabilitata», nel clima di disgelo dopo l’ascesa al potere di Kruščëv e il XX congresso del PCUS. L‘anno successivo Lev Gumilëv viene liberato.
Nel 1958 escono, a cura di A. Surkov, due antologie di versi achmatoviani, ma nella Grande storia della letteratura Russo-Sovietica, edita in questi anni dall’Accademia delle Scienze dell’Urss, il suo nome non appare.
Nel 1962 trascrive su carta il testo di Requiem e lo invia alla rivista «Novyj Mir», che non lo pubblica. Uscirà l’anno successivo a Monaco di Baviera, a cura dell’Associazione degli scrittori fuoriusciti, e nell’Unione Sovietica soltanto nel 1987, sulle riviste « Oktjabr’», n. 3, e « Neva », n. 6.
Nel gennaio 1964 la traduzione di quel ciclo di poesie, a cura di Carlo Riccio, viene pubblicata sulla rivista «Tempo Presente» (anno XI, n. 1). In dicembre, su interessamento della Comunità europea degli scrittori, Anna Achmatova riceve di persona (è il primo permesso di recarsi all’estero che le viene concesso dopo la Rivoluzione) il premio Etna-Taormina assegnatole. Come segno di riconoscenza per il nostro paese tradurrà, con N. Najman, i Canti di Leopardi.
Nel giugno 1965, in Inghilterra, riceve la laurea «honoris causa» dell’università di Oxford. In autunno, esce a Leningrado una sua raccolta di versi con il titolo Beg vremeni (La corsa del tempo), che contiene, oltre a una scelta vastissima dai primi cinque libri, le liriche degli ultimi anni e il ciclo Venec mertvym (Un serto ai morti), in memoria degli amici scomparsi, vittime delle persecuzioni e delle stragi staliniane.
Ormai riconosciuta anche in patria, e dalle stesse istituzioni culturali sovietiche, come uno dei massimi poeti russi del secolo, muore il 5 marzo 1966 a Domodedovo, presso Mosca, per un attacco cardiaco.

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Dall’indice: Amedeo Modigliani; Mandel’ štam (Fogli d’album); Ricordo di Aleksandr Blok; Sui versi di Nadežda L’vova; «Slovo» su Puškin; L’«Adolphe» di Benjamin Constant nell’opera di Puškin; «Il convitato di pietra» di Puškin; Postfazione di Eridano Bazzarelli; Nota biografica; Appendice iconografica

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