Rita
Charbonnier, La sorella di Mozart, Milano, Corbaccio,
2006
Wolfgang
Amadeus Mozart, il più grande compositore di tutti i tempi, aveva una sorella
che era a sua volta un genio musicale e con la quale si esibiva
durante l’infanzia, sotto la guida rigida del padre Leopold.
Ma d’un tratto della sorella, Nannerl, sembra scomparire
ogni traccia.
La figura del genio fanciullo giganteggia nel tempo e tutt’intorno
si fa ombra. Perché mai? Cosa accadde di quel prodigioso
talento, nato in un corpo di donna? Rita Charbonnier ha deciso
di addentrarsi nel regno indistinto della storia non scritta
e di restituire a Nannerl Mozart quella personalità che
solo a tratti si può intuire nelle poche lettere che
di lei ci rimangono. Ne è nato un romanzo da cui emerge
una vibrante figura femminile del Settecento, per tanti versi
così vicina a una donna del nostro tempo. Gli amori
di Nannerl - il fratello minore prima di tutto, e poi i due
grandi uomini della sua vita - sono influenzati dal suo vero,
unico, grandissimo amore, quello per la musica che la porta
a lottare senza sosta per esprimere il proprio talento, alla
ricerca di un riconoscimento che appare sempre più lontano,
ma forse non è davvero irraggiungibile...
Rita
Charbonnier ha studiato pianoforte classico e canto operistico;
si è esibita
come attrice e cantante in diverse produzioni teatrali di primo
livello, prima di dedicarsi completamente alla scrittura. È sceneggiatrice
televisiva e giornalista di spettacolo, specializzata nel teatro
musicale. La sorella di Mozart è il suo primo
romanzo.
“Con lentezza, la mano
dell’uomo si spostò dalla sua spalla fino al collo
e poi alla guancia, e lì si fermò ad assaporare
il contatto della pelle che s’era fatta umida. Respirando
dalla bocca, trattenendo l’affanno. Nannerl chiuse gli
occhi e piegò leggermente il capo, beandosi di quella
carezza. Poi mantenendo gli occhi chiusi, sollevò morbide
le braccia e posò le dita sulla tastiera. Accarezzava
dolcemente i tasti mentre Armand accarezzava lei, senza affondare,
senza ticchettare le unghie sull’avorio e l’ebano,
senza creare il più leggero suono.”
(dalla seconda, terza e quarta
di copertina)
Allora,
allo stesso modo, io la pregherei di non fare illazioni di
alcun genere sul mio abbandono dell’attività concertistica e della
composizione. I suoi discorsi, Maggiore, sono sale sulla ferita.
Una ferita che sanguina ogni giorno, poiché in ogni
istante, anche in questo preciso istante, esattamente come
quand’ero bambina, la musica preme dentro di me per uscire; è come
l’onda d’assalto di un’ubriacatura che dalle
mie viscere si spinge fino alla gola ed al cervello e lo fa
turbinare; è una tempesta interna che non può trovare
sfogo, dunque l’unica mia possibilità è ignorarla
e dedicarmi ad altro. Le è chiaro, adesso, Armand?
L’insegnamento, e particolarmente a Victoria che come
ben sa è la mia migliore allieva, è l’unico
angusto sentiero nel quale io riesca a convogliare e costringere
questo marasma e farlo tacere, almeno temporaneamente. E lei,
come anche mio fratello, mi viene adesso a dire che sto sprecando
il mio talento? E con quale diritto?
Mi perdoni; non sono riuscita a moderare i toni. Non so neanche
se le farò avere questa lettera. Forse farei meglio
a stracciarla, ed aspettare altro tempo, e in seguito fingere
con me stessa d’aver dimenticato le sue parole. Nannerl
Mozart, Salisburgo, 24 marzo 1777. (p. 14 )
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