Nadia
Gallico Spano, Mabrúk. Ricordi di un’inguaribile
ottimista, AM§D Edizioni, Cagliari, 2005
Alla
vigilia della seconda guerra mondiale la giovanissima Nadia
Gallico, (appartenente ad una famiglia ebrea antifascista
residente a Tunisi dalla seconda metà dell’Ottocento)
sposa il rivoluzionario di professione Velio Spano, ricercato
dalle polizie di tutta Europa, esule sardo originario del
centro minerario di Guspini, circondato dal mito di eroe
imprendibile.
Italiani e francesi, ebrei e musulmani, comunisti e gollisti,
suore e liberi pensatori compongono la Tunisi multietnica,
nella quale Nadia e Velio iniziano la loro vita in comune,
che non si arrende all’avanzata del nazismo e trova nella
solidarietà della famiglia Gallico, offerta a tutti
i perseguitati politici, un rifugio sicuro.
Napoli liberata, città dai mille volti della sofferenza
umana, laboratorio politico dell’Italia democratica, è la
tappa iniziale della nuova vita. Il referendum istituzionale
e le elezioni per l’Assemblea Costituente sono la prima
grande prova politica per le donne italiane: il 2 giugno del
1946, al compimento dei trent’anni, Nadia viene eletta
deputato nelle liste del partito comunista. La famiglia e la
politica saranno i suoi impegni totali.
Inviata dal partito a fondare in Sardegna le strutture femminili,
percorrerà, paese per paese, un’isola famosa per
il suo arcaismo in un paesaggio che sembra una continuazione
di quello tunisino. Le tappe fisse sono Cagliari dalla bianca
spiaggia del Poetto, Guspini luogo di antichi affetti e Carbonia,
la città delle miniere occupate per mesi dagli operai.
Nadia deputato e Velio senatore si incontrano, allevano ed
educano le loro tre figlie tra un aereo e l’altro, tra
una riunione politica e un comizio, tra un’occupazione
delle terre e il viaggio in Cina per la proclamazione della
Repubblica popolare.
I ricordi di Nadia, venati di sottile ironia, ricostruiscono
quasi un secolo di storia attraverso la rievocazione di lotte
e solidarietà ma anche di amicizie e passioni.
Mabrúk, in Tunisia significa benedetto, come segno di
augurio per occasioni liete.
(dalla quarta di copertina)
E così, queste sono
le memorie di una «inviata del demonio»: una donna
che, prima che cominciassero a diventare conquiste riconosciute,
praticava la pericolosa arte di pensare con la sua testa, di
vivere l’uguaglianza e la differenza, di parlare in pubblico,
di essere nel mondo come persona di pieno diritto. Erano tempi
complicati, non solo la guerra ma quel dopoguerra in cui le
donne si affacciavano ai diritti di cittadinanza, e c’era
nella Chiesa cattolica chi si arrogava il diritto di decidere
chi è umano e chi no -e chiamava «bestiole» le
bellissime bambine non battezzate di una Comunista.
Il paradosso, semmai, è che se in questa autobiografia
c’è un centro narrativo, un asse portante, questo è proprio
la famiglia […] una «normale» famiglia
nucleare: due genitori che si vogliono bene, figlie amate,
assistenza ricevuta e data da zii, nonni e cugini, separazioni
e riunioni, rapporti intergenerazionali che si ricompongono
anche al di sopra delle fratture politiche. È una storia
politica incrociata con la domesticità, dove i capitoli
prendono il nome dalle case - case trovate, lasciate, descritte … Poi,
se vai a guardare più da vicino, ti accorgi della diversità:
per esempio, in quelle case il nucleo familiare di Nadia e
Velio Spano e delle loro bambine vive spesso insieme con altre
famiglie, altre coppie, altre persone – e la coabitazione
non è mai descritta come una sofferenza ma sempre come
un arricchimento di rapporti, per un gruppo familiare che non è mai
stato isolato o separato. (da: Prefazione di Sandro
Portelli, pp. 7-8)
Dall’indice: Prefazione di
Sandro Portelli; Il mio incontro con la Sardegna (1945); Tunisi
scomparsa (1916-1939); I cinque anni che cambiano
la mia vita (1939-1945); In Italia (1945-1946); Gli
anni sardi (1947-1958); Via Crescenzio (1959-2005).
Collegamenti
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