Vittoria Vittoria, Napoli New York 2000-1900, Soveria
Mannelli, Rubbettino, 2006
Questo libro nasce dal fortuito ritrovamento di un pacchetto
di lettere che due giovani – nonni dell’autrice – si
scambiarono all’inizio del secolo passato. Angelina,
giovanissima ischitana, si trovava a Napoli per un soggiorno
presso parenti. Umberto, restauratore di dipinti presso l’Accademia
delle Belle Arti di Napoli, vide Angela per strada e se
ne innamorò follemente, tanto da seguirla e scriverle
le lettere d’amore ritrovate dalla nipote circa un secolo
dopo. La copia delle lettere è stata utilizzata dall’autrice
per stabilire un legame con la figlia Paola, biologa presso
il Memorial Hospital di New York. Un legame capace di superare
l’oceano, i fusi orari, l’intreccio della quotidianità:
un modo per farle sentire, attraverso la storia familiare,
la reciproca appartenenza. Il libro si sviluppa su tre piani:
le lettere sono diventate “attachment” di messaggi
di posta elettronica scambiati tra Napoli e New York e nel
libro si intersecano con le riflessioni per e-mail, e con il
racconto di una voce narrante che rievoca e rielabora le vicende
dell’inizio del secolo. È una finestra sulla sensibilità femminile
e sulla condizione della donna del secolo passato e un confronto
tra quattro generazioni di donne.
Vittoria
Vittoria è nata
a Napoli, dove si è laureata in chimica e dove ha lavorato
come ricercatrice presso il laboratorio di ricerca del CNR
sulla Scienza e Tecnologia dei Materiali Polimerici. Attualmente è Professore
Ordinario di Fondamenti Chimici delle Tecnologie presso la
Facoltà di Ingegneria dell’Università di
Salerno. Svolge attività di ricerca nel campo delle
nanotecnologie per l’ottenimento di materiali avanzati
per alte prestazioni.
(dalla quarta di copertina)
Da: Vittoria Vittoria
A: Paola de Candia
Data Invio: domenica
7 maggio 2000
Oggetto: emozioni
Paola, fin da quando sei partita per New York – e nella
mia mente sono apparsi due immensi anni senza la tua inquieta
presenza – avevo intenzione di andare da zia Angela per
guardare quelle famose carte sbucate dall’armadio del
nonno Umberto. In realtà lei me ne aveva parlato tanto
tempo fa, in modo fuggevole, dicendomi che, dopo la morte del
nonno e di zia Paola, che le aveva gelosamente custodite, l’ultima
zia rimasta viva – Lucia – le aveva ritrovate e,
senza nemmeno sapere cosa fossero, voleva buttarle. Ma lei,
dopo averla aiutata a metterle nei sacchetti della spazzatura
e a depositarle davanti alla porta perché fossero rimosse,
era tornata a casa con un senso di rimorso e di inquietudine.
E allora, prima che il sacchetto fosse raccolto e buttato definitivamente
nel contenitore esterno – dove le carte sarebbero state
inghiottite per sempre – era corsa a riprenderle e le
aveva portate via con sé. […] Io non ci avevo
prestato molta attenzione, anche se la cosa un po’ mi
incuriosiva. Tuttavia mentalmente le avevo liquidate, classificandole
come poche carte inutili: biglietti, messaggi volanti, cartoline,
qualche lettera. Di chi poi? Mah! […] Comunque la cosa
non mi appassionava […]. Invece, il vuoto lasciato dalla
tua partenza, il desiderio di annodare i fili, catenelle di
parole e di emozioni, che ci tenessero unite malgrado la lontananza,
il tuo entusiasmo ad ascoltare le storielle dei bisnonni […]
che avevo cominciato a scriverti, mi hanno spinta a cercare
quelle carte, nella speranza di trovare qualcosa di interessante
per stabilire con te un dialogo nel tempo spazio … un
legame capace di superare le montagne, l’oceano, i fusi
orari, l’intreccio della quotidianità.
Così, […] una sera sono andata a casa di zia
Angela […]. Lei si è arrampicata su una sedia
traballante e ha tirato dal tetto dell’armadio un enorme
scatolone […]. L’abbiamo aperto con curiosità e
ci siamo accorte che dentro erano ammassate – insieme
a telegrammi, cartoline, biglietti da visita dello studio di
restauro – decine e decine di piccole buste contenenti
foglietti ripiegati, riempiti con calligrafie diverse, minuta
e regolare l’una, un po’ inclinata e svolazzante
l’altra… lettere… lettere… lettere
[…]. Davanti ai nostri occhi increduli, come nella nebbia
di una leggenda ascoltata tante volte da essere divenuta irreale, è emersa
tutta la storia dell’amore tra il nonno Umberto e la
nonna Angela. […] La storia del nonno e della nonna!
Ascoltata tante volte, quando ero bambina, e da tante voci!
Raccontata e udita sempre con l’angoscia per la sua tragica
fine! Tu che ne pensi? Ti farebbe piacere se quelle lettere
le leggessimo insieme? (p. 7-9)
Collegamenti
http://www.rubbettino.it/
http://www.dica.unisa.it/
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