L'Infinito.
1819
c.1v (in un fasc. di cc. 10) mm.180x117
C.L.XIII.22
Cinque
bifogli spessi, rigati e dai margini irregolari - i primi quattro
inseriti l'uno nell'altro, il quinto anteposto all'ultima carta
- formano un fascicoletto con numerazione autografa a pagine (1.-20.;
ma il 4, scomparso per una lacerazione dell'angolo superiore
sinistro, è stato aggiunto da altra mano e non reca, secondo la
consuetudine leopardiana per le cifre arabiche, il punto). Vi
sono raccolti, in un ordine differente da quello stabilito poi
nelle stampe, i sei Idilli databili fra il 1819 e il 1821:
La Ricordanza (i.e. Alla luna, p.1.), L'Infinito
(p.2.), Lo spavento notturno (i.e. il frammento
XXXVII "Odi, Melisso", pp.3.-4), La sera del giorno
festivo (poi del dì di festa, pp.5.-7.), Il
sogno (pp.7.-12.), La vita solitaria (pp.12-17.);
bianche, ancorché numerate, le pp.18-20.
La c.1r (p.1) riporta i quattordici endecasillabi originari
de La Ricordanza, che sostituisce un depennato La Luna
(titolo che sarà ripristinato, sia pure nella formulazione allocutiva,
dopo l'inserimento delle Ricordanze nell'edizione fiorentina
del '31). Il componimento si chiude nell'autografo con i versi
Il sovvenir de le passate cose / Ancor che triste, e ancor
che il pianto duri!): eliminati nell'esemplare corretto della
edizione napoletana del '35, faranno luogo ai quattro versi finali
(Nel tempo giovanil ... e che l'affanno duri!, vv.13-16).
Sul verso della medesima carta (p.2.), introdotti dal titolo L'Infinito
cui è anteposto superiormente Idillio, sono i quindici
endecasillabi sciolti, ordinatamente vergati al centro della facciata
con tratto nitido e sottile, in un inchiostro marrone dal fondo
molto scuro, che contraddistingue la stesura-base dei primi due
componimenti recati dal quadernetto. Un unico in-fuori (8-9 mm.)
pone in evidenza l'incipit. Non numerosi gli interventi correttori,
per lo più concentrati ai vv.3-4 e 13-14 ed effettuati con un
inchiostro forse più denso e con un pennino dalla punta più spessa;
si fa salva la correzione al v.9 di tra in luogo di fra,
vergata da una punta sottile in un inchiostro rossiccio dal fondo
chiaro, che è presente in più luoghi dei successivi idilli.
Composto presumibilmente fra la primavera e l'autunno del 1819,
L'Infinito approdò alle stampe solo sul finire del 1825,
quando apparve, insieme con la Sera, sulla rivista dello
Stella "Il Nuovo Ricoglitore" nella rubrica "Poesia" (I, 1825,
pt.II, n.12, pp.903-04). Ripubblicato l'anno dopo nei Versi
(Bologna, Stamperia delle Muse), entrò poi a far parte della compagine
dei Canti nella edizione Piatti del 1831, dove occupa l'undicesima
posizione fra l'Elegia I Il primo amore e La sera del
giorno festivo; vi fu anteposto nelle successive edizioni
Il passero solitario.
Degli Idilli esiste, come è noto, un'altra stesura autografa,
conservata dal Comune di Visso in provincia di Macerata: fu utilizzata
sia per la stampa della prima edizione nel periodico milanese
sia per quella, di poco posteriore, del volumetto dei Versi
(1826), come attesta il visto della censura bolognese; databile
con ogni probabilità a ridosso delle stampe, consta di ventiquattro
facciate e tramanda l'ordine con cui i sei testi vennero pubblicati:
1. L'Infinito, 2. La sera del giorno festivo, 3.
La Ricordanza, 4. Il sogno, 5. Lo spavento notturno,
6. La vita solitaria.
Apocrifi, come ebbe a dimostrare incontrovertibilmente il Timpanaro
nel 1966, gli abbozzi (due in prosa, uno in versi) editi a fine
Ottocento dal Cozza-Luzi sulla "Palestra del Clero", che a lungo
figurarono inclusi nelle edizioni leopardiane.
M.A.