A
Silvia. 1828
cc.2 mm.170x117
C.L.XXI.7a
L'incipit del canto reca il sovvienti che passerà
inalterato all princeps del '31, per poi mutare nel rammenti
dell'edizione napoletana e, infine, dall'esemplare di scarto adoperato
dall'autore per le correzioni, in rimembri.
L'autografo - come sempre una bella copia, in cui testo e varianti
sono tratti da precedenti stesure - restituisce uno stadio quasi
definitivo delll'elaborazione: un'unica variante (La fredda
morte ed una tomba ignuda, v.62) viene successivamente accolta
(in luogo di Un sepolcro deserto, inonorato). I margini
interni, demarcati da una piegatura delle carte, accolgono una
varia lectio che assembla il passato del testo (le varianti
genetiche) con il futuro (le opzioni alternative): dunque - più
che "storia raggelata", più che archivio di "antiche varianti
... trascritte per memoria" da precedenti stesure andate smarrite
o distrutte (De Robertis) - forse una materia ancora viva, ha
osservato il Gavazzeni, che arricchisce il dettato poetico di
ulteriori potenzialità linguistiche e costituisce il punto di
partenza per la rielaborazione della stesura-base. In questo caso
come in altri, all'esemplazione del testo fa séguito con ogni
probabilità la trascrizione dell'apparato variantistico, che offre
a sua volta lo spunto per la correzione: così al v.4 l'autore
depenna sguardi incerti a beneficio di occhi tuoi ridenti,
sulla scorta dell'alternativa E ne gli occhi tuoi molli/ e
fuggitivi. dolci, va=ghi, segnata al margine. Anche i vv.17-18
(Ove il tempo mio primo l E di me si spendea la miglior parte),
accorpati al testo mediante segno di richiamo e tracciati al lato
con inchiostro più chiaro, possono forse interpretarsi come il
recupero di un'omissione, più che come una integrazione: versi
appartenenti ad una precedente stesura, prima ripudiati (o semplicemente
saltati per accidente di copiatura), poi riaccolti in una fase
successiva. Al medesimo luogo attiene peraltro una serie di prove
(Ov'io di me spendea, Ov'io ponea ... Ove il fior de le forze
ec.) accantonate sul verso del secondo foglio probabilmente
per carenza di spazio al margine inferiore di c.1r. All'intento
di riparare ad una caduta provvisoria è da ascriversi anche l'inserimento
interlineare del v. 35 (E tornami a doler di mia sventura),
che tuttavia non evidenzia diversità di inchiostro e deve ritenersi
contestuale alla trascrizione-base: forse un semplice saut
du même au même dovuto alla contiguità di un verso
con la stessa desinenza; accidente di copiatura, dunque, piuttosto
che "mancanza di una misura" colmata da un'aggiunta, come volle
il Contini. Il canto fu pubblicato per la prima volta nell'edizione
fiorentina del '31, dove segue Il risorgimento e precede
Le ricordanze.
M.A.