Il
tramonto della luna. [1836]
cc. 1r-3r (in un fasc. di cc.14)
mm.147x102; 208x148 -
C.L.XX.3
Il
bifoglio iniziale, numerato a pagine (1-4.; 1 di mano di
Ranieri; 2.-4. di Leopardi), di carta azzurrina e di dimensioni
inferiori rispetto al resto del fascicolo, reca la stesura autografa
dei primi sessantadue versi della lirica: secondo alcuni (cf.
Peruzzi) l'ultima composta da Leopardi, con ogni probabilità successiva
anche alla Ginestra, cui pur risulta anteposta; secondo
altri (cf. Petrocchi) la penultima.
In alto al centro l'indicazione XXXIII sembra di pugno
dell'amico napoletano (ma il Petrocchi la ritiene autografa) e
si riferisce all'ordinamento progressivo dei testi destinati ad
un nuovo progetto di pubblicazione, mai realizzato, in vista del
quale il poeta corregge una copia di scarto della edizione Starita
(Canti e prime tredici Operette morali), cui l'intero
quadernetto è accluso.
Dopo il titolo, una grafia nitida e regolare verga la sequenza
dei versi, con due sole correzioni interlineari. Fra una strofa
e l'altra, l'annotazione spazio racchiusa in un tratto
ovale di penna, apposta dal Ranieri, conferma la destinazione
di una simile bella copia alla tipografia. A c.4r, dopo un foglio
bianco di carta più spessa, lo stesso Ranieri riscrive le ultime
sei righe del componimento. Seguono, sempre di suo pugno, La
ginestra (cc.5r-13r) e l'Imitazione (c.13v; c.4v e
e. 14 bianche). Il Tramonto è comunemente assegnato alla
primavera più che all'estate del '36, durante il soggiorno a Villa
Ferrigni, concordi anche il Moroncini e il Peruzzi. I vv.63-68
furono anticipati nel 1840 dallo Schulz (Giacomo a Leopardi.
Sein Leiben und seine Schriften, "Italia", II, 1840), in possesso
- secondo una versione fin troppo nota - della trascrizione autografa,
chiesta e ottenuta in dono dal poeta poco prima della sua morte.
Il canto apparve poi per intero nella Le Monnier del '45.
P.Z