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Bruna Peyrot, La Cittadinanza Interiore, Troina (En.), Città aperta, 2006

La Cittadinanza Interiore è la capacità di vivere il proprio valore su due piani, quello della Storia e quello della persona: sul piano pubblico, nel quale la democrazia è un diritto sancito istituzionalmente, e sul piano soggettivo, in cui la democrazia diventa una modalità relazionale.
Il percorso della Cittadinanza Interiore passa attraverso dieci consapevolezze: del maschile e femminile, della storia dentro una vita, del diritto all'autobiografia, del vincere la guerra in noi, dei luoghi parlanti, delle lingue «dimezzo», della scelta dell'esilio per imparare a stare fermi, dell'educare come non violenza, della necessità di invadere la politica con le parole della spiritualità e, infine, che la democrazia è un ragionamento.
Queste consapevolezze sono grandi contenitori dove situare il proprio cammino, titoli di zone minate o semplici cartelli per consigliare un pensiero. Sono una costellazione, in cui ogni stella è importante nel dare nome alla figura individuata. Insieme, le consapevolezze aiutano a entrare nell'arte della vita quotidiana, scoprendo ciò che esiste al di là delle cose. Da questa casa interiore, l'individuo (uomo e donna), «rotto» dalla società globalizzata che brucia le appartenenze, può ripartire per diventare cittadino del mondo.

Bruna Peyrot vive e lavora a Belo Horizonte in Brasile. Studiosa di storia sociale e pubblicista, conduce da anni ricerche sull'identità e la memoria nelle culture alpine, in particolare quella valdese. Tra le sue opere ricordiamo: Storia di una curatrice d'anime (1995); Prigioniera della torre. Dall'assolutismo alla tolleranza nel Settecento francese (1997); Dalla scrittura alle scritture (1998). Per Città Aperta Edizioni ha pubblicato: Mujeres. Donne colombiane tra politica e spiritualità (2002); La democrazia nel Brasile di Lula. Tarso Genro: da esiliato a ministro (2004).

(dalla quarta di copertina)

Augustine Fitzgerald, Camaldoli, above Naples
da: Augustine and Sybil Fitzgerald, Naples, painted by Augustine Fitzgerald. Described by Sybil Fritzgerald, London, Adam & Charles Black, 1904, tav. 26 (dopo p. 88)

La ricerca degli elementi teorici che hanno portato alla formulazione della Cittadinanza Interiore ha trovato alimento in tre aree: il protestantesimo, la politica, soprattutto -ma non solo- del movimento delle donne, e il mondo dell'Educazione. Sono ambiti che hanno in comune la centralità della parola. Il protestantesimo perché affida la testimonianza di fede alla narrazione biblica, senza la mediazione di autorità religiose. La politica, perché si consuma nel trasformare la realtà in progetti. Infine, il mondo dell'Educazione perché affida il suo insegnamento prevalentemente alla trasmissione orale. Questi ambiti, tuttavia, soffrono il logorìo delle parole […] Queste fonti ispiratrici (protestantesimo, politica e mondo dell'Educazione) hanno accolto domande provenienti da platee umane molto differenti fra loro che, lentamente, si sono trasformate, nel mio ascoltare, in Consapevolezze irrinunciabili per la cultura di una società democratica. Di conseguenza, nella necessità di essere teorizzate. Intese come percorso e risultato di una mappa di tracciati -impressi dai percorsi zigzaganti delle persone, spesso ripetuti, come antica litania archetipica, in luoghi e continenti lontani fra loro- le Consapevolezze si possono definire, tutte insieme, il nucleo irradiante della Cittadinanza Interiore, centro dell'auto-consapevolezza di una persona, uomo o donna che sia.
La sua teorizzazione deve molto all'incontro con il mondo latino americano, in particolare con la Colombia e il Brasile. Tali percorsi multipli hanno avuto un momento importante nel Forum Sociale Mondiale sui Diritti Umani, a Cartagena (Colombia) nel gennaio del 2003. In quella occasione, Marta Buriticá, direttrice dell'Escuela de Liderazgo femenino della CUT (Central unitaria de los  trabajadores) di Bogotá mi impose di narrare, a una tavola rotonda, la storia delle ugonotte del Settecento francese, perché, affermò, la vicenda di una di loro, Marie Durand, imprigionata per trentotto anni senza sentirsi vinta, appartiene a tutti quelli che nel mondo lottano per la libertà. Questo episodio mi fece riflettere sull'impronta indelebile dell'esempio umano e della storia come «valore». La restituzione di un'identità d'autonomia era stata immediata. Il vasto uditorio aveva respirato il significato profondo dei valori che, in ogni latitudine del globo, le culture di resistenza pacifica contengono, ingenerando, seppure con linguaggi differenti, il medesimo effetto scatenante d'identificazione con i loro protagonisti.
L'episodio è anche la metafora di un altro attraversamento di questo libro: il meticciato. Le Consapevolezze sono continue aperture di frontiere. La vita nasce dallo sfondamento dei confini individuali in un atto d'amore. Solo ripetendo questo gesto si moltiplicano le solidarietà. Nel duplice
movimento dell'entrare in se e dell'aprirsi al prossimo si rafforza la propria identità e, nello stesso tempo, si comprende cosa è irrinunciabile per noi, cosa è comune e cosa è irrimediabilmente diverso e pretende un contratto di reciproco rispetto. Il ragionamento sulla Cittadinanza Interiore è dunque l'approdo di un lungo percorso di ricerca fra il «dentro» e il «fuori», che non riguarda soltanto il singolo individuo.
Queste zone immaginate, dal sapore di realtà, sono, infatti, stratificazioni millenarie di  apprendimenti umani trasmessi.
Infine, la Cittadinanza Interiore conta un importante antecedente fondatore nel mio percorso di studiosa. Riguarda una delle mie prime ricerche sulla memoria della storia dei valdesi, la minoranza religiosa più antica del protestantesimo italiano. Sostenevo allora che il suo radicamento sulle montagne piemontesi aveva trasformato, attraverso i secoli, la terra ospitante in una metafora. Una terra fotografa ciò che Roland Barthes definisce il punctum, quel qualcosa che punge, che solletica, che attrae o repelle, che in ogni caso costringe a farci domande sul nostro destino. Mi convinsi, raccogliendo più di cinquanta fonti orali in piccole riunioni collettive, che nella memoria valdese agiva un Antenato Interiore, da non intendersi semplicemente come un Superio (Superiore o Super-io) interiorizzato. La sua presenza, identificata in un evento storico di riscatto, oppure in un personaggio che aveva saputo incarnare la resistenza valdese, era diventata uno «scrigno dei valori», custode dei comportamenti etici di una comunità. Col tempo, ho scoperto lo «scrigno dei valori» anche in altre tradizioni. La sua attrazione proviene da un angolo spesso trascurato dell'interiorità che se accettato dimostra di essere l'angolo più forte di sé, dove lasciar mettere radice alla Cittadinanza Interiore. Spesso lo «scrigno» non è solo un'eredità trasmessa, ma è arricchito dalla condivisione delle Consapevolezze con la propria famiglia elettiva.

(da:  Introduzione, pp. 9-12)      

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Collegamenti

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