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Lucia Valenzi, Qualcosa su mia madre, Napoli, Regione Campania, Assessorato pari opportunità, 2007

Litza Cittanova nasce a Tunisi il 1 gennaio 1917. Il padre Jacques e la madre Ines Fiorentino sono ebrei italiani, da tempo insediati in Tunisia. Il padre però opta per la cittadinanza francese. Laureata in italiano all’Università di Parigi, Litza ha insegnato per breve tempo al liceo; viene infatti espulsa a causa delle leggi razziali. Si sposa con Maurizio Valenzi nel dicembre del 1939. Il 29 gennaio del 1941 nasce il figlio Marco e nel novembre dello stesso anno il marito viene arrestato. Nel luglio del 1942 Litza viene incarcerata nel forte di Sidi Kassem, con l’accusa falsa di aver scritto delle lettere di minaccia ai giudici del tribunale. Il 14 novembre del 1942, nell’imminenza dell’arrivo dei tedeschi, viene liberata con altre donne e passa alla clandestinità […]. Dopo la liberazione da parte degli alleati dell’Africa del Nord, raggiunge il marito che l’ha preceduta a Napoli. Lavora alcuni anni come funzionaria del partito, impegnata nell’Unione donne italiane e nel Comitato per la salvezza dei bambini di Napoli. Nel 1952 nasce la figlia Lucia. Nel 1953 Maurizio Valenzi è eletto al Senato e nel 1976 diventa sindaco di Napoli, carica che manterrà fino al 1983. Nel 1994 nasce la nipotina Libara. Litza Cittanova Valenzi muore il 5 luglio 2006.

(dalla seconda e terza di copertina)

Quando abbiamo pensato a una piccola collana dedicata a biografie femminili, volevamo fornirci di uno strumento per trattenere la memoria scritta di significative, per noi, storia di donne.

La storia può catturare, può far cadere nella trappola di pensare che ci sia una causa e, poi, subito dopo un effetto strettamente collegato ad essa. Gli avvenimenti, se si cede alla seduzione della linearità di ciò che accade, diventano meccaniche conseguenze, ineluttabili esiti del divenire e non come invece io penso, una delle tante possibilità. Anche la vita delle persone, anzi soprattutto la vita delle persone, non può essere sacrificata dentro un orizzonte meccanicistico, pena il suo impoverimento nel destino. Penso che le donne – e lo scrivo senza un vuoto orgoglio di genere ma basandomi sul materiale abbondantissimo che le donne a noi contemporanee e, anche, quelle che ci hanno preceduto – ci forniscono tutti i giorni, siano soggetti aperti all’irrompere dei fatti, degli avvenimenti. […] Cominciamo con la vita di Litza seguendo il filo della memoria della figlia, le fotografie di famiglia, i ritratti che suo marito, Maurizio Valenzi, dipinse per lei. Quando Litza se ne è andata, fui colpita dal senso di smarrimento e di affettuosissima partecipazione che in tante e in tanti vollero testimoniare alla sua famiglia. […] La storia di Litza è tutta dentro la vicenda democratica della sua generazione. L’intreccio con l’Italia e, poi, con Napoli attraverso l’unione con Maurizio Valenzi. (da: Presentazione, di Rosa D’Amelio, pp. 7-9)

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[…] i modelli di Litza furono alcune donne della famiglia, molto avanzate per i tempi; donne che avevano studiato, che avevano avuto un’educazione e una vita “emancipata” e che in casa erano un po’ una leggenda: le tante Caroline (la zia Carolina) e la cugina Nelly. Di suo padre massone conservò sempre il forte anticlericalismo e pur condividendo i valori tradizionali della famiglia e del matrimonio, ci sorprendeva a volte per le sue affermazioni sull’omosessualità o per altre opinioni intorno alla sessualità, molto liberali, direi radicali per una donna del suo tempo. Io non l’ho vista mai a suo agio nei panni della donna di casa. Cercava sempre il consiglio di donne più esperte, come diceva di donne “con senso pratico”. […] Un ruolo che Litza invece ha vissuto con adesione totale è stato quello della nonna, arrivato un po’ tardi, quasi a ottant’anni. Diceva infatti che il vero amore della sua vita era la nipotina Libara, mia figlia, che ha potuto veder crescere fino ai dodici anni. Il suo ruolo, soprattutto dopo l’elezione a sindaco di mio padre, fu soprattutto quello di “moglie di”. Visse questo momento come una grande sorpresa, “un’avventura” la definì con compiacimento il giorno dell’elezione. In seguito si ritrovò a essere presente a incontri ufficiali e ricevimenti. Ma non le piaceva affatto, si annoiava, cercava sempre di evitarli e a volte mio padre doveva pregarla, perché era necessario ogni tanto farsi vedere. (pp. 27-9)

Lucia Valenzi è ricercatrice universitaria presso il Dipartimento di Discipline Storiche della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, svolge l’insegnamento di Storia Contemporanea nell’ambito del corso di laurea in Filosofia. Si è interessata soprattutto di storia sociale, con studi sulle lotte contadine, sul pauperismo e sul sistema assistenziale nel Mezzogiorno, con particolare attenzione alla storia delle donne. Tra le sue opere: Piero Memmi dal Capo Bon alle lotte contadine nell’Agro Nocerino-Sarnese, (Napoli, Tempi Moderni,1987), Poveri, ospizi e potere a Napoli (sec. XVIII e XIX), (Milano, Franco Angeli,1995), Donne, medici e poliziotti a Napoli nell'Ottocento. La prostituzione tra repressione e tolleranza, (Napoli, Liguori, 2001), e Qualcosa su mia madre, (Napoli, Regione Campania, 2007).

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