Adriana Fortunato, Ritratti di Famiglia. Ricordi della famiglia de Martino, Napoli, 2007
Il 17 giugno 1985, alle nove di sera, ci siamo riuniti, i cugini de Martino, Porzio e Fortunato (solo quelli residenti a Napoli), per leggere le ultime volontà di zia Matilde, e per dividere i suoi risparmi
e gli ultimi oggetti e gioielli della famiglia.
“Dividere”. Ecco la parola importante, che tutti noi sentivamo profondamente: era finita l'unità, la grande e salda unione della famiglia de Martino, la grande casa delle nostre mamme e dei nostri padri bambini, la casa della nostra infanzia beata, la casa del nonno, la casa delle zie (come la chiamavamo attraverso gli anni), la casa de Martino.
Fino a qualche giorno prima, accanto al letto di zia Matilde, ci eravamo alternati tutti o quasi “i nipoti”: eravamo ancora, così, una parte dell'unica famiglia. Ora, ognuno di noi ha solo la propria identità. Ma non siamo più “nipoti”, siamo tutti isolati. Guardando alcuni gioielli e altri oggetti, ultimi ricordi “de Martino”, ho visto passarmi davanti agli occhi le figure lontane, conosciute personalmente e attraverso i ricordi evocati dalla dolce e cara voce di mia madre, le figure dei nonni, dei bisnonni, degli zii, che di quegli oggetti erano stati i possessori... e tutta una lunga storia, fatta di aneddoti, di episodi tristi e lieti, di ricordi teneri e nostalgici, si è svolta nella mia mente e mi ha fatto sentire urgente il desiderio di lasciarne una traccia per quelli che, come me, ricordano e rimpiangono e per quelli che, per essere più giovani, non ricordano e vorrebbero sapere...
Cerco di delineare le figure più importanti della famiglia, richiamando alla memoria le parole di mamma (quasi fonte unica delle mie informazioni), in omaggio alla quale mi accingo a questo lavoro. (da: Premessa, p. 5)
I miei ricordi iniziano con la casa di via Museo, perché quella di piazza Sanità, in cui mamma è sposata nel 1920, e della quale parlava spesso, non la ricordo. E poiché le più lontane immagini della mia memoria, quali quelle di zio Leopoldo, morto nel 1926, e della nonna Eleonora, morta nel 1927, sono inquadrate nella casa di via Museo, ne deduco che il cambio di casa dovette avvenire tra il 1921 e i1 1925.
Era una casa molto grande, certo non bella, se ci riferiamo ai modelli di belle case moderne, ma per me bambina era bellissima e ciò che mi affascinava era il senso di mistero di alcuni suoi luoghi. Ho tracciato una pianta empirica della casa che ricordo nei minimi particolari e che, insieme alla mia sorellina Lydia, esploravo, sempre per quanto ci era consentito dalla sorveglianza assidua delle zie, che certo non capivano il perché delle nostre “escursioni”. (da: La casa di via museo, p. 6)
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