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Mondi femminili in cento anni di sindacato, a cura di Gloria Chianese, 2 vol., Roma, Ediesse, 2008

Il mondo delle donne attraversa e s'incrocia con la realtà del sindacato, ma si tratta di una presenza per molti aspetti sommersa, difficile da leggere sia sul piano dell'identità collettiva che nel fitto intreccio dei percorsi individuali. Ed è invece una presenza di straordinaria importanza. Le donne hanno avuto un ruolo di primo piano nel rapporto tra organizzazione sindacale, società italiana e Stato. Esse hanno contribuito in maniera forte, anche se non sempre visibile, a sancire diritti e cittadinanza per tutti i lavoratori, uomini e donne. C'è poi una tradizione di lotte che rimanda alla specifica condizione femminile sul lavoro e in rapporto allo sviluppo dello Stato sociale del paese. Ma, soprattutto, emerge il nodo problematico dell'autonomia del mondo femminile nel sindacato, che ha, tradizionalmente una configurazione fortemente maschile. Indagare tale aspetto vuoi dire analizzare se e come la cultura delle donne sia riuscita a ridisegnare strategie, obiettivi e pratiche politiche del sindacato. Per le donne “fare sindacato” è stato sempre difficile. Numerose le ragioni di conflitto con l'ambiente familiare, anche se infinite, nel ritmo quotidiano, le mediazioni, gli aggiustamenti, le rinunce. Ed infine il confronto, in differenti stagioni storiche, con i movimenti delle donne e con le culture sottese: l'emancipazionismo e, in tempi assai più recenti, la cultura della differenza.

Gloria Chianese, storica della Fondazione Giuseppe Di Vittorio, si è occupata di storia del Mezzogiorno, storia del Novecento, storia di genere. Collabora con l’Istituto nazionale per la storia del Movimento di Liberazione in Italia, fa parte del Comitato scientifico della rivista «Italia contemporanea», è vicedirettore degli «Annali della Fondazione Giuseppe Di Vittorio».

(dalla quarta di copertina)

L'organizzazione sindacale ha come elemento costitutivo la centralità del lavoro, posto alla base del conflitto sociale. Essa si configura inoltre come tratto saliente che avvalora il diritto di cittadinanza delle classi subalterne, nel lungo processo di emersione che attraversa l'intero Novecento. Il mondo del lavoro sviluppa una sua corposa identità che legittima lo scontro di classe e sostanzia la domanda dei diritti civili, politici e sociali. Le donne entrano a fatica in questa concezione del lavoro e dell'organizzazione sindacale. In primo luogo, è opportuno ribadirlo, giocano la scarsa visibilità e la mancanza di valorizzazione del lavoro femminile, che si ripropongono in più modi, nella società contemporanea. Ma il discorso investe altri ambiti che rimandano, ad esempio, al rapporto donna/corpo e donna/maternità, ponendo il nodo della complessità e della specificità dell'identità femminile.
Scavare nelle modalità con cui le donne hanno partecipato alla costruzione e allo sviluppo del sindacato costituisce un terreno d'analisi prioritario per comprenderne l'intera storia. Le generazioni di attiviste di base e le non numerose figure di dirigenti formano un universo variegato che elabora nel tempo un ricco patrimonio sindacale e politico e disegna modelli di emancipazione. Dunque una vera e propria tradizione che talora, però, sembra interrompersi o addirittura perdersi. Ad esempio, ancora più per le donne, il fascismo ha contribuito a creare una cesura tra la generazione di sindacaliste vissuta tra età giolittiana, prima guerra mondiale e dopoguerra, e quella successiva che emerge nell'Italia repubblicana. Di qui la difficoltà di costruire e consolidare genealogie, anche perché diventa complicato rinvenire tratti di continuità tra esperienze diverse e in qualche modo distanti, ma che hanno in comune l'istanza di mutare radicalmente la condizione di subalternità e discriminazione della donna.
Confrontarsi con le tradizioni sindacali femminili implica un'attenta ricognizione delle fonti documentarie. È necessario far emergere in pieno la ricchezza della presenza delle donne, l'apporto alle lotte sindacali, il contributo alla costruzione della rete organizzativa e all'elaborazione delle strategie locali e nazionali. L'indagine storica ha scavato in tali problematiche e ha messo in risalto come l'ambito locale costituisca un osservatorio prezioso per dar voce e visibilità ad un patrimonio di lotte e di elaborazione politica che attraversa l'intero arco temporale della storia sindacale, sviluppandosi, sia pure con intensità e modalità diverse, in tutto il territorio del paese.
L' esperienza sindacale si sfaccetta in una molteplicità di pratiche e comportamenti, che vanno dalla partecipazione a scioperi, proteste, cortei, occupazioni, alla presenza nelle strutture di rappresentanza dei lavoratori, alla militanza nelle organizzazioni di categoria, all'esperienza di dirigente sindacale.
Dunque in cento anni di storia della CGIL è possibile individuare alcuni filoni rivendicativi di lungo periodo intorno ai quali si costruiscono tradizioni di lotte che vedono le donne nel ruolo di protagoniste. Esse sedimentano per lo più in ambiti circoscritti, creano solidarietà fra generazioni di donne differenti, in alcuni casi riescono a sopravvivere anche alla cesura del fascismo - si pensi ad esempio alle mondine - soprattutto contribuiscono a costruire un'immagine della donna lavoratrice che lotta contro la propria condizione di sfruttamento con modalità diverse dal passato, in qualche modo più moderne, ribaltando precedenti stereotipi come quello della popolana ribelle. Si sviluppano modelli e comportamenti che, pur circoscritti nel tempo e nello spazio, finiscono con l'essere parte di una più ampia cultura della dignità del lavoro, che è elemento costitutivo del patrimonio sindacale. Questo processo non è esente da limiti e conflitti. La lavoratrice che lotta è in ogni caso consapevole che sta acquisendo, oltre ai risultati sul piano rivendicativo, una maggiore autorevolezza sociale che può riflettersi nel rapporto donna-uomo. Inoltre vi è un forte intreccio tra pratiche femminili di lotta e lo sviluppo, sia pure informale, di forme di cittadinanza al femminile.
Un ulteriore livello di analisi investe la figura dell'attivista di base che ritroviamo nei sindacati e nelle federazioni di categoria, nelle strutture territoriali e negli organismi di rappresentanza sui luoghi di lavoro. La presenza femminile è forte in quelle forme di organizzazione sindacale che, come nel caso delle Leghe, hanno avuto una grande importanza nell'organizzare specifiche fasce di lavoratrici. Negli organismi di rappresentanza invece il ruolo delle donne è stato assai più contenuto e contrastato evidenziando la presenza del conflitto di genere. Le donne hanno risentito del fatto che per molto tempo sono state ritenute poco affidabili per svolgere incarichi di organizzazione sicché il loro ruolo ha teso ad esaurirsi nella fase della mobilitazione. Nella cultura sindacale è emersa una gerarchia per cui all'attivista sindacale donna erano assegnati compiti di propaganda e agitazione nella singola realtà di lavoro, mentre, con assai minore frequenza, le venivano attribuiti incarichi di organizzazione e direzione. Ovviamente il processo non è lineare e va contestualizzato sia in rapporto alle varie fasi temporali del movimento sindacale, sia in relazione ai modelli organizzativi di CGdL e CGIL, sia in rapporto ai contesti territoriali in cui hanno operato le attiviste. È anche vero che in ogni stagione sindacale sono emerse figure di dirigenti sindacali che hanno svolto un ruolo di primo piano, da Argentina Altobelli a Maria Giudice, da Maria Goja a Maddalena Secco, da Adele Bei a Nella Marcellino, da Ines Pisoni a Maria Lorini, a Donatella Turtura, per ricordare soltanto gli esempi più noti. Ne troviamo traccia soprattutto nei sindacati e nelle federazioni di alcune categorie, quali la Federbraccianti e i sindacati tessili, ed anche in alcune Camere del Lavoro. Va osservato che questi esempi di donne riescono a caratterizzarsi come dirigenti sindacali autorevoli e legittimate nell'intero universo sindacale, anche se nei loro percorsi è molto significativa l'esperienza nelle strutture femminili. […] Il rapporto tra donne e organizzazione sindacale appare complesso e ambivalente perché, in un universo fortemente connotato al maschile, sussiste una presenza femminile corposa e dinamica, che è possibile far emergere soltanto a condizione di confrontarsi con tutta la ricchezza e la molteplicità delle forme di militanza sindacale delle donne. Si è osservato come, nell'arco di cento anni di storia, vi siano stati alcuni tratti costanti, quali le battaglie per le rivendicazioni salariali e normative, la difesa della lavoratrice madre e, in generale, il sostegno dei diritti di maternità. Altri obiettivi, in primo luogo la parità salariale, hanno un andamento assai più contraddittorio. Il sindacato nell'Italia del Novecento è uno strumento importante di emancipazione in quanto, promuovendo i diritti sociali ed economici delle lavoratrici, contribuisce a costruire la cittadinanza femminile. Ma è anche vero che al suo interno la libertà delle donne deve necessariamente iscriversi e subordinarsi ad una strategia classista, che ha come perno istanze e bisogni del lavoratore maschio. All'interno della storia sindacale è dunque forte, anche se sotterranea, l'incidenza del conflitto di genere che investe le strategie di lungo periodo, i modelli di organizzazione, la quotidianità dei rapporti donna-uomo. (da: Gloria Chianese, Storie di donne tra lavoro e sindacato, pp. 19-25)

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Dall’indice: Vol. 1: Presentazione di Guglielmo Epifani; Storie di donne tra lavoro e sindacato di Gloria Chianese; Uno sguardo di lungo periodoLe lavoratrici del tabacco nella storia del sindacalismo italiano di Ornella Bianchi; «Ma j’òm a i capissu nèn». Le donne nei settori del tessile e dell’abbigliamento di Fabrizio Loreto; La signorina a quadretti e altre lavoratrici insegnanti di Aurora Delmonaco; «Non volo d’aquila, ma volo di rondine»: le impiegate tra società e sindacato di Emilia Tagliatatela; Le mondine di Renata Borgato; Rappresentazione del maschile e del femminile nell’iconografia del movimento operaio dalle origini al fascismo di Lucia Motti; Vol.  2: Cittadinanza, parità, differenzaDonne e sindacato. Gli anni del fascismo di Simona Lunadei; Tra guerre e dopoguerra: donne e uomini nel movimento operaio di Maria Casalini; Donne braccianti nel Mezzogiorno: note su una ricerca in corso di Silvana Casmirri; Il lavoro delle donne e le politiche del sindacato: dal boom economico alla crisi degli anni Settanta di Maria Luisa Righi; La lavoratrice e la cittadina. Tra mondo del lavoro e welfare di Antonio Canovi e Maria Grazia Ruggerini; Una nuova presenza delle donne tra femminismo e sindacato. La vicenda della CGIL di Elda Guerra; Le voci della precarietà femminile italiana e straniera tra società e sindacato di Silvia Del Vecchio; Strumenti – Un percorso archivistico di Teresa Corridori; Tra memorie, riviste e archivi: uno sguardo al locale di Maria Paola Del Rossi.

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Collegamenti

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