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Christine de Pizan, Libro della pace, Milano, Medusa, 2007

Il Libro della pace è un testo per molti aspetti originale e sorprendente. È stato scritto da un'autrice, Christine de Pizan, abituata a muoversi in un universo maschile, una scrittrice e poetessa che ha sempre affrontato nella sua scrittura i problemi del mondo femminile, difendendo da un punto di vista sociale e politico il ruolo delle donne nella colta e raffinata élite cortigiana della Francia del Quattrocento. Ma in questo caso Christine produce un'opera ancora più stimolante, per il suo tempo e anche per i lettori di oggi: un trattato sul buon governo, pieno di consigli acuti e concreti, e sempre mediati da un'autentica, profonda fede, su come ottenere e gestire l'imprendibile tesoro della pace. Dedicato al delfino Luigi di Francia, duca di Guyenne, e scritto in occasione della conquista di una pace sia pure non durevole nel tragico volgersi di eventi della Guerra dei Cento anni, presenta una sorprendente particolarità: è stato ultimato nel 1413, cioè cento anni prima di un altro trattato sul buon governo, destinato a diventare una pietra miliare nel suo genere, Il Principe di Niccolò Machiavelli.
Il volume è arricchito da una breve, ma straordinaria opera in poesia: Il Poema di Giovanna d'Arco, un testo unico, in quanto l'unico scritto quando l'eroina della travagliata Francia del Quattrocento era ancora in vita, ma anche l'ultimo di questa autrice.

Christine de Pizan (Venezia 1364 – Poissy 1430), di famiglia italiana, fu educata in Francia dove il padre, originario di Pizzano (Bologna), da cui il nome, era medico e astrologo alla corte di Carlo V.
Rimasta vedova molto giovane, Christine cercò sostegno e prestigio nella letteratura. Scrisse numerose opere in versi e prosa, narrazioni storiche e compilazioni morali, che le venivano commissionate, tra le quali si ricordano: Livre de Fais et des bonnes meurs du sage roy Charles V (1404), il suo trattato più noto , il Livre de la Cité des dames (1405), tradotto in italiano col titolo La città delle dame (Carocci), nel quale delinea un progetto utopico di società retta dalle figure femminili, e il Ditié de Jehanne d'Arc (1429), qui tradotto per la prima volta. Medusa ha pubblicato nel 2006 il Dibattito su “Romanzo della Rosa” che ebbe luogo a partire dalla critica di  Christine alla versione del celebre poema resa da Jean de Meun in chiave antifemminista.

(dalla seconda e terza di copertina)


foto di Giorgio Di Dato

Christine de Pizan glorifica la figura di Giovanna d'Arco, pastorella adolescente diventata guerriera, «nel cui cuore Dio ha messo più coraggio che in un uomo» nella sua ultima opera, appunto il Poema di Giovanna d'Arco. E in questa figura femminile che dovrebbe essere fragile e passiva, e invece è combattiva e forte, potremmo vedere in parte raffigurata anche la stessa autrice, donna provata da eventi tempestosi come la caduta in disgrazia del padre alla corte di Francia e la prematura vedovanza, ma anche privilegiata per cultura e situazione sociale, perciò in grado fin da giovane di assumere un ruolo che fino a quel momento poteva essere solo maschile. In effetti, a parlare in difesa del genere femminile e delle sue qualità, pari a quelle maschili, Christine de Pizan sembra predestinata: lei stessa lo racconta, nella prima parte del Livre de la Mutacion de Fortune del 1403, in cui racconta i bruschi cambiamenti della sua vita, quando spiega che suo padre avrebbe desiderato un figlio maschio, e soprattutto che sua madre, una figlia di Tommaso Mondini della quale non ci è stato tramandato il nome di battesimo, si propose di fare di lei un «perfetto ritratto» del padre, fuorché nel sesso. In seguito, ormai da apprezzata scrittrice, Christine avrebbe dedicato molte energie al consolidamento della stima verso le donne, con i suoi due trattati in forma di lettera e le sue ballate contro la misoginia del Romanzo della Rosa (1401-1402), con la descrizione di una società ideale al femminile ne La città delle dame ( 1404-1405), e poi ancora con il Livre des Trois Vertus (1405) e infine, proprio a conclusione della sua vita, con Poema di Giovanna d'Arco, del 1429.
Ogni opera di Christine de Pizan è una tessera che aiuta a comprendere il complesso mosaico della sua personalità, della sua cultura, dei suoi progetti e della sua vita. Anche con questo libro ci si propone di contribuire alla ricostruzione della sua vasta opera, puntando la luce sul suo pensiero politico e soprattutto sull'ultima parte della vita dell'autrice, che fu una delle prime scrittrici europee, ma non solo. Christine è infatti donna di primati: è la prima donna a dedicarsi alla professione di copista, che oggi sarebbe definita di editrice, e anzi la prima a farne una professione ricompensata in denaro; è la prima scrittrice di corte in Francia, di valore riconosciuto da re e principi, che le commissionarono molte importanti opere e probabilmente ascoltarono i suoi consigli morali e politici; è la prima a dedicare un poema a un'altra donna che assunse un ruolo tradizionalmente maschile nella Francia dell'epoca, appunto Giovanna d'Arco.
Dopo anni di oblio e di sottovalutazione, in cui la sua figura ha risentito di una certa diffidenza implicita dovuta alla sua appartenenza al genere femminile, ma anche per un certo pregiudizio dovuto alla sua origine italiana, la sua opera è stata riscoperta dapprima in Francia, alla cui storia letteraria di fatto appartiene, e poi nei paesi di lingua inglese. Le ragioni di tanto rinnovato interesse vanno cercate innanzitutto nel valore letterario della sua opera, per la varietà e il fascino dei temi trattati, dall'amore alla teologia alla politica, e dei generi letterari affrontati, ma anche nella singolarità della sua figura di donna colta e soprattutto protagonista della cultura del suo tempo. [...]
In questo volume sono tradotte per la prima volta in Italia due opere dell'ultimo periodo della vita di Christine de Pizan, abbastanza distanziate nel tempo l'una dall'altra, eppure entrambe legate allo stesso clima politico gravemente teso e instabile della Francia della prima metà del Quattrocento: la
Guerra dei Cento Anni e la guerra civile provocata dalla rivalità fra le famiglie reali di Orleans e Borgogna, eventi entrambi deprecati con molta veemenza da Christine. Una nazione, la Francia, con la quale l'autrice aveva un rapporto di profondo affetto, come mostrano i suoi tentativi, specialmente nel Libro della pace, di influenzare positivamente le sorti del regno che l'aveva ospitata da quando aveva quattro anni, diventando per sempre la sua casa. In particolare 1'ultimo testo, il Poema di Giovanna d'Arco, è sorprendente ed emozionante, perché si tratta dell'ultima opera di Christine, scritta poco prima della sua morte, e mostra in modo particolare i suoi sentimenti ancora forti e coinvolgenti verso la Francia, che nuovamente stava conoscendo un momento di grande speranza grazie alle imprese dell'adolescente guerriera Giovanna d'Arco.
Infatti il trattato sul buon governo che in sostanza è il Libro della pace viene composto nel periodo in cui una breve serie di trattati faceva sperare in un vicino buon esito del conflitto civile. Mentre il Poema di Giovanna d'Arco è un inno di trionfo, una celebrazione dei successi militari della Pulzella d'Orleans contro il nemico inglese: nonostante la sua impossibilità a continuare l'opera per la tragica fine, l'intervento di Giovanna d'Arco rappresenta in effetti l'inizio dell'ultimo atto della guerra con l'Inghilterra, e contribuisce notevolmente alla sua definitiva conclusione. Ma, ancora a quell'altezza cronologica, la pace era un miraggio solo sperato, come provano questi fiduciosi versi riferiti alla Pulzella d'Orleans: «perciò credo che Dio ce l'abbia data / affinché ottenga la pace con la sua impresa». Così il divario fra speranza e realtà, fra stabilità ideale e confusione reale, fra pace desiderata e guerra subìta, continua a essere grande in entrambe le opere. [...]
Per quanto riguarda il Libro della pace e il Poema di Giovanna d'Arco il contesto storico in cui furono scritti va osservato con particolare attenzione, perché per entrambi, trattandosi di opere di contenuto prevalentemente politico, il corso convulso degli eventi contemporanei ha rappresentato la spinta a scrivere e ha profondamente influenzato l'impostazione del testo. Soprattutto meritano un'analisi adeguata la Guerra dei Cento Anni e la guerra civile in Francia, che alla prima è strettamente legata.
La Guerra dei Cento Anni è il grande tragico evento che fa da sfondo all'intera vita dell' autrice, e che forse contribuì a consolidare il suo amore per una Francia che vide sempre, salvo brevi intervalli, molto travagliata [...]
Christine sembra dunque essere destinata a sperare invano e a fare molti sforzi letterari per il bene della sua amata Francia senza ottenere risultati, anche se non a causa sua. Queste due opere ne sono la conferma: la prima, il Libro della pace, è rivolta a un delfino che non avrebbe mai regnato. Ma anche la seconda testimonia che il clima generale non era cambiato e soprattutto che la capacità di Christine di sperare non era diminuita, nonostante negli anni successivi all'invasione di Parigi da parte dei borgognoni del 1418 sembrasse cedere allo sconforto, e si fosse ritirata in volontario esilio in un monastero, probabilmente quello di Poissy dove viveva sua figlia, che vi aveva preso i voti. Infatti il Poema celebra le vittorie di Giovanna d'Arco alla guida dell'esercito di un altro debole re, Carlo VII, fratello minore di Luigi di Guyenne, nel 1429, ma si conclude nell'attesa di quella che avrebbe dovuto essere la sua definitiva vittoria, cioè l'ingresso nella città di Parigi. Entrambi i protagonisti delle due opere sono quindi, nonostante la loro realtà storica, dei personaggi, delle creazioni dell'immaginazione dell'autrice. Così come la sua fede incrollabile in un futuro di concordia e pace è destinata a rivelarsi, almeno per il momento, solo una speranza. [...]
Christine chiude la sua carriera letteraria e la sua vita ancora con un testo politico, ma questa volta in poesia. Ed è come la chiusura di un cerchio, un ritorno sui propri passi prima della fine. Infatti Christine aveva iniziato la sua carriera letteraria con la poesia, e dopo molti anni durante i quali si era dedicata esclusivamente alla prosa, sempre più direttamente coinvolta nel tema politico mentre la guerra civile divampa, decide di affidare un contenuto così importante, patriottico e politico, ma anche profondamente religioso, alla poesia. Questa scelta può essere spiegata dall'emozione che suscita l'argomento, e dal fatto che il testo viene composto a caldo, sull'onda dei successi militari di Giovanna d'Arco e della speranza che possano definitivamente salvare la Francia. Il poema di Christine si configura infatti come molto più che politico, perché esprime un patriottismo passionale, ancora una volta un autentico sentimento d'amore nei confronti della Francia, nonostante l'autrice non vi fosse nata. Un sentimento già manifestato in altre opere, come nello stesso Libro della pace, ma che qui raggiunge il suo apice. È inoltre probabile che il terreno della poesia, almeno per una poetessa esperta come Christine, e in particolare la forma del poema breve, fosse molto più agevole per una composizione veloce e più efficace per trasmettere un forte messaggio, data la situazione di isolamento in cui, diversamente dal passato, si trovava l'autrice.
Questo coagularsi di emozioni è reso indubbiamente possibile anche da una protagonista come Giovanna d'Arco: quest'eroina pura e giovanissima sembra fatta apposta per incarnare miracolosamente tutti gli ideali di un femminile perfetto, di una donna nuova piena di qualità morali e protagonista della storia, che Christine aveva accarezzato scrivendo il trattato La città delle dame: per lei è un sogno che diventa realtà, o meglio una profezia inconsapevole che si avvera. (da: Introduzione di Bianca Garavelli, pp. 5-23)

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