Nel
marzo 1977, in applicazione di una precisa direttiva del Ministero per
i Beni Culturali e Ambientali, veniva istituito il laboratorio di restauro
della Biblioteca Nazionale di Napoli. Al 18 novembre 1975 risaliva infatti
la circolare, firmata dal ministro Spadolini, con la quale si stabiliva
di istituire presso alcune Biblioteche - la Braidense di Milano, la
Laurenziana di Firenze, la Nazionale Centrale di Roma, la Nazionale
di Napoli, la Nazionale di Bari, l'Universitaria di Cagliari - "laboratori
di restauro e legatoria, quali sezioni staccate dell'Istituto di Patologia
del Libro di Roma". Con la stessa circolare si disponeva un fondo di
accreditamento per le attrezzature e i materiali specifici da acquistare,
secondo i suggerimenti dello stesso Istituto. Quest'ultimo avrebbe svolto
infatti funzioni di "indirizzo, coordinamento e vigilanza", mentre al
Ministero sarebbe stato riservato il compito dell'approvazione dei programmi
annuali di restauro.
Situato in quattro ampi locali al piano terra di Palazzo Reale, il laboratorio
di restauro - intitolato ad Alberto Guarino, il direttore della Biblioteca
Nazionale di Napoli che con tanta determinazione si era adoperato per
la sua costituzione - si preparava a svolgere, sotto il profilo tecnico
ed organizzativo, un compito complesso che per la prima volta si definiva
a livello istituzionale. Oltre a raccogliere una tradizione viva nelle
istituzioni culturali napoletane, l'iniziativa di organizzare e rendere
operante un laboratorio di restauro si inquadrava in un momento storico
- collocabile negli anni Settanta - nel quale massima era l'attenzione
alle problematiche della tutela, di cui il restauro era considerato
un momento di primaria importanza. Basti pensare all'azione svolta in
quegli anni dall'Istituto per la Patologia del Libro su tutto il territorio
nazionale, per rendersi conto del generale clima di sensibilità a metodologie
di conservazione e di conseguenza alle tecniche di restauro. L'Istituto
è andato infatti sviluppando negli anni il tema della centralità della
conservazione, inteso come momento di prevenzione e dunque di studio
di tutti quegli aspetti che tendono alla salvaguardia del patrimonio
librario, dagli ambienti destinati alla custodia dei documenti alla
definizione dei parametri ambientali - umidità, temperatura, ventilazione,
irraggiamento - a tutte le operazioni connesse a garantire una corretta
conservazione. A questo tema si è andata collegando e articolando una
visione e restauro che recepisce e sviluppa le istanze dell'archeologia
del libro, nella registrazione dei dati dell'"oggetto" libro, visto
cioè non solo come messaggio scritto ma considerato anche nella complessità
delle sue componenti materiali. Nello sviluppo di tali ricerche e impostazioni,
la politica dell'Istituto si è venuta concretizzando nell'incoraggiare
la nascita di laboratori di restauro annessi alle grandi biblioteche,
come sezioni periferiche in grado di collaborare alla realizzazione
di un unico programma. Le necessità della conservazione indirizzavano
l'attività di tali strutture sia verso l'interno, per porre riparo con
l'applicazione di metodologie uniche e scientificamente attestate, a
danni già avvenuti, sia verso l'esterno, per costituire un referente
tecnico nei confronti dei vari laboratori privati che pure operavano
sul territorio.
La Biblioteca Nazionale di Napoli - grande biblioteca di conservazione
formatasi con un patrimonio di prevalente interesse storico - fu molto
attenta, come già sottolineato, a recepire tali problematiche e a confluire
in tale progetto: l'istituzione di un laboratorio, che effettuasse restauro
in loco, sotto la guida dell'Istituto al quale era demandato il compito
di individuare le linee tecnico-scientifiche dell'intervento di restauro
apparve opportuna e praticabile. Il personale del laboratorio, professionalmente
formato nello stesso Istituto di Patologia del Libro, andò diversificando
la propria area di competenza lavorativa sulla base del principio della
divisione del lavoro; al settore del restauro vero e proprio - che si
andava effettuando su tipologie differenti, che ovviamente richiedevano
metodiche diverse di intervento, come carta, pergamena, pelle - si aggiunse
un settore di legatoria per i testi antichi e moderni ed uno di interventi
rapidi su materiale leggermente danneggiato.
Oltre che servire ovviamente le necessità interne, relative a restauro
di materiale particolarmente pregiato, l'attività del laboratorio intende
proiettarsi sul territorio. Ciò significa non solo costituire un referente
per i privati, nei confronti dei quali il restauratore statale svolge
un ruolo di controllo dei procedimenti tecnici, ma anche istituire un'attività
di consulenza per i programmi di restauro delle tante biblioteche non
pubbliche, ricchissime sul nostro territorio, che esprimono l'esigenza
di individuare le corrette linee di intervento su materiale spesso prezioso.
A ciò si aggiunge un'attività didattica che illustra alle scuole l'importanza
della salvaguardia del materiale librario attraverso i metodi di recupero
propri del restauro e le varie tecniche ad essi connesse.