Rosi
Braidotti, Nuovi soggetti nomadi, a cura di Anna Maria
Crispino, Roma, Sossella, 2002
La carta geografica del soggetto nomade è, per sua stessa ammissione,
di natura intrinsecamente transitoria, implica la necessità
di scrivere e riscrivere, leggere e rileggere. Segnala i luoghi
di sosta temporanea nel procedere di un percorso di ricerca
teorica che si muove su un arco teso: a un estremo, il riconoscimento
che le identità sono sempre mutevoli, dunque contingenti e retrospettive
- quello che siamo già stati/e - e all'altro estremo il lavoro
per prefigurare quelle forme del soggetto che possiamo diventare.
Perché, mai come in questa fase, la riflessione teorica non
può sottrarsi alla necessità di produzione di un immaginario
sociale, pena la totale perdita di efficacia dell'agire politico.
Il nuovo saggio anticipa
con grande acutezza i nodi dei dibattito sull'europeismo che
ora in Italia sono venuti al pettine in modo dirompente. Rosi
Braidotti, che insegna Women's Studies presso l'università di
Utrecht e dirige l'omonimo dipartimento, rielabora la teoria
del gender e il ricco patrimonio della riflessione del femminismo
sulla postmodernità, partendo dalla constatazione dell'avvenuto
declino delle metanarrazioni dell'ultimo mezzo secolo di storia
europea. E propone un'idea di cittadinanza europea postnazionalista,
flessibile, articolata e mobile, in grado di far fronte sia
ai modelli della destra, nostalgica di un passato segnato dall'arroganza
dell'eurocentrismo, che si materializza nella figura e nelle
pratiche della "Fortezza Europa" con tutto il suo pesante carico
di razzismo e xenofobia; sia alle tentazioni universalistiche
di una sinistra che sembra tuttora incapace di fare i conti
con il lutto del post '89 e inevitabilmente subalterna proprio
perché priva di capacità di prefigurazione alternativa.
Il soggetto nomade,
femminista e non, dell'Europa che possiamo diventare, prova
dunque a misurarsi con questioni ormai ineludibili: quella della
propria collocazione geopolitica in quanto europei/e - accettando
dunque l'avvenuto spostamento dell'asse dei potere mondiale,
e quindi la propria posizione periferica, marginale; quella
della sua relazione con l'alterità, gli Altri da sé in un'infinita
gamma di differenze, variamente modulate e diversamente connesse
tra di loro; quella della modalità possibile del cambiamento,
individuale e sociale, che non può prescindere dalla dimensione
del desiderio. Perché, in fin dei conti, è la "passione del
divenire" l'unico possibile, concreto, efficace movente per
una sinistra che sceglie il cambiamento e non la conservazione.
“Ecco che cos'è la
scrittura: diventare poliglotti nella propria lingua madre”.
“Lo stato nomade,
più che dall'atto del viaggiare, è definito da una presa di
coscienza che sostiene il desiderio del ribaltamento delle convenzioni
date: è una passione politica per la trasformazione o il cambiamento
radicale”.
(quarta
di copertina)
Foto
da: http://bailiwick.lib.uiowa.edu/wstudies/gallery.html
Nel momento storico detto della postmodernità e della globalizzazione,
oltre che del movimento antiglobal, analisi teoriche e figurazioni
ispirate al nomadismo, che fino a dieci anni fa potevano apparire
blasfeme, sono entrate a far parte della nostra quotidianità.
La velocità delle mutazioni in corso è tale che anche la mobilità
non è piú quella di una volta: non siamo più nella fase della
fuga in avanti, ma in quella delle accelerazioni simultanee
che generano linee di fuga in multiple direzioni …. (da:
A proposito del nomadismo, di Anna Maria Crispino, p. 7).
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