Hannah
Arendt, Sulla rivoluzione, introduzione di Renzo Zorzi,
Torino, Edizioni di Comunità, 1999
Nell'opera di Hannah Arendt, Sulla rivoluzione, occupa
una posizione centrale, insieme riflessione teorica ed esperienza
morale della sua piena maturità. In questo libro, ormai considerato
un classico, confluiscono i motivi fondamentali della sua ricerca
e appare in tutto il suo significato l'idea alla quale è rimasta
fedele tutta la vita, secondo cui la sola ragion d'essere della
politica è la libertà, e suo compito è produrre situazioni che
ne allarghino gli spazi, cioè produrre istituzioni e corpi politici
«che garantiscano lo spazio entro cui la libertà può manifestarsi»;
la politica fallisce invece allorquando per scelta o costrizione
sia portata a deviare da questa strada. Di qui il giudizio sul
sostanziale fallimento delle due rivoluzioni francese e russa
e sulla sostanziale riuscita della rivoluzione americana, la
prima delle rivoluzioni moderne. Il senso profondo del libro,
come del resto di tutta l'opera della Arendt, dolorosamente
segnata dall'esperienza del totalitarismo, sta nella coraggiosa
rivendicazione dell'autonomia della politica (e, in polemica
con Marx, del primato dei pensiero), nel suo martellante richiamo
alla responsabilizzazione individuale e alla socializzazione,
ma istituzionalizzata, del potere, spinta fin quasi a toccare
i confini di un antistatalismo libertario, nella perseveranza
a individuare e combattere il mito ricorrente della violenza,
la cui inevitabile conclusione è stata ogni volta il terrore,
la deviazione e la fine della rivoluzione, la disfatta in primo
luogo degli ideali in nome dei quali era stata iniziata.
Hannah
Arendt (1906 - 1975) fu allieva di Heidegger, Bultmann e Jaspers.
Emigrata a Parigi all’avvento del nazismo, nel 1941 si trasferì
negli Stati Uniti; docente all’università di Chicago, a Berkeley,
Princeton e, dal 1967 alla New School for Social Research di New
York, è autrice di numerose opere, tra le quali ricordiamo, in traduzione
italiana presso le Edizioni di Comunità, Le origini del totalitarismo,
(1999) e Che cos’è la politica? (1997).
(seconda
e terza di copertina)
In
una situazione internazionale che contrappone la minaccia di totale
distruzione attraverso la guerra alla speranza di emancipazione
di tutta l’umanità attraverso la rivoluzione - portando un popolo
dopo l’altro in rapida successione “ad assumere fra le potenze della
terra la posizione separata ed uguale a cui hanno diritto per le
Leggi della Natura e del Dio della Natura” - non resta altra causa
se non la più antica di tutte, quella in realtà che fin dal principio
della nostra storia ha determinato l’esistenza stessa della vita
politica, la causa della libertà contro la tirannide …. (da: Guerra
e rivoluzione, p. 3).
Collegamenti
http://www.women.it/arendt/
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