Melita
Rotondo, Berlino città semiaperta, Napoli, Goethe
Institut, 1992.
Era
vietato fotografarlo. Arrivarci vicino, dalla parte est della
città, quasi per toccarlo - semmai ci si fosse riusciti
- era un pericolo per la vita.
Qui, il muro, con tutti i suoi ostacoli, veniva chiamato ufficialmente
"impianto per la protezione della frontiera". Era
imbiancato e, in vent'otto anni di esistenza, nessuno vi aveva
scritto o disegnato sopra; era una superficie vuota, il cui
retro colorato esisteva solo nei racconti. Non rimaneva mai
senza sorveglianza e, così affermava il vecchio potere,
sarebbe sopravvissuto a molte generazioni.
In un'unica notte tutto questo finì; scomparve quest'incubo
di cemento armato: una delle più assurde normalità
del nostro secolo. Nessuno riusciva a capire quello che stava
succedendo; nessuno diceva una parola.
"Pazzia"
era l'unica cosa che la gente, ridendo e piangendo, riusciva
a rispondere a chi le domandava quali sentimenti provasse in
quei primi giorni di normale viavai, all'interno di una città
divisa.
Sbalordimento si, ma accompagnato da un'enorme abbondanza d'immagini.
Certamente in nessun luogo si è fotografato tanto come,
in quei giorni, a Berlino; dilettanti, professionisti, berlinesi
e turisti di ogni parte del mondo: tutti scattavano fotografie,
alcuni con la certezza che, qui, stesse succedendo qualcosa
che si dovesse immortalare per non dimenticarlo, per possederlo,
per tramandare il documento di un avvenimento d'importanza storica.
I soggetti erano - letteralmente - per la strada, nelle dimostrazioni,
tra i fiumi di visitatori che andavano da est ad ovest e viceversa
e, soprattutto, nelle tante feste che avvenivano sotto il muro.
Molte di queste fotografie furono pubblicate subito nei giornali
e, in seguito, in alcuni libri. Oramai si tratta di immagini
viste e straviste: l'incredibile, l'inimmaginabile è
divenuto quotidiano; quelle foto sono diventate storia. Il loro
valore documentario è innegabile, ma quali di quelle
fotografie possono essere considerate come immagini che preserveranno
il loro valore, come espressioni percettive; non come mere registrazioni
di avvenimenti ma vere e proprie scoperte?
Io penso che le fotografie di Melita Rotondo possono essere
annoverate tra queste "immagini durature". Non soddisfano
la curiosità acuta ma fanno incuriosire. Che città
è Berlino? Vivo qui da molto tempo e solo adesso - in
modo particolare dall'autunno scorso - mi accorgo quanto poco
ho “visto” e in quanti modi diversi si può vedere. Mai
ho fatto attenzione alla luce, ai colori, ai fiumi e ai laghi,
agli alberi, alle case, ai singoli oggetti, agli spazi cittadini,
in breve a quelle particolarità che rendono un luogo
diverso, non più semplice scenario delle azioni umane.
L'estetica delle immagini ed il loro grande fascino visivo,
per me sono legati all'attenzione dello sguardo 'straniero';
allo sguardo venuto da lontano e al suo dono di percepire, nuovamente,
l'apparentemente familiare.
Un vero regalo.
(Presentazione
di Brigitte Burmeister)
Melita
Rotondo è nata e vive a Napoli.
Lavora dalla metà degli anni ottanta ed ha realizzato
opere frutto del confronto con tipi di materiali e con tutti
i mezzi espressivi che appartengono alla pratica dell’arte concettuale.
Fotografie, video, collages, sculture, volte ad esprimere stati
d’animo e concetti di natura sociale.
Nota per aver usato la combustione su pellicole già impressionate
raffiguranti immagini simbolo di città, ha creato realtà
altre.
Ha realizzato la mostra Alieno Napoli nel 1988-89 presso
Villa Campolieto ad Ercolano e nel 1990 l’opera Berlino
aperta, in parte riportata nel catalogo di fotografie Berlino
città semiaperta per il Goethe Institut di Napoli
nel 1992.
Successivamente ha iniziato a raccogliere frammenti di oggetti
“memorie materiali” come mappa dei ricordi fisici ed emozionali.
Dal 1997 si occupa di arte relazionale e coinvolge ragazzi dai
6 ai 18 anni nella progettazione e realizzazione di opere dove
lo spazio è parte integrante, realizzando con altri artisti/e
In Opera, Napoli, Città della scienza, Napoli
nel 2002.
La sua ultima mosta Through si è tenuta a Napoli,
presso la Fondazione Morra, 12/2002-1/2003.
Collegamenti
http://www.spaziodonna.com
http://www.spazioimmaginato.it
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