Leggere
donna, Ferrara, Tufani, n. 104, maggio - giugno 2003
In
questo numero le rubriche Le interviste e La parola
all’immagine, sono in buona parte dedicate all’arte: pittura
e fotografia.
Le interviste:
Ida
Mitrano, I quarant’anni di Giosetta Fioroni, p. 26-27
L’intero arco della ricerca dell’artista romana, dagli anni
della Scuola di Piazza del Popolo, di cui è stata protagonista,
ad oggi sono ripercorsi attraverso circa 140 opere realizzate
con tecniche e materiali diversi, esposte fino al 27 aprile
presso i Mercati di Traiano a Roma. Sotto il titolo “La Beltà”
sono raccolte opere dal 1963 al 2003: I quadri d’argento, Spie
Ottiche, Film e Video, Paesaggi d’argento, Il quadro di luce,
Gli Spiriti Silvani, Foto da un Atlante di Medicina Legale,
Da Giandomenico Tiepolo, Oltre le terre lontane, Roma, Ceramiche,
Con gli scrittori, Senex, Affianca l’antologica, la mostra che
ha inaugurato il nuovo spazio espositivo “L’Officina Arte al
Borghetto”, prossima sede del centro studi e biblioteca “Stefano
Susino”. Aperta fino al 20 aprile, consente di vedere le “Casamatte”,
duecentoventi formelle di terracotta, raffiguranti case di campagna
ispirate ad una casa vera, chiamata “Patanella” e situata nella
lagune di Orbetello. Il progetto è stato realizzato insieme
a Franco Marcoaldi, autore delle poesie che hanno per tema,
appunto, Le “Casematte”...
Barbara
Lanati, Carol Rama: eretica, erotica, erratica, p.
29-31
«Eretico, erotico, erratico»: così l’artista
ed il suo lavoro furono etichettati nei tardi anni ’70. Carol
Rama aveva allora cinquant’anni e le sue opere avevano già
viaggiato in tutto il mondo - Parigi, Berlino, New York - ma
tuttavia alcuni sentivano l’esigenza di definire, circoscrivere
e specificare i confini simbolici della sua estetica: non conformista
e non compromessa con le pressioni del mercato dell’arte; elegante
e, nel contempo, esplicita; ribelle e, insieme, affabile: chi
era dunque Carol Rama?...
La
parola all’immagine:
Jolanda Leccese, Arte in due, p. 33-36
Sono
passati più di venti anni dalla pionieristica indagine
di Lea Vergine sull’altra metà dell’avanguardia,
che poneva l’accento sulla necessità di trasgredire la
“barriera del silenzio” cui per decenni la maggior parte delle
artiste del nostro secolo (e non solo) sembrava destinata. Da
allora le ricerche e gli approfondimenti hanno consentito di
superare la non più giustificata separatezza dell’arte
femminile e di ricondurla all’interno del più vasto contesto
dell’esperienza artistica, facendo recuperare alla donna artista
quel ruolo di protagonista svolto nella vita ma spesso negato
dalla cultura accademica (…) Nell’impegno comune di “prestare
ascolto a voci femminili”, studiarne il senso ed il timbro,
Lea Mattarella, Elena Pontiggia, Tulliola Sparagni, uno staff
di studiose tutte al femminile, si sono cimentate nell’impresa
di presentare undici artiste che hanno contribuito a creare
il tessuto artistico di gran parte degli anni del ‘900 in Europa,
nella mostra Arte in due. Coppie di artisti in Europa 1900-1945
(…) La formula prescelta è stata quella del “confronto”
tra le loro opere e quelle degli artisti che sono stati i loro
compagni di vita, con i quali hanno condiviso un “pezzo di cammino”,
più o meno lungo. Un confronto che, se da una parte suggerisce
la rete dei rapporti di vita, di consuetudini, di passioni che
unì quegli artisti, dall’altra consente di evidenziare
affinità e differenze relative allo stile e ai contenuti
delle loro opere...
Mariolina
De Angelis, Frida Khalo: Portraits of an Icon, p. 36
Alla Photology di via Moscova a Milano, una dopo l’altra le
trenta fotografie della vita privata di Frida Khalo (1930-1952)
sfilano in una serie di immagini rigorosamente in bianco e nero
o bianco e marrone, in cui l’artista appare nella sua casa e
nel grazioso giardino. Frida personaggio eccezionale, fuori
dagli schemi, energica, bisessuale, politicamente affascinata
da Zapata, Trockij, Lenin, della cui arte André Breton
disse: «la sua pittura è una bomba avvolta da un
nastro di seta», riceveva a casa Azul tutti i membri più
importanti dell’intellighenzia internazionale.
Maria
Paola Forlani, Maria Helena Vieira da Silva, Il labirinto
del tempo, p. 37
Sono passati, quasi, quarant’anni dall’ultima rassegna italiana
dell’opera di Maria Helena da Silva, curata, all’epoca, da Luigi
Carluccio ai Musei civici di Torino (1964). Palazzo Magnani
a Reggio Emilia ha voluto coprire questa lacuna e riproporre
la più grande pittrice del XX secolo in una mostra con
opere che rivisitano tutto il suo percorso creativo, dal titolo
“Maria Helena Vieira da Silva, Il labirinto del tempo”,
fino al 25 maggio (catalogo Skira), curata da Sandro Parmeggiani
e da Chiara Calzetta Jager. Orfana di padre a due anni, Maria
Helena, veniva prestissimo indirizzata alla pittura dalla madre.
Dopo una serie di lunghi viaggi, a Parigi dal 1928, studiava
dapprima scultura con Bourdelle e Despiau, poi pittura con Dufrêne,
Fresz e Leger...
Collegamenti
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