Senza
parole. Annamaria Bova. I quaderni della Biblioteca Nazionale
di Napoli, serie 9, n. 5, Napoli, Altrastampa Edizioni, 2003
Ce
ne ha messo di tempo la scrittura dell’uomo per perdere la sua
sacralità e la sua estraneità alla voce e al suono
(…) Annamaria Bova ha riscoperto l’antica magia sacrale della
lettera, svincolandola dal suo valore fonetico, per ricollocarla
in un originario ambito nel quale non è più suono,
rappresentazione della voce dell’uomo, ma segno e forma con
un ritorno al passato più remoto, l’oltre l’antico, fin
nel primitivo (…) Il percorso di questa mostra è di fortissimo
coinvolgimento emotivo; la scultrice è stata sedotta
dalla magia delle lettere e questa magia ci ritrasmette quasi
organizzando un itinerario iniziatico e simbolico da vera sacerdotessa
di primordiali riti del fuoco, snodati in un labirinto di camere
delle meraviglie allestite nella Sala Leopardi della Biblioteca
Nazionale di Napoli. Emozioni forti e mute, con lettere ma senza
parole. (da: Senza parole, di Mauro Giancaspro, p.
9)
“Questioni
di … caratteri” s’intitolava una mostra di Annamaria Bova allestita
nel 2001 alla Fabbrica del Lunedì. Era una anticipazione
del lavoro che oggi vediamo dispiegato, forse con meno ironia,
ma di certo con maggiore coerenza e rigore, nella nuova personale
alla Biblioteca Nazionale di Napoli. La quale - sia detto nemmeno
troppo per inciso - sarebbe probabilmente il luogo ideale per
una esposizione del genere, dal momento che le nuove opere dell’artista
si fondano sull’assemblaggio di piccoli e grandi caratteri di
stampa, dunque sui segni della scrittura; e questo, che li ospita,
della scrittura (e ovviamente della lettura) è il santuario.
Solo che i caratteri di Annamaria Bova, le sue lettere e i suoi
numeri che, ritrovandosi e mescolandosi, si fanno arte, non
suggeriscono al frequentatore della biblioteca percorsi di lettura
lineari e codificati. Pare, anzi, che l’artista sia stata ben
attenta a evitare che dai suoi grandi pannelli e totem fosse
accuratamente bandita ogni rassicurante possibilità di
“leggibile” senso. Soltanto con le più squisite arti
della combinatoria cabalistica, o con i più arditi giochi
in una retorica vagamente magica sarebbe (forse) possibile estrarne
frasi compiute o singole parole. Il significante ne è
dunque bandito. Resta il significato, ma anche quello bisogna
andare a cercarselo nell’incompiutezza, nell’ambiguità,
nella direi programmatica elusività che dell’opera d’arte
è tratto fondante. (da: Interventi, di Francesco
Durante, p. 10)
Annamaria
Bova nasce a Napoli. Dopo il liceo classico si iscrive all’Accademia
di Belle Arti dove consegue, nel 1958, il diploma di pittura.
È allieva di Emilio Notte e di Emilio Greco.
Dell’esperienza di questi due maestri eccellenti si appropria
e ne fa tesoro con estremo rigore. Nell’arte della ceramica,
prima delle varie ricerche, Annamaria Bova vince a Firenze il
Primo premio Nazionale. Seguono molte partecipazioni a esposizioni
pubbliche e private e nel 1981 la mostra antologica al Castel
dell’Ovo a Napoli. Dopo una lunga pausa, il ritorno a nuove
ricerche. Nel 1999 inizia una nuova sperimentazione con l’utilizzo
di caratteri tipografici dell’azienda di famiglia. Questo catalogo
e questa mostra ne danno una testimonianza.
Collegamenti
http://www.odc.roma.it
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