Julija
Juzik, Le fidanzate di Allah. Volti e destini delle kamikaze
cecene, Roma, manifestolibri, 2004
«Ogni
volta che torno sul tema Cecenia provo la sgradevole sensazione
di parlare nel deserto, nel vuoto. Come se le cose che si dicono
fossero del tutto inutili, vane, prive di senso. È un
tema da teatro dell’assurdo, dove dominano gli ossimori, dove
il vero è rovesciato nel falso, dove si può mentire
per la gola del tutto impunemente: tanto non c’è quasi
nessuno che si preoccupi di ristabilire la verità».
Giulietto
Chiesa
Ho
provato come un moto di ribellione interna ogni volta che i
mezzi di informazione hanno riportato la notizia di un attentato
suicida compiuto da una donna cecena. Pensavo: non capiscono.
Non vogliono capire. Perché non vogliono capire? Mi sembrava
forse più facile rispondere a quest’ultima domanda –
il petrolio, gli interessi russi nel Caucaso, la mafia cecena
etc etc - che riuscire d argomentare con elementi certi le cause
reali di questi gesti compiuti da donne e dimostrare una volta
per tutte la mistificazione di quelle che ritenevo analisi sbrigative
come l’equazione Cecenia-Palestina o il terrorismo internazionale
di matrice islamica. Bisognava dimostrare che c’è un
abisso - storico, prima di tutto - tra la Cecenia e la Palestina.
Che le ragioni, le dinamiche, che portavano, che avevano portato
queste donne a compiere quei gesti erano altre. Non ci si chiedeva,
per esempio, mentre si facevano facili paralleli, come mai,
a differenza di quanto accade in Medio Oriente, o degli attentati
de1l'11 settembre 2001, cui fa sempre così comodo richiamarsi,
in Cecenia gli uomini non si fanno saltare in aria. […] In un'intervista
rilasciata lo scorso gennaio al Portale Credo. Ru l’autrice,
spiegando le motivazioni che l’hanno spinta a occuparsi delle
kamikaze cecene, ha raccontato: “Mi sono occupata di questa
questione per parecchio tempo, ho conosciuto di persona una
delle ragazze sopravvissute. Quando parli con loro ti prende
un sentimento di compassione nei confronti”. […] In altra sede
meriterebbe un approfondimento la condizione della donna in
Cecenia, che qui più che dalla religione musulmana trae
le sue regole dalla struttura familiare e sociale cecena, che
vede la donna sottomessa all’uomo, nell’impossibilità
di decidere autonomamente, anche oggi, in una società
ad un tempo dominata dalla tradizione, russificata e occidentalizzata.
Sono illuminanti, in proposito, i racconti, che l’autrice riporta,
del modo in cui le ragazze cecene vengono «chieste in
matrimonio».
Una società dove la donna non è più niente
nel momento in cui vengono rescissi i legami familiari e di
clan, se non ha un padre, un fratello maggiore che possa proteggerla,
se non ha un marito. O, peggio, se gli uomini della sua famiglia
danno il loro benestare al suo utilizzo per azioni alle quali
non vorrebbe mai partecipare.
Così le donne, nella Cecenia di oggi, sconvolta dalla
guerra, dove sono all'ordine del giorno rastrellamenti, uccisioni
sommarie, stupri, torture, violenze, sparizioni senza lasciare
traccia, fosse comuni, possono, sconvolte dalla tragedia che
ha appena distrutto le loro vite, divenire preda di chi specula
sul loro dolore. (da: Introduzione di Roberta Freudiani,
pp. 7-9)
Nella
storia più recente della Cecenia, martoriata dalla guerra
e distrutta dal dolore, il massimo di cui sono state capaci
le donne cecene è stato sfilare nelle manifestazioni
con i ritratti dei mariti uccisi o sdraiarsi sotto le ruote
degli autobus su cui viaggiano le delegazioni straniere. In
questo modo mostravano la loro disperazione e la protesta per
i figli scomparsi senza lasciare traccia.
Allora perché nessuno si è chiesto come mai la
Russia ha potuto superare tutto il mondo per numero di bombe-viventi
donne? […] Analizzando le biografie delle attentatrici-suicide
cecene, sono giunta alla conclusione che l’unica ragione che
può spingerle a cercare la morte è la tragedia
personale o una vita infelice. Nessuna è andata a morire
per un’idea, per la fede o per il suo popolo. Sarete in grado
di rendervene conto voi stessi scorrendo le pagine di questo
libro. (da: Prefazione di Julija Juzik, pp.15-16)
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Collegamenti
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