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Lea Meandri, Preistorie. Di cronaca e d’altro, Napoli, Filema, 2004

Confinati dentro le definizioni riduttive e fuorvianti del “privato”, della “patologia”, della “criminalità” o delle “mode”, solo raramente e per vaghi accenni si riconoscono ai “fatti di vita” implicazioni culturali e politiche. Un campo sterminato di esperienza diventa, nel quadro generale dell’informazione, insignificante anche quando va ad occupare un posto di primo piano. Mentre la politica va verso una personalizzazione quasi parossistica, la vita personale è spinta sempre di più verso la ribalta pubblica – consumi spettacolo -, senza che le venga riconosciuta una valenza generale.
Preistorie è un’intensa e appassionata riflessione sul corpo, l’amore, l’infanzia, il rapporto tra i sessi, la famiglia, la convivenza sociale. Prende spunto da fatti di cronaca, che hanno profondamente colpito l’immaginario collettivo, e cerca di coglierne l’interiorità, quelle spinte sotterranee, a volte inquietanti o esplosive, che agitano la vita dei singoli, spesso all’insaputa degli stessi protagonisti. Con uno sguardo obliquo sul nostro tempo, l’autrice riporta i “mostri”, usciti dal vaso di Pandora, all’esperienza comune e delinea le parentele insospettabili tra la violenza e l’amore, tra la vittima e l’aggressore, tra la libertà dell’Occidente e la miseria del resto del mondo, tra il sogno di immortalità e le morti statisticamente previste degli esodi vacanzieri.

Cosmonauta

Lea Meandri, nata a Fusignano (Ravenna) nel 1941, vive a Milano dal 1967. Giornalista e scrittrice prende parte attiva al movimento delle donne negli anni ’70. Di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L’infamia originaria, edizioni L’erba voglio, 1977 (Manifestolibri 1997); Lo strabismo della memoria, La tartaruga, 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick, 1996; Una visceralità indicibile. La pratica dell’inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli, 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia. Bollati Boringhieri, 2001; Madre amante, in Ondina, Filema, 2004.

(dalla quarta di copertina)

Lo scompiglio vitale e trasformativo del pensiero di genere come delle politiche femministe ha decostruito e ridisegnato le categorie del reale con nuove prospettive, non ancora e non dovunque, definitivamente affermate e sempre suscettibili di infrangersi sul muro di confine che separa “le ragioni dei saperi”, dalle “ regioni del sentire” […] Ci è parso perciò un’operazione significativa inserire in questa collana dedicata ai saperi delle donne il testo di Lea Meandri, che legge e commenta i tanti capitoli della nostra realtà quotidiana, sociale e politica, ancora così poco segnata dalle nostre parole, da quella Storia da cui tutte noi proveniamo. (da: Premessa di Annamaria Lamarra, pp. 5-6)

Un campo sterminato di esperienza, da cui si ha motivo di pensare che le istituzioni della vita pubblica traggono il loro quotidiano alimento, diventa, nel quadro generale dell’informazione, insignificante anche quando va ad occupare un posto di primo piano. Mentre la politica va verso una personalizzazione quasi parossistica, la vita personale è spinta sempre di più verso la ribalta pubblica - consumi e spettacolo -, senza che le venga riconosciuto una valenza generale. […] Il rapporto tra uomo e donna, adulto e bambino, realtà e sogno, ragione e sentimenti, si può pensare senza ombra di dubbio che attraversi allo stesso modo la vita privata e pubblica. Eppure per un inveterato strabismo, si continua a vederli su un versante solo, quello che li ha conservati immobili nel tempo, pronti a riemergere e a sparire, a innalzarsi immaginariamente o a spegnersi nell’insignificanza […], Il corpo, l’amore, l’infanzia, il rapporto tra i sessi, i legami famigliari sono oggi più presenti nella vita pubblica di quanto non lo fossero trent’anni fa, ma parlano la lingua stravolta del crimine, della malattia, della sfida, del dominio e dell’onnipotenza tecnologica: dai nudi levigati delle vallette televisive ai volti scavati dei bambini, vittime della guerra, della miseria, dello sfruttamento economico e degli abusi sessuali; dalle seduttrici aggressive della pubblicità ai cadaveri di mogli, fidanzate, amanti, accoltellate da mani conosciute; dai “semidei” progettati nei laboratori della scienza occidentale ai rifiuti umani senza nome e senza patria gettati nelle discariche dei mari.
Se in passato si trattava di portare alla coscienza quegli “oggetti seppelliti” che sono le oscure storie delle donne e di tutti gli esclusi dal banchetto del potere, o semplicemente dai diritti elementari di cittadino, oggi il percorso sembra inverso: riportare i “mostri” usciti dal vaso di Pandora all’esperienza comune, riconoscere le parentele insospettabili tra la violenza e l’amore, tra la vittima e l’aggressore, tra le “libertà” dell’Occidente e la miseria del resto del mondo, tra il sogno di immortalità e le morti statisticamente previste degli esodi vacanzieri. Per un “mondo alla rovescia” occorre un occhio storto, capace di guardare da sotto in su e di traverso, di sopra e di lato, senza lasciarsi distrarre dalle strade maestre dei giudizi correnti.
Da questa prospettiva mobile è facile trovare “nessi” tra aspetti della realtà diversi, lontani e apparentemente estranei, così come si può scoprire la potenzialità che ha il linguaggio, quando si sottrae ai confini già dati di un genere, di nominare l’innominabile, che non è più 1’“osceno” o il “rimosso” ma l’esperienza di ogni singolo fatto consapevole di sé e della comune appartenenza alla famiglia umana. (da: Prefazione, pp. 9-11)

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