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Teca delle nuove accessioni 1/2005

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Lea Melandri, Come nasce il sogno d’amore, Torino, Bollati Boringhieri, 2002

Il sogno d’amore, inteso come fusione assoluta, miracolosa, «che di due esseri complementari fa un solo essere armonioso», è l’eredità più arcaica che la «memoria del corpo» consegna alla storia.
Ma è, nel medesimo tempo, la copertura più efficace dell’aggressione che ha comportato, da parte dell’uomo, tenere presso di sé l’«oggetto sessuale» che per primo gli ha dato cibo e piacere. Il possedere e l’essere posseduti hanno un suono diverso se a coniugarli è il linguaggio amoroso o la fredda logica del potere. La possibilità di tenere insieme due «domìni», due «divinità», che la storia ha ingiustamente e a suo danno voluto dividere, è stata la molla profetica e trasgressiva che ha portato le donne emancipate di fine Ottocento e inizio Novecento a proporsi nella vita pubblica come «forza rigeneratrice» di una civiltà sterile. Ma è proprio il tentativo della donna di farsi protagonista sulla stessa scena che l’uomo ha occupato da secoli, che permette di «calare nella mischia» il sogno d’amore e di scoprire l’aspetto violento di una «interezza» che conosce un volto solo, un sesso solo, una mente che può farsi creativa, incandescente, per l’apporto di una materia femminile di affetti e di emozioni, ma che resta pur sempre «androgina», centrata prioritariamente sull’uomo.
Convinta di poter offrire alla civiltà l’intelligenza inesplorata dell’«animo femmineo», Sibilla Aleramo si accorge di aver alimentato ancora una volta l’individualità di un figlio, di un amante, di aver riposto la sua grandezza nel potere di rendersi indispensabile a un altro, di aver «foggiato» se stessa su una «ideale immagine virile»: La coppia umana, ricongiunta sulla scena del mondo, anziché lasciare il posto a una creatura unica, miracolo di armonia e di perfezione, rende ancora più visibile lo strappo violento che collocato sui versanti opposti della natura e della storia i destini del maschio e della femmina.

Nata a Fusignano (Ravenna) nel 1941, Lea Melandri vive a Milano dal 1967, dove ha preso parte attiva al movimento delle donne. Ha pubblicato tra l’altro: L’infamia originaria (L’erba voglio, 1977), Lo strabismo della memoria (La Tartaruga, 1991), Una visceralità indicibile (Fondazione Badaracco-Franco Angeli, 2000) e, per i nostri tipi, La passione del corpo, La vicenda dei sessi tra origini e storia (2001). È stata redattrice con Elvio Fachinelli della rivista «L’erba voglio» (1971-78), di cui ha curato recentemente un’antologia (Baldini & Castaldi, 1998). Dal 1987 al 1997 ha diretto «Lapis. Percorsi della riflessione femminile».

(dalla seconda e terza di copertina)

Dall’indice: I racconti del gelo; Il tempio aperto; La nascita di un dio; Il sogno e la mischia; Sotto la specie dell’eterno; Pellegrinaggio mistico; Il gelo, l’estasi; E la «mestissima» libertà; Dietro il velo; Il sole di Zarathustra; Il fanciullo e il profeta; L’enigma di Freud.

Collegamenti

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