Federica
Negri, La passione della purezza. Simone Weil e Cristina
Campo, Padova, Il Poligrafo, 2005
La
ricerca della purezza è l’elemento che domina l’avventura
umana e intellettuale di Cristina Campo, raffinata scrittrice
e traduttrice, ed è pure l’orizzonte in cui avviene l’incontro
fondamentale con la figura di Simone Weil, una delle voci filosoficamente
più potenti del Novecento. Un’eccezionale empatia,
unita a una forte tensione morale e intellettuale, è
ciò che permette a Cristina Campo di penetrare criticamente
l’universo di Simone Weil, con una sorprendente acutezza di
giudizio, impegnandosi in un dialogo appassionato e ininterrotto,
che segnerà profondamente la sua esistenza.
La fiaba, uno dei motivi centrali nella riflessione di entrambe
le autrici, verrà allora concepita come modalità
privilegiata di accesso alla dimensione della purezza.
Questo particolare cammino necessita, infatti, di un tipo di
scrittura che, superati i propri limiti raziocinanti, sia effettivamente
in grado di far vedere e non solo di spiegare,
di procedere tramite concetti. E la chiave di lettura fornita
dal tema dell’immagine farà emergere come le ricerche
condotte da Cristina Campo e Simone Weil rappresentino altrettante
tappe di un itinerario spirituale che rimane oggi altamente
significativo […].
Federica
Negri, dopo la laurea in Filosofia morale presso l’Università
di Padova, ha conseguito il dottorato di ricerca in “Storia
delle scritture femminili”, studiando a Roma presso “La Sapienza”
e in Francia presso l’ateneo “Charles De Gaulle. Lille III”.
Attualmente continua ad occuparsi del pensiero di Simone Weil
e della filosofia contemporanea.
(dalla
quarta di copertina)
L’immagine
parla ad un corpo che, a questo punto della ricerca, è
diventato il tramite imprescindibile dell’accesso alla purezza:
il corpo, infatti, è il primo strumento dell’esperienza
mistica, è l’oggetto/soggetto che ci può permettere
di iniziare la lunga impresa dell’addestramento della decreazione.
L’addestramento del corpo può comportare la necessità
di fargli sopportare ogni tipo di scomodità e di privazione
nel tentativo di spogliarlo lentamente di tutte le sue naturali
«pretese»; […] Bisogna passare attraverso il corpo,
trascenderlo e trapassarlo sino a renderlo trasparente alla
realtà, finalmente vuoto. Il corpo si deve svuotare per
riempirsi del cibo della verità, per fare posto a Colui
che viene, all’Altro. […] Si tratta di un processo di imitazione
dell’azione divina che deve essere radicale perché, come
abbiamo già visto, deve identificarsi con ciò
che è l’inizio di tutto, il ritirarsi in sé di
Dio. Per questo anche il digiuno è un passo nella decretazione.
Il vuoto che si crea può essere inteso come l’imitazione
di Dio che si ritira in se stesso per poter far essere l’uomo.
Simone Weil non annulla il corpo in questo processo, ma lo rende,
al contrario, fondamento imprescindibile per la riuscita del
processo di riunione a Dio: esclusivamente attraverso il corpo
si può tornare a Dio, de-creandosi in maniera
autentica. Il corpo decreato è come la materia
dell’ostia e diviene perciò luogo dell’incarnazione,
crocevia del contatto di umano e divino, di dicibile e indicibile.
La ricerca della purezza passa attraverso il corpo nel quale
il vuoto deve crearsi per tornare alla luce. (da: pp. 88-92)
Dall’indice:
Introduzione; I – Simone Weil. La purezza della
percezione, la percezione della purezza; II – Cristina
Campo. La purezza e la scrittura; III – L’immagine
di Simone Weil e l’icona di Cristina Campo; Considerazioni conclusive;
Appendice I – Tabella di confronto testuale; Appendice
II – Cristina Campo e Simone Weil. Intervista a Margherita
Pieracci Harwell; Bibliografia.
Collegamenti
http://www.sifp.it/
http://www.gianfrancobertagni.it
http://digilander.libero.it/paginazero
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