Matilde
Serao a Eleonora Duse, Lettere, a cura di Matilde Tortora,
postfazione di Titti Marrone, Napoli, grauseditore, 2004
Matilde
Serao ed Eleonora Duse erano coetanee, Matilde nata nel 1856,
Eleonora era di due anni più giovane; erano anche, come
è noto, amiche e come queste lettere, finalmente pubblicate,
ci documentano adesso ancor più col bel dono della decisa
grafia di Matilde che scrive a Eleonora.
[…] sono costellate di una forza indomita, per cui quel “Tu
stai bene: io ti ho vista stare bene”, è constatazione,
imperio e augurio che Matilde rivolge a Eleonora e, in una certa
maniera, anche a se stessa. […] “io, ieri sera, rientrando
in casa, ancora in lacrime, ho ringraziato Iddio, perché
ha permesso che io, prima di morire, ti vedessi ancora acclamata
per il tuo genio e per la tua anima tenera e profonda!”.
E, se Matilde pone domande ad Eleonora con tanti energici punti
interrogativi, è anche se stessa che Matilde interroga;
tutti essi questi righi […] sono testimonianza di una consonanza,
di un’amicizia tra pari, di un affetto autentico [...].
Matilde
Tortora, docente di Storia e Critica del Cinema, ha pubblicato
Lo Schermo in tasca, libro e CD-Rom, Abramo, 1999,
Auguri lunghi un secolo, Andrea Livi, 2000, Cinema
Fondente, La Mongolfiera, 2001, Au Pays Noir. Film
Pathé en pochette: 1903-1905, La Mongolfiera, 2002,
L’opera lirica in tasca, Rubbettino, 2003, Dallo
Schermo alla parola, La Mongolfiera, 2003 e assieme a Vittorio
Martinelli, I Promessi Sposi nel cinema, 2004
Ha rinvenuto e curato gli inediti: Lettere di Eleonora Duse
a Giovanni Papini dal 1915 al 1921, “Ariel. Rivista di
Studi Pirandelliani”, 2001, Un dono di Eleonora Duse a Mary
Pickford, Immagine Associazione Italiana per le Ricerche
di Storia del Cinema, 2002, Lettere di Sacha Guitry e Ida
Rubinstein a Eleonora Duse, Carte di Cinema, I, 2005. Collabora
con Conseil du Cinéma, de la Télévision
et la Communication Audiovisuelle – Unesco.
Che
vita fu la sua vita, donna Matilde, e che tempi quelli del suo
giornalismo! Tempi in cui le fu dato di essere dieci, cento
volte più di quello che ciascuna di noi sue sbiadite
epigone, oscure travet dell’informazione, talvolta osa sognare
[…]
Come
fece, dove lo trovò il tempo, in quei suoi ruggenti tempi,
di conciliare, come diciamo adesso, il "pubblico"
con il "privato?". E tutti quei figli, come fece a
tirarli su tra una novella e un Moscone, un'inchiesta e una
mondanissima "prima?". Noi stressatissime impiegate-redattrici
con figlio unico affetto da sindrome da abbandono materno stupiamo
nell'apprendere che ne ebbe ben quattro da don Eduardo, e che
un quinto figlio le nacque dalla relazione con l'avvenente Natale.
Non solo: lei, signora, decise di prendere con sé anche
la bimbetta che Eduardo donnaiolo impenitente aveva avuto da
una sua amica suicidatasi di lì a poco, e seppe amarla
come i figli suoi.
Questo si chiama "saper vivere!".
Però ci fu una circostanza, una situazione in cui lei,
donna Matilde, non fu all'altezza del suo temperamento: fu quando
prese ad arrabbiarsi, ma di brutto, con i giornaletti satirici
che ironizzavano sul suo conto, trovando facile materia nel
suo aspetto fisico per raffigurarla truce indirizzandole lazzi
proprio cattivi. Lì ci sarebbe stata bene una delle sue
famose risate. E invece no, ma si sa, lei aveva un gran caratteraccio.
Tanto da troncare di netto una discussione pronunciando seccamente
questa frase: "Dicono che non ho cuore. Ed è
vero, non ne ho. Purché mi leggano". Bella
uscita, signora, ma si offende se non le crediamo? (da: Postfazione
di Titti Marrone, pp. 59-61).
Matilde
Serao, Perché Eleonora Duse è morta in America,
in A. Banti, Matilde Serao, Torino, Unione Tipografico
– Editrice Torinese, 1965, pp.337-343 [Estratto da “Il Giorno”,
Napoli, 29-30 aprile1924].
[…]
Eleonora Duse ha amato profondamente e sempre l’Italia. Non
era soltanto un alto spirito d’italianità che palpitava,
in lei, ma era un amore umile e costante del suo cuore di donna,
un amore per le cose e per le persone d’Italia, amore che non
conobbe mai contrasto, nella sua vita interiore che non conobbe
mai oblio, nelle sue lunghe assenze, in lontane terre straniere.
L’Italia, invece, non ha amato Eleonora Duse, […]
Eleonora Duse a Stoccolma o a Londra, a Mosca o a Berlino, a
Madrid o al Cairo, aveva fatto delirare i pubblici stranieri,
recitando in una lingua che non era la loro, ma travolgendone
le anime e i cuori. Lo scettico italiano si scuoteva: pensava,
diceva a se stesso, che, “forse veramente”, questa Duse “era
una gran cosa” […]
È
stata mai fischiata, Eleonora Duse all’estero? Mai, mai. Oltre
l’ammirazione immensa, all’estero, si aveva per lei, un immenso
rispetto, a volte era una venerazione, per questa creatura sublime.
Chi avrebbe osato, mai, all’estero, obliare il rispetto per
lei? Ma in Italia, Eleonora Duse, è stata molto fischiata:
anzi fischiatissima. […]
Ma
dove questa donna salì il suo Calvario, in Italia, fu
quando si dette col più ardente e più generoso
moto del suo animo, a voler recitare il teatro di Gabriele D'Annunzio:
oh quale fu il suo martirio, allora! L'Italia, in quel momento,
era in istato di crudele ribellione contro il suo maggior poeta
- che, poi, naturalmente, emigrò in Francia, anche lui!
– e tutto di lui si discuteva, il talento, l'opera, i suoi debiti,
le sue amanti. Sì, è vero, Eleonora Duse era legata
di un amore forte per Gabriele D'Annunzio: e, alla sua maniera,
anche D'Annunzio l'amava. Ma non era, forse, egli degno che
la maggiore nostra artista, desse il suo talento, il suo sentimento,
la sua arte a questa magnifìca opera di poesia? Ma la
intensa fatica di arte di quest'uomo infaticabile, non era degna
di questo atto di devozione e di sacrificio da parte di Eleonora
Duse? Sì: così era. Ma pochi compresero l'abnegazione
di questa donna, allora: pochi gliela perdonarono. E la folla
fu implacabile col poeta e con lei, di tutto il teatro dannunziano,
recitato da Eleonora Duse, si salvò solo la Gioconda:
ma dalla Gloria alla Francesca da Rimini, che ferocia di spettatori,
in tutti i teatri italiani, contro lui, contro lei, per questi
drammi! Eleonora Duse aveva profuso il suo denaro per metterli
su, artisticamente: e non era molto, il suo denaro, perché
chi guadagna molto all'estero, sono i tenori e non le attrici
drammatiche: quello che aveva, lo dette. Il risultato, fu la
infame, la infamissima calunnia, che Gabriele D'Annunzio avesse
portato via, alla Duse, anche il denaro. E anche il suo poeta,
allora, l'abbandonò duramente, […]
Ed ecco che Eleonora Duse commette il suo errore – Signore,
abbiatela in gloria! – di ritirarsi dal teatro a quarantanove
anni, quando in Francia o altrove, i cinquanta anni sono il
frutto maturo e saporoso dell’arte e della vita, per le attrici.
Sparisce per dieci anni. Il pubblico si dimentica di lei, totalmente:
molti credono che sia morta, addirittura. […] nessun veleno
le fu risparmiato: e di tutto, io sentivo la tristezza e lo
sgomento nella sua voce. A un tratto le si chiusero, innanzi
i grandi teatri italiani, presi occupati, nolenti […]
Nessuno ha compreso o nessuno ha voluto comprendere: nessuno
ha voluto far niente. Ed ella è andata a morire a Pittsburg.
Adesso, è inutile seppellirla in Santa Croce. Nell’ottava
della sua morte.
vai
alla teca Lavoro /Lavori
Collegamenti
http://www.italiadonna.it/
http://www.italialibri.net/
http://www.akkuaria.com/
http://www.cini.it
http://www.italiadonna.it
|